Questa vacanza di prima estate non era affatto nei miei programmi. Ma mi sono ritrovata con un ritaglio di tempo libero, avevo a disposizione ancora una settimana di ferie dell’ anno scorso da sfruttare prima della fine di giugno.
Così ho cercato di conciliare l’ eterno desiderio di vedere posti per me nuovi con il bisogno di sole e di mare che sentivo già prepotente dopo un inverno che ha messo a dura prova i miei nervi. Mi sono perciò regalata una breve parentesi di distensione prima della lunga estate di lavoro e di cambiamenti che mi aspetta… “ La lunga estate calda”… (non era il titolo di un film?)… quella che segue a ruota “ l’ inverno del nostro scontento”… (non riesco a ricordarmi chi l’ ha scritto… acc.! … eppure esprime bene quello che stiamo vivendo). Poi l’ ho scoperto per caso, pare sia un romanzo di Steinbeck, ma non ci giurerei. (Sapete, nel 2000 Internet non era ancora alla portata di tutti, la possibilità di premere un tasto per avere risposte ad ogni interrogativo, o quasi, era inimmaginabile e ancora di là da venire).
Parto con poco preavviso, poche cose e, soprattutto, completamente sola per essere veramente libera di decidere del mio far niente. Per provare così la benefica sensazione di lasciarmi tutto alle spalle, pensieri, persone, voci, soliti argomenti di conversazione e senza la necessità di dover conciliare con qualcuno le mie esigenze. Voglio dedicarmi per ore ed ore esclusivamente a bagni di mare, di sole, di silenzio… il meraviglioso silenzio che è ormai per me il bene maggiormente desiderato. Spero che sia una settimana davvero rigenerante per il corpo e lo spirito, un’ esperienza veramente positiva da ripetere qualche altra volta, magari non sempre, ma ogni tanto è davvero salutare. Sono convinta che se riesci a rimanere sola con te stessa, dopo ritrovi con maggior gusto le persone e le cose di tutti i giorni.
E poi erano anni che desideravo conoscere le Eolie ed ora mi sono sembrate l’ ideale: già abbastanza calde a metà giugno, facilmente raggiungibili da Napoli, non eccessivamente mondane ma abbastanza interessanti dal punto di vista storico e paesaggistico da non farmi annoiare.
La partenza
Non amo viaggiare per mare. La mia insofferenza per le navi è aggravata da un senso di claustrofobia. Nonostante mi trovi in alto mare, non provo affatto quel senso di libertà che pervade molti. Mi sento prigioniera del mezzo metallico, sono perseguitata dal rumore costante dei motori e dalla puzza di carburante mista a plastica ed umidità stagnante, principali alimentatori dei miei frequenti mal di testa.
Eppure trovo che nessun mezzo di trasporto riesca a rendere indimenticabile l’ emozione dell’ arrivo pari a quello che provo approdando in una terra che non conosco. Forse perché l’ approccio è graduale, il contatto con la terra che si avvicina è più viscerale, è la terra nuda nella sua complessità che si presenta ai miei occhi e mi accoglie nelle sue pieghe; è un trovarsi o un ritrovarsi a tu per tu, prima di distinguere le città, le vie, i palazzi, il caos uguale dappertutto. È a questo primo impatto che sento subito se quel posto mi piace o no, se le immagini osservate su riviste e depliants sono veritiere e tengono fede alle emozioni promesse. Mi è successo all’ arrivo in Grecia, a Palermo e in altri luoghi di mare.
Lascio Napoli in un pomeriggio di tempesta, con un cielo sconvolto da pesanti nubi nere che hanno scaricato pioggia scrosciante tra lampi spaventosi e vento gelido. Un colpo di coda violento di un inverno che ha fatto i capricci fino alla fine e sta cedendo mal volentieri il posto ad un’ estate che non vuole essere da meno. Insomma, il tempo meno adatto per intraprendere una vacanza solitaria al mare su una piccola isola… Sarei quasi tentata di desistere o di cambiare direzione all’ ultimo momento per incamminarmi verso uno chalet di montagna, ma il contenuto del mio bagaglio non sarebbe molto adatto.
