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Il giardino incantato

Fantasy


Nel giardino incantato regnava l’ armonia. La quiete scandiva i giorni tutti uguali, ma nell’ aria c’ era qualcosa di strano: diverso.
L’ estate tardava ad arrivare. La primavera si prolungava con forti rovesci all’ improvviso. Uccelli giravano inquieti, non capivano. Volevano il cielo terso e pulito e confrontarsi con altri simili e nutrirsi, ma tutto era insolito. Gli insetti non riuscivano a volare sembravano malati e poi... i fiori con la loro corolla, un giorno su e l’ altro giù: triste la giornata dove l’ estate manca.
Temporali nel cielo si facevano sentire, gli alberi gridavano che la dovevano smettere.
La pergola era piena d’ uva e non riusciva a portarla a maturazione. Ai chicchi mancava il sole per addolcirne il sapore e allora piangeva e chiamava il melo.
Il piccolo melo che ancora non conosceva bene le intemperie; forse per lui era normale che il sole mancasse.
La pergola gli chiedeva:
< melo che fai, come stai?>
E il melo:

< credo che qualcosa non vada bene. Ho paura del tanto rumore che fa il cielo.
Ho le formiche che mi camminano sul tronco, che devo fare pergola? Aiutami>.
La pergola allora cercò di rassicurarlo, capì che non conosceva la natura, tutto quel baccano gli faceva paura.
Il caco che era un po’ più avanti e di acqua si saziava sempre tanto stava perdendo le foglie, non si sentiva bene neppure lui; rispose alla pergola sentendo quei discorsi.
< Pergola che ti devo dire, sono anni che sono qui all’ ombra di questo cipresso e da anche fastidio. Pensa sono abituato ad arrangiarmi, a cercare l’ aria, perché l’albero mi chiude, mi soffoca, ma quest’ anno non è normale.>
Il cipresso sentitosi chiamare in causa rispose:
< Io sono alto e grosso e sono tanti anni che vivo qui; se faccio ombra a qualcuno è perché qualcun altro ha sbagliato a piantare un caco vicino a me. Io c’ ero prima; allora taci caco che l’ ombra mia a volte ti ha fatto comodo, ma vi devo dire che quest’ anno sono preoccupato, gli uccelli che hanno il nido nelle mie fronde: si agitano.>
Intanto il temporale prendeva sempre più consistenza, le piante esaminavano la loro coscienza, si domandavano se avevano fatto qualcosa di male; se tutti quei cambiamenti erano per colpa loro: non trovavano la risposta.
Anche l’ uomo si lamentava, non passava giorno che non dicesse:

< uffa che barba che noia, questa pioggia. L’ estate non c’è, tutto va in malora, si perdono i soldi per mancati guadagni >.
Non si preoccupava d’ altro, solo per il semplice fatto che tutto andava in rovina, le sue giornate, il suo raccolto, il suo guadagno. E poi!
Del sole che non c’ era! Dimenticandosi che, quando in qualche giorno il sole c’ era stato, il suo lamento era per il grande caldo e non gli stava bene nulla; o era freddo o era caldo o era umido o qualcosa che non andava.
Senza il minimo dubbio che quello che succedeva era anche per colpa sua, del suo incivile comportamento, del suo grande sfruttamento e del suo egoismo.
Allora non vi era soluzione e nel giardino era scesa la tristezza. Poi all’improvviso qualcosa mutò. Nell’aria si sentirono piccoli sussurri; erano gli uccelli che con il loro cinguettio avevano catturato l’attenzione di alcune bambine che volevano giocare nel giardino. L’erba era bagnata e non potendo entrare si misero a imitare il canto degli uccelli. Arrivarono altri volatili e anche loro si unirono al coro. La paura non c’era più. Solo la condivisione di quel suono magico e le note che solo l’amore sa scandire.
Piccoli sussurri nel vento. Essi arrivarono lontano e grazie anche all’eco che riproducevano le ultime parti di un effetto acustico. La natura canta e suona con la voce di tutti e i bambini riescono a captare l’essenza. Nessuno disturba la piccola orchestra. Gli alberi si trattengono non muovono fronda. Il piccolo melo allunga le sue radici sotto la terra per sentirsi al sicuro. Sotto gli alberi si scambiamo piccole dolci effusioni.

La pergola muove leggermente foglie, vuole regalare i suoi chicchi agli uccelli, un pegno di gratitudine per tanta serena melodia.
Il giardino incantato ha ritrovato l’armonia, il volersi bene anche nei momenti difficili. Le bambine ridono contente, anche se il sole è velato e l’estate non decolla con il suo calore, loro sono felici lo stesso. Hanno tutto quello che vogliono. L’aria, il calore delle piante, il suono magico di piccoli esseri che non chiedono nulla in cambio solo di essere ammirati per quello che sono: un capolavoro continuo. Il giardino descritto è di tutti. La terra è la nostra casa e solo lei può avere l’ultima parola e noi piccoli frammenti di cielo dobbiamo osservare la bellezza e anche le problematiche e intervenire solo per tutelare e migliorare e non cambiare e distruggere.


Annamaria Gennaioli 04/08/2014 09:52 1 2978

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Le favole per le mie bambine... dare voce alle piante è il gioco preferito delle mie nipotine...»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«una favola che fa riflettere, si, credo che non sia anche ma sopratutto colpa dell'uomo per quello che succede e che è ancora poco rispetto a quello che verrà .»
andrea sergi

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