Cara amica mia, dopo tanto tempo ti scrivo, anche se so bene che questa lettera non giungerà mai a destinazione, perchè non ricordo il tuo nome e neanche il tuo viso.
Ma quello che mi è rimasto indelebile nella memoria; è la tua disperazione, uguale alla mia, io che asciugavo le tue lacrime, tu che asciugavi le mie. Noi strette in una morsa, coi crampi allo stomaco che ci piegavano come fragili giunchi. Li ricordo bene quei giorni, fuori sul terrazzo a fumare una sigaretta dopo l'altra, a respirare tutto quel fumo che ci intossicava, come a voler annebbiare quei brutti pensieri che martellavano la testa, a chiederci perchè?
Sì perchè?
Il destino ci aveva messe sullo stesso binario, treno in corsa in un viaggio senza fermata.
O amica mia cara, avrei anche paura a chiederti se anche a te è toccata la stessa sorte.
Malefico fu il destino, senza alcun diritto, scaraventate in una guerra fredda che ha lasciato solo morte sul suo impervio cammino.
Avrei paura a chiederti come stai? Se anche tu vivi nel limbo della pena senza poter più volare (ali strappate non ricrescono)
La ricordo bene Angelica, carne della tua carne.
Fiore di bambina che aveva perso il profumo delle pesche, e il bosco era diventato scuro e tetro, occhi grandi in un viso cereo con una bandana in testa a coprire l'evidenza, lei vicina di letto al mio fiore delicato e fragile come cristallo, con la stessa bandana.
Loro che si tenevano per mano e avevano anche la forza di scherzare e sorridere guardando un film, in quella stanza dove l'odore del medicinale e disinfettante era talmente forte da togliere il respiro.
Amica mia, avrei tanto bisogno del tuo abbraccio, e sapere se almeno tu sei riuscita ad uscire dal tunnel, a vedere ancora la luce.