Ero felice.
Finalmente il mio primo incarico ufficiale. Avevo una paura del diavolo. Sapevo perfettamente che sarebbe stato un banco di prova, ma non avevo alternative. Dovevo farlo. Per arrivare a quel traguardo mi ero impegnato davvero tanto. Anni e anni di corsi, studi ed esami. Avevo conseguito il diploma di "Assaggiatore di vini" ma, non contento, acquisii anche la qualifica di "Sommelier", convinto del fatto che, per giudicare un vino, occorresse sapere l'abbinamento con il cibo.
Ero soddisfatto, ma fui ancora più orgoglioso quando il direttore della famosissima rivista "Vini d'Italia", sentendo parlare di me, mi chiamò per un colloquio, promettendo l'assunzione dopo un triennio di tirocinio.
La prova stava per finire e la redazione mi affidò un compito speciale del quale io sarei stato l'unico e diretto responsabile. Avrei dovuto partecipare alla presentazione del vino Novello del Conte Bernardo di Vallepura. L'evento aveva una risonanza enorme visto che l'azienda vinicola del Conte esportava in tutto il mondo. L'esordio del "prezioso" liquido sarebbe avvenuto durante la celeberrima "Festa in maschera d'autunno", organizzata per il 6 novembre (giorno di prima immissione al consumo del prodotto) in un casolare in Toscana, dove tutti i partecipanti, vestiti obbligatoriamente da contadini toscani di fine '800 (mai saputa la differenza con quelli del '900), avrebbero avuto l'opportunità di assaggiare, in anteprima mondiale, il Novello. Pur potendosi definire un evento mondano, il Conte desiderò che l'attenzione fosse rivolta solo al vino e non agli invitati per cui, dopo la conferma della presenza, ai partecipanti venne spedita una mascherina da indossare per tutta la durata della festa.
Non conoscevo gente famosa e l'utilizzo di quei costumi da carnevale contadinesco mi avrebbe impedito di individuare quelle celebrità che spesso si ammiravano nei giornali o in televisione. La produzione del Novello era in costante ascesa e il Conte aveva intuito la rilevanza di quella vasta e redditizia fetta di mercato.
Ricordo ancora il momento in cui il capo redattore mi chiamò nel suo ufficio:
"Avrai capito l'importanza di questo incarico. Voglio da te un giudizio obiettivo e sincero. Il tirocinio sta terminando. Sei andato molto bene e senza dubbio possiedi tutte le qualifiche necessarie. Non devi farti intimorire dal personaggio famoso e da nessun altro. Se il vino è buono, meglio per tutti, ma se non ti convince, devi raccontarci il perché. La redazione valuterà il tuo lavoro e se la maggioranza lo troverà idoneo, verrà pubblicato".
"Farò del mio meglio" risposi "Come lei sa, il Novello è sempre stato al centro dei miei studi, per cui cercherò di fare un buon lavoro".
Nonostante fossi convinto di quello che avevo affermato, sentii svilupparsi un fuoco dentro di me come segno di una crescente agitazione per il nuovo compito. Impiegai le notti precedenti all'evento per un ripasso della materia: - processo di macerazione carbonica;
- intensità del colore;
- aroma primario;
- residuo zuccherino;
- titolo alcolometrico volumico; e mi ritornò in mente quello che consideravo il migliore nettare degli Dei ed esattamente il francese "Beaujolais Nouveau".
Dopo tanto pensare, arrivò il 6 novembre e la festa ebbe inizio.
Con la maschera in viso, vestito da buffo contadino e a disagio come pochi, entrai nella zona della baldoria in quello splendido casolare disperso nelle colline toscane. La strada per arrivarci era fantastica.
Quell'anno l'estate fu lunga e la vegetazione novembrina aveva creato un ambiente naturale le cui macchie gialle, marroni e verdi si sposavano in un connubio talmente perfetto da sembrare un immenso quadro impressionista. L'aria era profumata, la temperatura ancora mite e quel rossastro cielo serale accolse le ombre della notte con una brezza leggera che solleticava il viso e faceva chiudere gli occhi. Per un attimo mi immaginai nel perduto paradiso terrestre e mi sarei goduto quel tiepido momento di pace e bellezza, se non avessi avuto la mente stritolata dalla tensione per ciò che dovevo fare.
