E' una stazione particolare.
A differenza di tutte le altre, nelle quali i viaggiatori si lamentano se qualche treno parte in ritardo, in questa essi vorrebbero che i convogli non partissero mai.
Assomiglia forse un po' a quelle stazioni dalle quali, durante la seconda guerra mondiale, partivano i treni dei deportati verso i campi di concentramento nazisti, ma solo fino a un certo punto.
Molti deportati non conoscevano i motivi esatti di quei trasferimenti e, comunque, avevano qualche speranza di tornare a casa (cosa che davvero successe, in alcuni casi) .
Qui, invece, chi parte sa che non ritornerà mai più e, anche se qualcuno si illude di andare a vivere in un posto più bello, è tale la sua refrattarietà a lasciare il noto per l'ignoto che prega con tutte le forze il personale ferroviario di far partire il più tardi possibile quei treni.
E i ferrovieri, forse per rendere più lungo e più redditizio per loro il supplizio di quelle povere persone, spesso le accontentano.
Frequentemente c'è qualche motore da revisionare, qualche linea elettrica priva di corrente, qualche carrozza da pulire...
Quando l'altoparlante annuncia una mancata partenza, i viaggiatori di quel treno sono invasi da un'ebbrezza indescrivibile, e nella loro ingenuità pensano che esso non partirà più.
Così trascorrono le ore, i giorni, i mesi, gli anni in quella stazione all'incontrario, e molti pagano volentieri ingenti somme per non partire ancora.
I ferrovieri prendono i soldi, e si arricchiscono enormemente soltanto per rimandare il viaggio, perché, di punto in bianco, fanno poi salire a forza quei passeggeri nelle carrozze finalmente in partenza.
Vado anch'io ogni tanto (come tutti) in quell'immensa e assurda stazione, e anch'io (come tutti) sarò costretto un giorno a salire su uno di quei convogli. Nell'attesa, guardo l'orizzonte, per vedere se per caso si profila la sagoma di qualche treno in viaggio di ritorno: finora non ne ho visto neppure uno.