Passo la notte cercando di dormire su due poltroncine accostate, il cappuccio della giacca a vento calato sugli occhi nel tentativo di creare un buio conciliante il sonno e per isolarmi dal mondo circostante. Alle quattro e venti di mattina, il personale della nave annuncia che ci avviciniamo a Stromboli e, impietoso, accende le luci in sala per accelerare il risveglio di chi scenderà alla prima sosta.
Un’ alba pallida fa capolino dai vetri incrostati di salsedine. Non posso perdere l’ occasione per assistere a questo evento naturale che altrove non riesco mai a godermi. Un caffè caldo è l’ ideale per dare all’ organismo la sensazione di iniziare una nuova giornata, anche se per me questa non è altro che il proseguimento interminabile della precedente. L’ aria fresca del mattino ed il vento della nave in movimento mi aiutano a riacquistare del tutto la lucidità.
I ponti superiori sono già pieni di gente, qualcuno ha passato avventurosamente la notte all’ addiaccio in sacchi a pelo e calde trapunte, molti si sono sacrificati per tenere compagnia ai loro amici a quattro zampe e hanno tutta la mia comprensione di discreta cinofila.
Magia di un incontro
Verso est, dietro un sottile lembo di terra calabra, l’ alba pallida sta lasciando il posto ad un’ aurora rosa arancio, ma nessuno sembra farci caso… Possibile che tutti girino le spalle al sole che sorge? Come possono essere indifferenti a tanta bellezza? Abbraccio con lo sguardo la linea circolare dell’ orizzonte e mi giro verso ovest…
… Sono senza parole!… Anche il pensiero si ferma mentre contemplo lo spettacolo indescrivibile che ha catturato l’ attenzione di tutti: di fronte a me, dal cielo blu ancora scuro, emerge il cono perfetto di Stromboli con l’ eterno pennacchio e, poco distante dalla cima, la luna piena più tonda e lucente che abbia mai visto, non alta ed argentea come è visibile di solito, ma placida ed opulenta, un po’ bassa all’ orizzonte e dorata dai raggi del primo sole che la fronteggia. Sono tutti lì ammirati che guardano, puntano videocamere e macchine fotografiche ansiosi di immortalare lo spettacolo unico del solstizio d’ estate. Solo ora realizzo di aver lasciato la mia macchinetta in valigia per avere meno ingombro nella borsa a mano e rimpiango la prima occasione mancata di questa vacanza… La foto più bella è quella che non ho fatto!
Cerco di immaginare come uno spettacolo simile debba aver colpito la fantasia degli uomini nel corso dei tempi: il sole e la luna presenti nello stesso cielo, il giorno e la notte che si fronteggiano senza potersi raggiungere. Quelle che gli antichi consideravano due divinità che si dividevano equamente il tempo e la vita, si mostrano visibili all’ unisono al cospetto dei miseri mortali. E ogni epoca, ogni civiltà ha interpretato a suo modo questo fenomeno cosmico, spesso personificando i due astri come dei, ora antagonisti e spietati nemici che si divorano a vicenda, ora come sfortunati amanti condannati a rincorrersi in eterno e che possono avvistarsi periodicamente, solo per pochi istanti, durante languidi crepuscoli. Posso comprendere facilmente il timore reverenziale dei nostri avi che ancora non avevano conoscenze scientifiche per potersi spiegare simili fenomeni della natura. Ancora oggi, benché rotti a tutte le esperienze e spesso indifferenti a ciò che accade intorno a noi, restiamo stupefatti e riusciamo a commuoverci davanti ad uno spettacolo così semplice ma tanto sublime.
La premessa è incoraggiante e, se il buongiorno si vede dal mattino, questa è davvero l’ alba radiosa della bella settimana che mi aspetta. Anzi, malgrado mi fossi documentata abbastanza con video e riviste, sono ugualmente sorpresa di ritrovarmi proiettata millenni indietro nel tempo, in un’ altra dimensione, in un’ altra epoca, quella magnifica cantata da Omero. Sento la presenza costante di Ulisse in lotta col desiderio di sondare l’ ignoto in quei luoghi che ho sempre immaginato proprio come questi.
