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Quell'estate del 1966 passata al mare. Non portavo più il mio secchiello, ma per fortuna avevo una sorellina di cinque anni e potevo usare il suo secchiello. Non c'erano gli scoglio come oggi, la spiaggia davanti allo stabilimento Alcione di Pescara era lunga e il mare aveva una prima secca non molto lontana dalla riva, una seconda poco più in la. Si trattava di saper nuotare ma noi eravamo pesci d'acqua. A differenza di molti miei compagni non ho mai voluto usare le pinne e quell'anno una pinnata me la beccai sulle ciglia, tre punti in ospedale. Mai nuotare troppo vicino a uno che ha le pinne. Prendevamo al mattino i cannolicchi, le telline, le vongole ed evitavamo le stelle marine, il mare era pieno allora. Io prendevo anche i granchi bianchi e poi mia madre ci faceva un sughetto in bianco per gli spaghetti favoloso. Avevo un amico che veniva da Belluno, arrivava più o meno a metà luglio. Dicevano che sembravamo fratelli sopratutto alla fine dell'estate sembravamo due nordafricani. Diventavamo scuri, scuri e facevamo coppia a biliardino, Filippo in attacco e io in difesa, ero davvero bravo e molti goal li facevo dalla difesa. Anche a Popoli giocavo a biliardino, ma al mitico bar di "cicchepaolo", solo dopo anni mi spiegarono che CicchePaolo stava per Francesco Giuseppe imperatore d'Austria per via dei baffi. Evitate battutacce, non sono così vecchio. Si, molti giocatori di allora stanno dicendo che mettevamo i fazzoletti per giocare di più, ma se ti beccava Sor Dino dell'Alcione non ti faceva giocare più. Ogni partita costava 50 lire, dovevano esserci 10 palline e potevi tirare due volte, ma spesso non funzionava, le palline si incastravano e non uscivano. Insomma il valore delle cose era quello. Con Filippo condividevamo anche la passione per gli Urania, collana di fantascienza che usciva ogni 14 gg. Quella passione comune ci avrebbe portato in seguito a lavorare in due radio private, ma ne parlerò molto più in la nel racconto. Metà dell'estate la passavo però a Popoli, sopratutto nel periodo del ferragosto popolese e non tanto per la cronoscalata ma per la sagra e perché in quel periodo andavo con un amico a pesca di gamberi di fiume. Come si pescano? Lo dirò alla prossima puntata.
Il ragazzino alto e magro che ero, inizia a portare camicie colorate, jeans a zampa di elefante e canticchia "ma che colpa abbiamo noi" ma anche "la pioggia che va" meno il ragazzo della via gluck. Continuano le puntate di Belfagor, non si parla di altro e tutti fanno ipotesi. Anche il conte di Montecristo cattura in parte l'attenzione della gente. Arriverà l'ottobre del 1967 con la morte del comandante Ernesto Guevara detto Che per via di quel suo modo di ripetere sempre l'intercalare che in spagnolo, ma non anticipiamo troppo gli eventi. Passo parte dell'estate a Popoli dove a volte vado a pesca di gamberi con uno dei figli del macellaio. Ho saputo da Panfilo della morte del fratello e di come sia accaduto. Non l'ho più visto da quando eravamo ragazzini. Andavamo più che altro sul fiume Giardino, perché il Pescara era troppo grande e la corrente troppo forte. Con un bastone prendevamo le scatole di latta che a volte finivano nel fiume. Dentro le scatole e sotto i sassi i gamberi si nascondevano meglio. Non era facile prenderli per via delle chele, al massimo ne prendemmo sette. Il gambero di fiume e gli spaghetti con i gamberi erano un piatto caratteristico di Popoli e venivano allevati in vasta vicino all'uscita del paese in direzione Sulmona. Erano gamberi autoctoni ormai estinti in quei fiumi e assolutamente protetti nei pochi posti in cui ancora si possono trovare. Qualche volta, se mi trovo dalle parti di Bussi vado a prenderli da un allevamento vicino al paese, ma i proprietari mi hanno spiegato che ormai sono solo gamberi di importazione che provengono dalla Turchia. Se vi capita di trovare dei gamberi in un supermercato, vi consiglio di prenderli e di farci il sugo, molto meglio dell'astice o dell'aragosta il sapore del sugo di gamberi, credetemi. Parlo dei gamberi per parlare della loro estinzione da li a pochi anni dopo, sono indicatori biologici e sono i primi a morire in caso di inquinamento, poi morirono anche le trote molto numerose in quel tratto di fiume. Sacrificammo al lavoro il nostro fiume, ma la causa dell'inquinamento non fu la famigerata Montedison di Bussi, infatti la fabbrica dei veleni è a valle e non a monte del fiume. La causa pare fosse un'altra fabbrica che utilizzava molta acqua e che cambiava la temperatura del fiume. Si andava anche a more spesso in estate e un giorno mi capitò di vedere una vipera distesa su un rovo e proprio dove io stavo per prendere una mora. Nonostante non sia mai stato velocissimo penso di aver battuto ogni record dei cento metri quel giorno. In quegli anni conobbi a Popoli anche Elvio e con lui facevamo grandi esplorazioni, per vie impervie e pericolose. Salendo su per il Castello dalla parte difficile, su sentieri ripidi o andando a vedere il canalone, un burrone non visibile dal paese. Quando non avevamo altro da fare si andava a Capo Pescara oggi oasi del wwf ma allora molto diverso da oggi. Capo Pescara, per chi non è delle mie parti, è il luogo dove nasce il fiume Pescara. In verità di sorgenti ne ha tantissime il fiume, ma la principale o meglio la prima sorgente è nel luogo che chiamano Capo Pescara, ai miei tempi pieno di vipere che si annidavano tra le rocce. Quel luogo per me è sempre stato il luogo dove parlare con me stesso e immaginare di parlare anche con i miei cari deceduti. Tornai da solo da adulto a Capo Pescara a riflettere su mio padre. Quel giorno il rumore delle campane della Madonna delle Grazie mi fece tornare bambino. Oggi non potrei riprovare le stesse cose, tutto è diverso e vi è anche la presenza di cinghiali, assolutamente importati in quel luogo. Forse vi annoio, ma se mi avete letto sino a questo punto, qualcuno è rimasto, non conta il numero dei lettori, ma la qualità. Alla prossima puntata di questa vita che come potete leggere è una vita qualunque... almeno sino a questo punto. Ah dimenticavo un particolare. Avevo un soprannome, un soprannome che odiavo e feci anche a botte un giorno per questo e perché un tale aveva barato giocando a carte a giornaletti. L'unica volta che feci davvero a botte e mi accorsi che quando sei arrabbiato non senti in dolore. Ero alto rispetto agli altri e mi chiamavano Spiccasaucicce le salsicce infatti si appendevano sulle travi per non farle mangiare dai topi e per farle seccare. Essendo alto io arrivavo a prenderle. Alla prossima puntata.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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