Non sarà passato meno di mezzo secolo da quel giorno, eppure ne ho un ricordo talmente nitido che ne rammento persino i colori.
Il cielo era azzurro e l'erba verde e rigogliosa, per cui ne deduco fosse primavera, magari inoltrata, ma non ancora estate piena, dato che in quell'angolo di campagna occhieggiavano molti ciuffi di pratoline e altri fiori gialli simili alle ginestre.
Avevo circa sette anni e mi trovavo lì con un uomo, un amico di mio padre che ogni tanto veniva a trovarci da Firenze, un uomo che ora posso dire di mezza età, sui cinquanta, alto e robusto, capelli grigi e sorriso accattivante, ricordo la sua giacca marrone chiara e la sua auto verde pistacchio, ma non riesco a ricordare la ragione per cui mio padre lasciò che "lui" mi portasse in giro da sola.
E non ricordo neppure quale motivazione accampò per spiegare a una bimba della mia età la ragione di averla condotta in aperta campagna. Ricordo però chiaramente, nonostante i decenni trascorsi, la mia improvvisa diffidenza nei suoi confronti, diffidenza mai avvertita fino a quel momento.
Lo vedo ancora appoggiato al cofano della sua auto, mentre io raccoglievo dei fiorellini da portare a mia madre e risento la sua voce che mi chiama e mi dice di non allontanarmi, e poi mi chiede se voglio qualche caramella.
Mi sventola davanti agli occhi un sacchetto trasparente pieno di palline colorate e quando cerco di prederlo, lui mi afferra per la mano e cerca di abbracciarmi, tirandomi a sè e carezzandomi i capelli.
Avevo solo sette anni, la mia innocenza era integra quanto la purezza dei miei pensieri, nessuno mai mi aveva messo in guardia verso le morbose attenzioni di chiccessia... ero cresciuta nella più totale fiducia nel prossimo... e allora perchè quel gesto mi disgustò e mi ritrassi come di fronte al morso di un ragno?
Non sono mai riuscita a spiegarmela quella sensazione di pericolo che mi pervase all'improvviso, il mio istintivo sottrarmi alla presa e la subitanea insistente richiesta di tornare a casa.
Rammento ancora nome e cognome di quell'uomo, che probabilmente oggi non sarà più in vita, la simpatia che mi aveva sempre suscitato, fino a quel giorno... a quei tempi non si sentiva mai parlare di pedofilia, eppure certamente già esisteva, nei meandri della mente di molti uomini.
Non ne ho mai fatto parola ad alcuno, nemmeno in seguito, non avrei saputo cosa dire..come spiegare quella paura silenziosa che mi afferrò la gola, a soli sette anni...sicuramente nessuno mi avrebbe presa sul serio e in fondo, all'epoca, non avevo ben chiaro neanch'io a quale oscura minaccia ero scampata.
Ma non "lui". Lui aveva capito che io... avevo capito.
Che cosa io avessi capito non lo so... ma oggi credo che l'innocenza dei bimbi abbia il sesto senso degli angeli.
Per fortuna, o forse per un repentino riacquisto del senno, si fermò in tempo, quando si rese conto del mio tagliente sguardo di condanna. Mi fece immediatamente salire in auto e tornammo a casa.
Ma da quella volta non venne più a trovarci e mio padre ogni tanto si domandava il motivo del suo declinare gli inviti, che prima venivano accettati con entusiasmo.