Le Isole
L’ impatto iniziale con le Eolie è inquietante. Le isole si ergono con fierezza dal mare in tutta la loro selvaggia maestosità che mette soggezione. Ti senti scagliato con violenza in una terra aspra e selvaggia che, al tempo stesso, ti porge la mano gentile e, quando in te si è placata l’ ansia suscitata dal primo sguardo, ti offre la dolcezza di una natura lussureggiante.
La sorpresa è accorgermi che questo arcipelago davvero non è terra siciliana… non è affatto terra… è un’ invenzione del Padreterno per consentire agli uomini un approdo alla fantasia, porti naturali in cui ormeggiare l’ immaginazione che langue nel materialismo quotidiano, è possibilità di toccare con mano i vari aspetti della Natura, aspra e selvaggia, mite in apparenza ma in un continuo ribollire di pericoli, proprio come le mitiche Sirene che attraggono con fascino sottile ma capaci di portarti alla perdizione…
Ci vuole poco, infatti, per capire che queste isole hanno qualcosa di diabolico, ti ammansiscono immediatamente con un aspetto paradisiaco e, subito dopo, ti mostrano il rovescio della medaglia, l’ altra faccia della luna.
Ecco che Stromboli se la dorme ancora beata, scintillii dorati del nuovo sole accendono il mare tra gli alberi delle poche barche ormeggiate a breve distanza dalla spiaggia di rena nera, le sue graziose casette ed una chiesetta bianca spuntano tra il nero della lava ed il verde di una discreta vegetazione.
Ma appena il traghetto comincia a circumnavigare l’ isola, cambia la prospettiva di luce, sento un calo di temperatura ed il paesaggio muta a vista d’ occhio: da idilliaco che era, comincia a trasformarsi nella premessa al regno di Ade. Il gigante attivo manifesta la sua presenza con i continui vapori solforosi che si condensano nell’ aria e, secondo i capricci del vento, velano e svelano i fianchi della montagna, rossicci alla luce del giorno. Cerco invano di intravedere la mitica sciara di fuoco che si manifesta ad intervalli di pochi minuti, ma questo non è il lato migliore dell’ isola e la luce comincia ad essere già forte. Bisognerebbe aspettare la notte e magari arrampicarsi in cima per stare a tu per tu con il vulcano.
Ancora una virata di pochi gradi e sembra che tutte le forze oscure si risveglino insieme. Eolo fa onore alla sua fama e il venticello di poco prima si irrobustisce gagliardo, il mare che era appena increspato si rabbuia in tutti i sensi, del sole nemmeno un pallido ricordo, impegnato com’è ad illuminare il lato sud orientale dell’ isola.
Sono di fronte a Ginostra, stessa isola di poco fa ma agli antipodi del paese di Stromboli. “ The dark side of the Moon”, canterei volentieri questa canzone se me ne ricordassi il motivo, ma il titolo è la sola cosa che mi viene in mente guardando la roccia nera davanti a me: il lato oscuro della Luna. Ginostra è un agglomerato di case bianche sparse sulle rocce ad un centinaio di metri sul mare, aggrappate al fianco inospitale del vulcano e adagiate su un declivio. Niente acqua corrente, niente elettricità, niente strade di comunicazione con altri punti dell’ isola, solo un sentiero che conduce al mare, ad una piccola banchina che ospita pochi pescherecci ed un gommone, unici mezzi di collegamento con il resto del mondo.
Il traghetto si ferma al largo per consentire il trasbordo di una dozzina di persone, stracariche di bagagli, in un barcone che li porta a terra. L’ operazione non è semplice con questo mare che sembra fare di tutto per impedire l’ arrivo degli intrusi. Una volta sbarcati, possono scegliere di andare su a dorso d’ asino o di servirsi, almeno peri bagagli, dell’ unico “ modernissimo” motoape disponibile. È la scelta particolare per una vacanza unica, uno splendido e terribile isolamento volontario, un modo autentico di disintossicarsi da modernità ed inquinamento fisico e spirituale.
