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C’ era una volta una principessa … capirai che novità disse quel tale. Lo so, nelle favole ci sono sempre le principesse, poi ci sono le streghe cattive e poi i principi azzurri che arrivano con loro cavallo bianco. Qualche volta vi è un drago, altre una fatina. Però le streghe cattive non mancano quasi mai, chi sa perché poi sempre le donne devono essere le streghe cattive. Solo che questa favola è un pochino diversa e io ve la racconto a modo mio, spero vi piaccia lo stesso. Allora la principessa si chiamava Lievelal, un nome strano che in quella lingua voleva dire sogno del cielo. Lievelal era sempre stata una ribelle, aveva voluto imparare a combattere e cosa alquanto disdicevole per i suoi compagni maschi, vinceva quasi sempre lei. Ora Lievelal non era la principessa minuta ed esile di certe favole, Lievelal era alta e abbastanza diciamo in carne. Il suo cruccio era infatti la dieta, in quel castello si aveva l’ abitudine di pensare che le principesse dovessero essere sempre magre ed esili Aveva lunghi capelli scuri e ricci, ma un giorno, quella furbetta decise di fare una cosa che non si deve fare e si tagliò da sola i capelli. Era stufa di portarli lunghi, di essere sottoposta alla tortura della sua ancella pettinatrice. Figuriamoci suoi padre come si arrabbiò e come sua madre diede di matta. Una principessa dai capelli corti non si era mai vista e che diamine, non si fanno queste cose. Lievelal era così e voleva sempre fare di testa sua. Le sue compagne di giochi parlavano di amori, di sospiri e di luna, lei invece parlava di caccia, di arco e di corsa e mai di amore, le sembrava una cosa alquanto sciocca quel modo di comportarsi con le moine che facevano le sue amiche. Ora, dovete sapere bambini, che in quel tempo le donne, venivano promesse in moglie sin dalla culla e così anche Lievelal era promessa in moglie al principe Dagoberto. Tale Dagoberto era più grande di lei di 10 anni, uno sbruffoncello patentato, che si vantava della sua ricchezza e che prendeva in giro sempre i poveri e i confinanti. Il suo sogno era solo divertirsi ed accumulare ricchezze. Lievelal si era tagliata i capelli proprio a causa dell’ incontro con il principe per fissare la data delle nozze. Venne al castello un menestrello, un cantastorie con sua sorella, una ragazza che danzava alle parole del fratello. Il cantastorie si chiamava Gilfuo e sua sorella Gilea. Gilfuo avrebbe dovuto allietare tutti con una sua storia proprio il giorno del fidanzamento ufficiale e così al centro della sala iniziò a raccontare una storia, mentre Gilea danzava. Accadde allora una cosa strana, Lievelal rimase incantata come mai le era accaduto prima, ma non dalle parole di Gilfuo ma dalla danza di Gilea. Gli occhi suoi e quelli della ragazza si incontrarono e lei sentì dentro un fuoco che la prendeva e la emozionava. A un certo punto, Gilea le si avvicinò danzando e le diede una tela colorata che aveva usato per disegnare nell’ aria immagini di ippogrifi volanti. La tela aveva un odore stordente e Lievelal se la portò al viso. Ora sapeva Lievelal cosa fosse l’ amore, quell’ amore che tutte le sue amiche descrivevano, solo che ora lei era innamorata di un’ altra donna e questo non era assolutamente ammesso in quel castello. Quella stessa notte, Lievelal e Gilea si baciarono in un angolo buio del castello. Sellarono i loro cavalli e fuggirono nella notte. Si amarono alla follia sino alla fine dei loro giorni, ma dove vissero non si sa. Qualcuno dice che per non avere problemi Lievelal si travestì da uomo e aprirono un’ osteria al confine delle terre emerse, altri dicono che furono inseguiti dai cani del re e che vennero condotte in prigione per la loro colpa. Io so invece che andarono a vivere nella terra delle Lune Bianche dove ognuno poteva amare chi voleva senza dover rendere conto a nessuno. Una terra dove vivevano i diseredati e gli emarginati di tutti i regni della terra, bianchi neri, gialli e di ogni religione. La terra dove amore si scrive Amore e dove mai nessuno ruba ad altri più di un sorriso.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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bella .. emozionante... (You Don’t Know Me)
una bellissima favola, complimenti piaciuta tanto (Paola Pittalis)
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