Il salone delle feste era bellissimo. Gli arredi avevano le stesse tonalità della campagna circostante. Vi erano immense tavolate piene di dolci e uva da non sembrare reali. Ancora ricordo il profumo delle crostate alla mela, pera e frutti di bosco. Le castagne cotte con l'alloro e il famoso "Castagnaccio" che tanto ricordava quello di mia nonna. Dall'altra parte, invece, vi era il reparto salato con tartine ai funghi porcini, tartufo bianco e nero, il tutto attorniato da formaggi di fossa, pecorino, noci, arachidi, olive e salumi in quantità industriali.
Degna cornice di tutto questo ben di Dio era la musica classica che rallegrava l'aria, mettendo di buon umore. Guest star della serata non poteva che essere il buon Vivaldi con le sue sinfonie dedicate al tempo e alla natura.
Quanto mi piaceva la stagione autunnale (per carità mi piace anche adesso, ma nel periodo post festa preferii le altre tre), con i suoi inconfondibili sapori e profumi e guardando gli ospiti mi dissi che non ero l'unico a pensarla in questo modo, visto che il cibo veniva letteralmente divorato. Dopo tutto questo, in fondo alla sala c'era lui, il famoso "Novello", pronto per la degustazione.
"Le piace la festa?". A quelle parole mi voltai e vidi quella che mi apparì la più bella "contadina toscana di fine '800″, nonostante la mascherina.
"Direi proprio di si. Mi sembra tutto perfetto", risposi con quel filo di voce che a stento mi uscì dalla bocca aperta per la meraviglia.
"Amico o ospite del Conte?". Non capendo bene la differenza risposi ospite, visto che amico proprio non lo ero. Poi capii che gli ospiti erano i giornalisti, i critici e tutti coloro che avrebbero "aiutato" le vendite del Novello. In fondo eravamo lì per quel motivo.
"È la prima volta che partecipa alle feste?", mi chiese con quella bella voce calda e melodiosa che avrebbe scongelato un iceberg.
"Si. Perché ci sono state altre feste in passato?".
"Ma certo. Consideri che per ogni vino viene organizzato un evento tipo questo. Tutte le pietanze che vede sui tavoli sono state cucinate e preparate da cuochi molto bravi e sono delle vere prelibatezze. Però ricordi che è una festa per il vino e non si faccia confondere. La saluto e buon divertimento".
Se ne andò, lasciandomi perplesso per il consiglio e drammaticamente confuso per la sua bellissima presenza. Mi fermai nel punto di assaggio e, come mi aveva insegnato il professore, non solo non mangiai nulla, ma "lavai" la bocca con un bicchiere di acqua naturale prima di degustare quello che sarebbe diventato uno dei vini più famosi al mondo. Presi il calice con dentro il nuovo nettare di Bacco e avviai, dentro di me, i processi valutativi. Ruotai lentamente il bicchiere su se stesso così da creare un imbuto per far sprigionare le sostanze odorose. Poi avvicinai il bicchiere al naso e, dopo averlo intensamente annusato, feci defluire il liquido sulla lingua indirizzandolo anche ai bordi.
Successivamente, abbassando leggermente la testa, feci scorrere il vino su altre zone, in maniera tale da interessare tutte le papille gustative e poter valutare l'evoluzione del sapore. A questo punto feci entrare un po' di aria nel cavo orale con alcune aspirazioni a bocca appena aperta e labbra spinte in fuori, al fine di ottenere una certa frammentazione del liquido, aumentando così la superficie della stessa bocca e provocandomi una sorta di distillazione delle sostanze odorose volatili. Alla fine deglutii esattamente nel lasso di tempo che il maestro mi aveva consigliato ripetutamente, fermando il cronometro che usavo per svolgere, al meglio, il mio lavoro. I famosi tre stadi (analisi visiva, olfattiva e gustativa) vennero superati con un giudizio che sposava l'eccellenza.
Dopo aver osservato un paio di minuti di riposo, ne bevvi un secondo sorso percependo nuovamente il sapore fruttato, asciutto, abboccato, tannico e dolce nelle giuste proporzioni, esattamente come doveva essere un buon rosso Novello. Ero contento. Mi piaceva, lo trovai anche vivace, caratteristica assai gradita al mercato americano.