Di isola in isola il traghetto impiega tutta la mattinata per raggiungere Vulcano, le operazioni di sbarco ed imbarco di passeggeri ed autovetture sono lunghe e tediose. Non vedo l’ ora di arrivare a destinazione, con questa stanchezza le isole successive, per quanto belle, non riescono ad appassionarmi più di tanto. Inoltre, cerco di liberarmi della compagnia poco gradita di due maturi presunti viveur, uno single e l’ altro divorziato e con un ragazzino a carico, il quale ha già mostrato tutta la sua finezza sbandierando, proprio in presenza del figlio, la presunta indifferenza verso la sua ex moglie. E poi sono qui per dimenticare la routine giornaliera e questi, invece, mi hanno già fatto mille domande sul mio lavoro e sulla situazione della Giunta Regionale.
Finalmente, lasciata la vivacissima e più mondana Lipari, attraversiamo il breve braccio di mare che la separa dalla vicina isola ed eccola, annunciata dal caratteristico odore dolciastro di zolfo che impregna l’ aria… Vulcano.
Vulcano l’ isola
… Come è emozionante l’ impatto! L’ avevo scelta d’ istinto tra le sette, forse perché mi attirava l’ idea della spiaggia nera. Ed ora ho conferma di aver fatto la scelta giusta, sento subito un legame particolare con questi 21 chilometri quadrati di lava, zolfo e vegetazione ancora in rigogliosa fioritura.
Quest’ isola ti prende, violenta, e non te ne accorgi. Non sono mai stanca di passeggiare tra i viali che conducono al piccolo centro del paese dal mio albergo sperduto tra la vegetazione a due passi dal mare. Non mi sembra vero poter gironzolare senza dovermi preoccupare troppo delle poche auto in giro; devo solo stare attenta alle biciclette con l’ oscurità, perché la strada non è illuminata, il che mi provoca qualche inquietudine ogni sera, visto che ancora lotto per liberarmi dall’ angoscia per il buio che mi spaventava da piccola. Ma, al tempo stesso, l’ ignoto mi attrae, così che questo contrasto di sensazioni è un’ esperienza nuova che viene a risvegliare corde ormai sopite in noi animali metropolitani saturi di elettricità.
Nei continui vagabondaggi posso riscontrare che gran parte del verde è incolto e questo in parte è spiacevole, mi dà un senso di incuria, di abbandono. D’ altra parte è piacevole pensare che la mano dell’ uomo non è ancora arrivata dappertutto a deviare il corso naturale delle cose.
Sia nei campi incolti di Vulcano Piana, dove gli abitanti stanziali di Vulcani, i vulcanari autentici, vengono a svernare, che nei giardini rigogliosi di abitazioni vecchie e nuove giù al mare la vegetazione è rusticamente assortita. Mi diverto ad elencare tutti i tipi di frutta e di piante che riesco a riconoscere: fichi, fichi d’ India, susine, pere piccole, agrumi, uva, capperi, ulivi, gelsi e rovi, viti canadesi, palme, pini mediterranei, eucaliptus, ficus, glicini, bouganvillae, oleandri, gerani, gelsomini, ibiscus, campanule, ginestre, canne, papiri, agavi gigantesche, diverse piante grasse ed altre specie botaniche di cui ignoro il nome.
La seduzione per la terra aumenta quando l’ ammiro dal mare, su una barca di pescatori pronti a farmi da guida; scopro che gran parte dell’ isola è veramente selvaggia, disabitata ed inospitale e queste sono le sue difese naturali per salvarsi dal mostro umano. I fianchi del vulcano, la Valle dei Mostri, le grotte naturali e le poche spiaggette solitarie sono proprio un viaggio nella mitologia greca.
