cap. 19 Scivolando
Si staccarono solo un attimo, il tempo necessario per scivolare sotto le coperte, dove subito si riabbracciarono di nuovo, sentendo in quella accresciuta vicinanza fisica un ulteriore impulso alla loro emozione.
Irene si sentiva completamente abbandonata, terra arida che desiderava quella pioggia che da Sergio si sentiva provenire, e assorbiva con inebriata dolcezza gli abbracci di lui.
Senza che le loro effusioni ne venissero minimamente distolte, si tolsero anche gli ultimi veli che ancora, con un residuo pudore, li separavano dalla totale nudità.
Si trattava in realtà di un pudore irrisorio, un barlume di coscienza che per suo conto, come per lunga e consolidata abitudine alla difesa della nudità, refrattario alla loro libera e rasserenata emotività. In cui entrambi si riflettevano, e dove la loro nudità era perfettamente fluida, partecipazione naturale del loro essere, continua e complementare alla partecipazione mentale che già avevano vissuto.
I loro corpi si raggomitolavano l'uno sull'altro, si scaldavano cercandosi in tutte le loro dimensioni, e fremevano dell'impulso di vivere un'aderenza assoluta, forse solo col rimpianto della percezione dell'impossibilità di quel pieno assoluto.
La passione con cui Sergio desiderava Irene era bruciante, e tutto il suo desiderio si rifletteva su di lei.
Le mani di Sergio correvano come un fiume lungo il suo corpo: come acqua che colma tutto di sè, lui la cercava. Tutto avveniva dentro un perfetto silenzio, sentivano che ogni parola sarebbe stata troppo, una finzione, un bisogno di giustificare qualcosa, mentre non c'era nulla per loro da giustificare, solo la necessità di essere l'uno nell'altro. In silenzio, mentre i loro corpi aderivano lenti, scivolando uno sull'altro, con le più sensuali e totali carezze, in silenzio i loro occhi si penetravano, in infinita armonia. Si contemplavano in estasi, il loro sguardo un vortice che li trascinava l'uno nell'altro, indefinitamente.
I loro volti erano il loro silenzio, asciutti ed essenziali, senza orpello, come lo era il loro profondo bisogno di verità. La pienezza del loro sguardo era l'espressione, nel caldo silenzio, di tutto quello che sentivano e che era loro impossibile dire. La limpidezza del loro sguardo conteneva tutta la loro conoscenza, che veniva da epoche antiche della loro vita, di quando nemmeno avrebbero immaginato che si sarebbero davvero incontrati.
Sergio sentiva con amore ogni parte di lei e il suo desiderio era di amarla in tutta la sua sensualità, di sentire ogni suo angolo come parte di sé. C'era disperazione nella sua passione, di non poter percepire quel senso di fusione totale con lei, verso cui tutti i suoi impulsi sembravano tendere. Nnel suo cercarla ardente, sembrava che non concepisse quell'impossibilità e che piuttosto credesse possibile quella ideale perdita totale di sé, dentro di lei.
Le sue mani la accarezzavano senza fine, fra dolcezza e voluttà, si sentiva attraversato da vibrazioni di piacere sottile e profondo, nella gioia di sentire la sua pelle, nel tatto delle mani, nel contatto sinuoso dei corpi. Si guardavano senza guardarsi, completamente avulsi da quell'osservazione estranea che giudica e indaga, in un guardarsi che era soprattutto sentirsi, sentimento che voleva anche visivamente appartenersi.
Irene era assorta e limpida, si sentiva bianca e magica. Come se tutta la sua precedente coscienza, che certo l'avrebbe angustiata, immaginandosi in quella dimensione, non fosse più esistita.
Viveva l'abbandono come la cosa naturale che doveva fare, un trasporto di irreversibili onde. Sentiva una nuova coscienza di verità che, dopo tante incertezze, si andava dentro di lei delineando con chiarezza. La sobrietà con cui viveva quella loro dimensione, che poteva sin apparire una sorta di passività, era invece pienamente viva, tutto in lei era totalmente aperto a quel loro incontro, le sue braccia accoglienza pura che recepiva Sergio dentro di sé. Tutto in lei era distensione, dolcezza e vita, nel completarsi di uno nell'altra.