L’accampamento!
Tutto era silenzio nella notte Andalusa, nell’accampamento gitano era scesa la sera. Ormai si stavano organizzando per la cena; dove intorno al fuoco si ritrovavano per raccontarsi la giornata.
I ragazzi si preparavano, il lavoro era stato duro, il passare di casa in casa per cercare tegami da accomodare o vendere monili; certo non era facile trovare persone disposte ad accoglierli: la loro fama li precedeva. Imperterriti e soprattutto ostinati, sopravvivere cercando di custodire le proprie tradizioni. Desiderio più forte della paura di essere trattati male.
La sera quando tornavano all’accampamento con il fuoco acceso, le cene insieme, le chiacchiere e le danze che s’inoltravano a tarda notte, sotto un cielo stellato e ogni stella cadente: un desiderio avverato.
Il lavoro aveva fruttato qualcosa, bastavano pochi soldi per andare avanti: l’essenziale. Anche le ragazze si preparavano: i loro capelli neri, lucidi, con un fiore rosso all’orecchio che, incorniciava la bellezza di uno sguardo fiero come quello di una zingara.
Le risate arrivavano lontano fino a gente vuota, la quale si nutriva solo dell’apparenza e il fastidio arriva dentro. Non sempre la ragione va a spasso con la mente, a volte un miscuglio di sentimenti crea la forza a gente misera di trovare il coraggio e fare del male.
Il male, quello in testa dei quattro ragazzi seduti a un bar, il vino bevuto mischiato a birra, aveva tirato su di giri la anima. Un’anima scarsa, tetra, di vagabondi, mantenuti solo da madri stanche che non ce la facevano a lasciare quella famiglia vuota; dove un padre padrone, prepotente: incuteva terrore. Seduti al bar, sentivano i canti e le risate dei giovani. I bambini piccoli, andati a letto, la mattina frequentavano la scuola e allora il riposo ci voleva e la musica di sottofondo gli cantava la ninna nanna. Abituati a quella vita che altri non sopportavano. L’allegria scandita da piccoli gridolini di ragazze destava ancora di più quegli animi. Volevano fargliela pagare! La loro magra vita ,allevata a schiaffi e urla; non sopportavano che altri potessero ridere di così poco.. Decisero di calarsi nei panni di persone che ripuliscono le città dai diversi; da quelli che si approfittano degli altri. Le donne sfruttate o mandate a chiedere la carità, bambini rubati. Quei ragazzi si credevano il bene; quelli che eliminano la feccia. Sono i figli di tante bugie.
Prendono ancora da bere, fumano una sigaretta, sniffano qualcosa e s’incamminano verso l’accampamento. Avvicinandosi: la musica era ancora più bella, il violino perforava la notte e le ragazze ballavano intorno al fuoco. La danza trascinava dentro l'ardore e la poesia si mescolava ai profumi quasi estivi e il cobalto del cielo faceva ornamento all’ indago della gonna; dove cosce perfette saltavano e danzavano un ritmo suadente.
I ragazzi stettero un attimo a guardare e piano, quasi strisciando, dietro le carovane. Avevano portato stracci e una tanica di benzina, con passo felpato, disperso il carburante sotto i carrozzoni e con gli stracci imbevuti accesi il fuoco. Il ritorno di fiamma ha coinvolto anche uno di loro. Gli altri scappati a gambe levate, inseguiti dallo sfortunato che cercava in qualche modo di spegnersi le fiamme. Si rotolava per terra dimenandosi. Riuscito nell’intento, gli altri ridevano e fuggivano.
Intanto all’accampamento
Il fuoco era divampato, i bimbi svegliati e tratti in salvo; tutti scampati meno che l’anziana zingara. La madre di tutto, quella che aveva la storia nella mente, le origini delle famiglie tramandate fin dalla notte dei tempi e lei, lasciandosi andare, il vivere a volte stanca ed è meglio togliere il disturbo. Il mondo quando non ti vuole, non ti accetta perché diverso. Diverso da cosa? Solo per il semplice fatto che la tua casa è sulle ruote? Che la tua vita è libera da qualsiasi costrizione e la tua giornata è scandita da piccoli mestieri per sopravvivere? Non sei costretto a lavorare giorno e notte per arricchire altri. E prendere la colpa se il mondo va male? Tu chiedi troppo? Non vuoi vivere nel lusso e non sei troppo genuflesso, ma solo fiero.
Spente le fiamme: gli sguardi attoniti, il bilancio era grave. La grande nonna non c’era più, la mancanza delle sue parole già si faceva sentire. E poi c’erano le carovane distrutte, cosa fare? Come andare avanti? Arrivata la polizia, fatto il necessario, denuncia verso ignoti, ma con la consapevolezza che tutto era vano.
Il ragazzo ferito fu preso: curato e disperato. Solo, aveva perso il coraggio e l’arroganza. Capito il danno fatto, il rimorso forse non lo aveva, perché per lui quella era gente di serie inferiore. La lezione l’aveva compresa: i suoi amici lo avevano abbandonato; anche lui poi era di una categoria diversa.
La mente piena di stereotipi, le idee confuse, quando basta poco solo la libertà in ognuno e il rispetto delle regole. La vita e il mondo non sarebbero troppo complicati.