Vedendola dal mare, mi sono innamorata della Spiaggia dell’ Asino ed ora riesco a raggiungerla con un bus di linea che mi scarica lungo l’ unica strada rotabile, tortuosa. È faticoso scendere e risalire sotto il sole il ripido sentiero polveroso che porta giù, ma proprio per questo gusto con maggior piacere il bagno in questo mare limpido e la tranquillità della spiaggia riservata solo a pochi temerari… E poi lì, di fronte a me, l’ Etna svetta orgogliosa tra gli altri monti con l’ eterna sigaretta accesa e mi ricorda che laggiù c’è qualche cara amica nell’ amata Sicilia… e la nostalgia cresce…
Ma il vero sovrano dell’ isola è lui, il vulcano. Il suo particolare odore si spande nell’ aria e mi segue, appena il vento gira. Dopo un po’ non ci si fa più caso, diventa parte del tutto, da Porto Ponente a Porto Levante, nelle fumarole e nei fanghi termali, fin nelle sorgenti sulla spiaggia da cui sgorga acqua benefica e bollente. Penso che non me ne libero più, mi impregna il corpo e i panni, tanto che sarò costretta a disfarmene quando torno a casa se non vorrò più sentirne l’ olezzo.
Il Vulcano
L’ isola di Vulcano, l’ antica Hiera, la “ Sacra”... Non c’è dubbio che gli antichi la considerassero la dimora del dio che nella sua fucina sotterranea forgiava armi agli altri dei, sfogando nella fatica la rabbia per un fisico storpio ed una moglie bella ed infedele, Venere, che la sorte beffarda gli aveva assegnato. La suggestione è così forte che la sento, la presenza viva di colui che troneggia su tutto: il vulcano. Mi sta davanti dovunque vada, è di fronte al magnifico terrazzo della mia camera. Per una settimana l’ ho guardato in silenzio, ci siamo guardati, un dialogo muto si è stabilito tra noi, un desiderio di affrontarlo e, al tempo stesso, il timore di non farcela, di provare paura per questa natura esuberante. Ogni volta che percorro il viale dell’ hotel scruto il sentiero che si intravede da quaggiù, netto come un segno di matita sul suo fianco o una leggera cicatrice rosea lasciata da una lama sottile. Mi chiedo se sarò mai capace di salire lassù e, soprattutto, di scendere. Con un respiro profondo scaccio la leggera inquietudine che mi prende allo stomaco. Ho chiesto in giro a diverse persone e ognuno mi ha detto che è facile, non fa impressione, ci si può andare anche da soli, che non è pericoloso e nemmeno tanto faticoso. Ma non è la fatica che mi impressiona, quella la vinco, il caldo lo sopporto e la sete la domino. Mi spaventa e mi attrae l’ idea di affrontare l’ ignoto, quel qualcosa che ho sempre creduto al di fuori delle mie possibilità e che ora è lì davanti a me.
… E lui se ne sta lì silenzioso, possente, sornione, inesorabile e mi invita alla sfida, prima con me stessa, poi con lui… Ed io so che ci andrò, non lascerò l’ isola senza aver reso omaggio al suo signore… l’ ho detto, è una sfida…
Sfida che a cui decido di rispondere oggi, il giorno prima di ripartire; una sfida che ho vinto (con me stessa, ovviamente). La scalata è faticosa ma bellissima, da quassù lo sguardo abbraccia le Sette Sorelle, perle nere preziose in un tramonto d’ oro puro. Quasi ogni isola si fregia di un vezzoso ciuffo bianco, come un accento, un segno per ricordare che sotto sotto “ qualcosa bolle in pentola”.
Sento che la Natura ha un’ anima pulsante e sa quando la si affronta con rispetto, consci delle proprie limitate capacità e della sua forza prorompente; allora essa premia il tuo rispetto regalando emozioni uniche, panorami incomparabili, ricordi indelebili. Sono convinta che è sempre lei la più forte, che l’ uomo nella sua stupida cattiveria non potrà mai averla vinta sulla Natura, potrà manipolarla, ferirla e distorcerla illudendosi di ottenere vittorie effimere, ma quando essa non ne può più le basta il ruttino di un vulcano per scrollarsi di dosso l’ umanità, come se si trattasse di pulci fastidiose su un cane.
Ma c’è un’ emozione inaspettata che sta dando colore a questa mia vacanza e su cui devo riflettere più attentamente… ascoltando la mia voce interiore mi pare di sentire la voce di Dio che cerca di dirmi qualcosa, comincio a pormi interrogativi che richiedono di essere approfonditi… E’ ormai tempo che io ritorni a casa.
