Michele Villano soleva sempre dire, con un tono cattedratico che strappava una risata imbarazzante:
“ Sono sufficiente in tutto, perché sono nato il 6 giugno 1966!”
Michele non era particolarmente simpatico alle persone che conosceva, ma piaceva inspiegabilmente alle donne, per motivi imperscrutabili che neanche loro riuscivano a spiegare. Riusciva sempre ad attirare l’ attenzione delle ragazze dicendo loro cose insensate o assumendo atteggiamenti provocatori.
La sua fama di latin lover, inoltre, era più legata alle stupidaggini che pronunciava che alle sue capacità di seduttore. Era senza dubbio intelligente, ma faceva di tutto per apparire stupido e superficiale.
All’ epoca dei fatti, Michele era perennemente esaurito e rimandava sine die la chiamata alle armi, in quanto studente universitario fuori corso.
Adorava la canzone “Teorema” di Marco Ferrandini.
La prima canzone che, strimpellando malamente una chitarra scordata, canticchiava alle ragazze che corteggiava era: “Prendi una donna, trattala male, lascia che ti aspetti per ore, non farti vivo e quando la chiami, fallo come fosse un favore, fa sentire che è poco importante, dosa bene amore e crudeltà, cerca di essere un tenero amante, ma fuori dal letto nessuna pietà”.
La maggior parte delle donne inorridiva, sentendolo canticchiare questa canzonetta, che ebbe un successo strepitoso nel 1981, ma Carla Bono s’ innamorò di lui, pur sapendo che le sue teorie sul gentil sesso erano retrograde e meschine. La ragazza sperava che dietro alla spavalderia e all’ arroganza di Michele, si nascondesse il carattere di un ragazzo timido e introverso.
Carla pensava che Michele avrebbe cambiato atteggiamento nei suoi confronti, con il passar del tempo, ma si rese conto, suo malgrado, che il ragazzo al quale aveva regalato la sua innocenza, era sostanzialmente ipocrita e retrogrado.
La sua gelosia, inoltre immotivata e pretestuosa, contribuì al progressivo e inesorabile disinnamoramento della donna, che comprese forse tardivamente che la loro love story era arrivata al capolinea. Soltanto Michele si ostinava a non capire che la “ coppia mal assortita”, come veniva chiamata al paese, era arrivata alla frutta. Carla aveva provato a dirglielo in ogni modo, ma Michele si trincerava dietro ad un silenzio ottuso.
Carla andò a studiare psicologia a Padova dove, qualche mese dopo, conobbe e s’ innamorò di Abdallah, uno studente arabo dolce e affettuoso che viveva nella Striscia di Gaza e che le parlava continuamente della sofferenza del popolo palestinese.
Tutti al paese sapevano della nuova storia d’ amore di Carla, ma inspiegabilmente Michele, che sapeva la verità, continuava a credere che la ragazza fosse ancora innamorata di lui.
Era il 13 giugno 1982 quando Michele lasciò il paese, alle ore 10. 00 e, spinto da un impulso autodistruttivo, volle fare una sorpresa alla donna che lui riteneva di sua proprietà esclusiva.
Viaggiò in treno per tutta la giornata e, dopo aver cambiato treno a Bologna, arrivò a Padova alle ore 22. 00. Prese l’ autobus n. 8 e si recò al Collegio Universitario, dove alloggiava Carla. Disse al custode d’ essere la sua ragazza e lui gli diede addirittura la chiave della cameretta, forse impietosito dall’ aria di cane frustato che assumeva quando voleva impietosire qualcuno.
Entrò nella stanzetta, si guardò attorno con attenzione, e notò che il letto era disfatto e che molti vestiti erano sparpagliati per terra, in mezzo a riviste femminili e quotidiani.
Intravide una poltroncina, nell’ angolo della camera, dove prima si appoggiò per riposare poi si addormentò pesantemente.
Improvvisamente, il ragazzo aprì gli occhi e vide una scena che lo sconvolse a tale punto da non riuscire nemmeno a muoversi.
La coppia era tornata a casa e, rapita dall’ impeto amoroso che caratterizza i giovani, non si rese neanche conto della presenza di Michele.
Carla e Abdallah fecero l’ amore con infinita dolcezza: il palestinese le sussurrava parole d’ amore all’ orecchio e, mentre la penetrava delicatamente, lei era letteralmente in estasi.
L’ amplesso si protrasse per poco tempo, ma fu intenso e coinvolgente.
I loro corpi nudi, l’ uno bronzeo e l’ altro candido, erano distesi sulle lenzuola umide e disegnavano un’ armonia perfetta.
Michele tornò in sé soltanto quando Carla sussurrò ad Abdallah un “Ti amo!” così intimo che gli diede la forza di alzarsi e di uscire dalla stanzetta, sotto gli occhi increduli della coppia, sbattendo rumorosamente la porta.
Da quella fatidica notte, Michele non pronunciò più il nome di Carla ed entrò in un mutismo che sorprese persino le persone che lo conoscevano, ma dopo qualche mese tornò a cantare “Teorema” di Marco Ferrandini.
Se avesse letto fino in fondo il testo della canzone, forse avrebbe capito di aver sbagliato tutto in amore…
“ No caro amico,
non sono d’ accordo,
parli da uomo ferito,
pezzo di pane lei se n’è andata
e tu non hai resistito
non esistono leggi in amore,
basta essere quello che sei…”