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Pino ha 9 anni nel 1963 un anno particolare per il mondo succedono cose belle e cose orrende. Un bambino ricorda poche cose, salvo il brivido di paura quando uccisero Kennedy, l'immagine in tv, avevamo la televisione da poco quell'anno. In ottobre c'era stato il disastro del Vajont ma io non capivo molto di dighe e disastri, il destino mi avrebbe portato molti anni dopo a lavorare proprio in quelle zone e ad avere come avvocato lo stesso che difese le vittime. Un certo Calimero Pulcino Nero diventa l'idolo dei bambini e io avevo quel pupazzo di plastica preso con i punti. Mia madre raccoglieva punti di ogni cosa e li scambiava con altre mamme. Io facevo le figurine dei calciatori e si incollavano con la spatolina e la colla. Le fotografie in bianco e nero con il bordino bianco attaccate a quegli album che avevano delle linguette da adattarvi. Il bambino timido che ero rimanevo, qualche hanno prima per non aver chiesto di andare in bagno mi ero persino fatto la pipì addosso, una umiliazione quando in piedi la maestra Vitullo mi interrogò che ricordo ancora, le risate di alcuni compagni eccetto che di una bambina. Non ricordo il suo nome, facevamo i compiti insieme. era alta come me e tutti dicevano che io e lei eravamo fidanzati, imbecilli. Andò via in terza o quarta, tornò a Taranto suo padre lavorava in fabbrica e lo avevano trasferito. Piangemmo tutti e io ci rimasi malissimo, non ci scrivemmo mai, almeno non mi pare, nonostante avessimo gli indirizzi. La vita ci sottrae amici e tutto è sempre falso o effimero, le cose durano poco, persino i grandi amori, tutto inizia e finisce. Ero tifoso dell'inter, andava forte quella squadra e io ero interista solo perché mio padre era Juventino. Non mi sono mai interessato molto di calcio, nemmeno ora che sono tifoso della Lazio, ma perché lo sono lo racconterò tra... 40 puntate forse. Scappai persino di casa a 9 anni, ma piano e con un fagottino sulle spalle come nei film e badando bene di lasciare un bigliettino in modo che mi venissero presto a ritrovare. Uscii dalla finestra, scavalcavo spesso dalla finestra abitando a piano terra, mi inseguì mio zio quel giorno. Non crediate, ricordo che feci poche centinaia di metri. Perché venne mio zio e non mio padre? Forse fu allora che mio padre ebbe il primo infarto. Non so se parlare di questo, non mi va di raccontare cose che coinvolgono altri. Povero papà non ha mai visto noi figli diventare grandi e non ha mai avuto la gioia di vedere i suoi quattro nipoti. Perché? morì alcuni anni dopo quando ero grande, ma si ammalò presto. Non ho mai avuto un gran rapporto con lui, eppure i colleghi dicono fosse simpatico e spiritoso, ma per me era solo un padre che non poteva arrabbiarsi. Torniamo al mondo di allora, al treno che prendevo alla vecchia stazione, il treno a vapore e i vagoni di legno come si vedono nei film. Mi piaceva andare a Popoli proprio perché prendevo il treno e sul treno leggevo i giornaletti che comperavo o all'edicola interna della vecchia stazione di Pescara o a quella esterna che è ancora oggi all'inizio di Corso Umberto, quella veramente mi stava antipatica. Apriva le buste dei giornaletti e li rivendeva a prezzo intero, ma si riconoscevano i giornaletti delle buste dalla riga rossa che avevano di lato e trovavo la cosa molto scorretta. I bambini hanno un senso della giustizia molto forte. Il seguito alla prossima puntata.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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