Arrivederci
La mia prima esperienza veramente “ da sola” non mi ha deluso e mi ha arricchito di quelle emozioni di cui non sono mai sazia. Il momentaneo tè te a tè te con me stessa non è stato compromesso nemmeno dalla breve parentesi mondana a Lipari, un fuori programma che mi sono concessa martedì per smaltire i postumi della gita in barca in pieno sole del giorno precedente. Il fatto è che il giro era troppo suggestivo, il mare trasparente, il sole caldo ed il vento fresco ed io ho voluto fare la splendida e, tra un tuffo e l’ altro, me ne sono stata sdraiata a poppa e godermi la tintarella ed a farmi fotografare in pose da vamp. Il mattino dopo, per arginare il fastidioso eritema che mi colpisce dopo i primi giorni di sole, ho pensato bene di evitare la spiaggia e qualsiasi esposizione al sole, così ho preso il primo aliscafo per Lipari. Coperta fino al collo, come un’ educanda, da un camicione di fresco lino bianco che mi lascia scoperte solo le dita della mano, sono andata alla scoperta di questa deliziosa cittadina e del suo splendido Museo Archeologico. È stata una piacevole sorpresa non solo per gli interessanti reperti conservati, ma anche e soprattutto per l’ attenzione ai particolari, l’ allestimento ben curato delle numerose sale e la cortesia degli addetti. Il tempo è volato, anzi è svanito trasportandomi in un’ altra dimensione, tra quei miti e leggende che prediligo.
Verso mezzogiorno, fornita di acqua minerale e frutta, tra cui dolcissimi fichi primatini, e contravvenendo ad ogni regola di prudenza e buon senso, non ho resistito alla tentazione di visitare la Spiaggia Bianca alle Cave di Pomice. Così, proprio quando avrei dovuto evitare sole e mare per salvarmi letteralmente la pelle, mi sono ritrovata in un’ acqua turchese, incredibilmente cristallina per la pomice bianca sul fondo, proprio nell’ ora in cui il sole raggiunge il picco massimo. Di tanto in tanto ho cercato un riparo effimero per me e le mie cose presso una barca capovolta, mentre il cielo incredibilmente luminoso faceva da sfondo a Panarea ed a Stromboli che sbuffava beffardo lì di fronte a me. Ma ho preferito immergermi continuamente in quell’ azzurro refrigerante, fare il pieno di mare prima di affrontare la salita verso la strada provinciale per l’ ultimo bus di linea fino al porto. Prima del rientro a casa è stata d’ obbligo una tappa nella migliore pasticceria dell’ isola per gustare un cannolo e fare provviste di dolci da portare a casa. Poi via, con l’ ultimo aliscafo mentre il sole calava pigramente dietro l’ orizzonte, nel crepuscolo nostalgico verso Vulcano, che sentivo già un po’ mia.
E' ilmomento di ripartire e mi sembra di lasciare un luogo familiare da tempo, sento già il desiderio di ritornarci. Dall’ aliscafo che mi porta via di prima mattina mando un saluto a queste isole e mi viene spontaneo pensare: “ Addio monti sorgenti dalle acque”, anche se so che non c’ entra niente. Ma poi, siamo proprio sicuri che Manzoni avesse pensato questi versi per descrivere ciò che Lucia vedeva da una barchetta sul lago di Como? Sembra che si adattino benissimo a questo pezzo di Sicilia dal quale sono “ transitata”, come mi ha rimproverato l’ amica Maria che si aspettava una mia visita nella lontana Catania.
Ma, per la verità, io non sono “ transitata” dalla Sicilia; transitare indica l’ attraversare un luogo, passare da una parte all’ altra mentre io ho appena sfiorato, lambito, assaggiato, velocemente degustato, annusato, sniffato, fugacemente toccato un esile lembo di Sicilia…
… Sicilia, poi… proprio Sicilia Sicilia non è! Questi sono coriandoli, fiocchi di ossidiana, spicchi di agrumi succosi, grappoli di acini dorati, gocce di cioccolata e schizzi di ricotta caduti da un cannolo, chicchi di granita di caffè, rigurgiti di lava che la Trinacria focosa va sputacchiando a destra e a manca nell’ azzurro Mediterraneo…
17/24 giugno 2000