Stavo per appoggiare il bicchiere per dirigermi nella zona delle squisitezze gastronomiche quando un dubbio mi occupò la mente: "Come mai la sensazione di durezza e acidità nella zona anteriore della lingua e in quella sublinguale persisteva così a lungo?".
Ero d'accordo sul fatto che in un vino giovane la componente acida doveva leggermente prevalere sulla più delicata morbidezza ma, in tutta onestà, mi sembrò eccessiva. Tornai a casa, ci pensai tutta notte e, il pomeriggio successivo, presentai in redazione la mia recensione. In definitiva il Novello del Conte Bernardo di Vallepura non mi convinceva. A mio avviso aveva un difetto.
"Tu sei consapevole che questo articolo scatenerà l'ira del Conte e di tutti coloro che hanno investito sul Novello?", mi disse il capo guardandomi con occhi duri e dubbiosi.
"Ne sono consapevole, ma non me la sento di scrivere diversamente. Non mi ha convinto e mi assumo tutte le responsabilità del caso".
"E sia, in serata mando il tuo articolo in stampa. Spero che il tuo ombrello sia bello forte, perché pioveranno critiche da ogni parte".
La profezia si avverò. Arrivarono proteste a non finire tanto che alcuni amministratori della società del Conte chiesero la mia sospensione dal servizio per manifestata incapacità critica.
"Ti stiamo difendendo con tutte le forze che abbiamo. Non credevo che la vicenda prendesse una piega del genere, ma è colpa mia. Non sono stato abbastanza lungimirante. Il nostro C. D.A. si è spaccato da quando il Presidente ha acquistato delle azioni della società del Conte", mi disse il capo in una non proprio bella mattina di fine novembre. "Purtroppo ti devo sospendere dal servizio finché le acque non si saranno calmate ma conta su di me, cercherò di sistemare tutto".
Me ne andai a casa depresso e schifato per come le cose andavano in questo mondo. Mi stavo consolando con un fresco bianco, leggermente frizzante (decisi di sospendere i rossi per qualche tempo) pensando alla festa del Conte fino a quando, come un raggio di sole che squarciava le nuvole, mi arrivò un pensiero:
"Come mai il Conte aveva deciso di relegare l'assaggio del Novello in uno spazio in fondo al salone? Perché la bellissima contadina mi disse di non confondermi?".
Il giorno dopo corsi dal capo pronto a esporre il pensiero che avevo maturato nella serata precedente.
Entrai precipitosamente nel suo ufficio e senza saluti mi disse:
"Siediti e prima di qualsiasi cosa leggi con attenzione questo articolo" e mi porse il nuovo numero della famosa rivista a livello mondiale "Wine in the world". In pratica l'autrice dello scritto, una certa Emma Sullin, manifestò le mie stesse considerazioni chiudendo la recensione con l'affermazione che la festa era stata un'abile operazione di marketing per far in modo che venisse dato al vino la massima visibilità, "confondendo" però i partecipanti affinché non si accorgessero di un quasi impercettibile ma presente difetto del Novello.
Allora spiegai al capo che il salone della festa era stato volutamente organizzato in modo che qualsiasi invitato arrivasse all'assaggio del vino con il palato "contaminato" dal forte sapore dei cibi a disposizione. L'alterazione delle papille gustative dovuta ad alcuni particolari e intensi sapori avrebbe causato la non percezione dell'eccessiva acidità del vino (dovevo assolutamente ringraziare qualcuno). Tanta era la foga del mio discorso che non mi resi conto di avere davanti a me un collega (e capo) che sapeva benissimo ciò che stavo dicendo, senza dover dare delle spiegazioni ulteriori. Venni riammesso immediatamente al lavoro e omaggiato con un consistente premio in denaro per il disagio che mi era stato procurato.
Quella sera telefonai al professore del corso per invitarlo ad assaporare una bottiglia di Beaujolais Nouveau in ricordo dei vecchi tempi (che poi all'epoca tanto vecchi non erano) e per festeggiare la mia conferma lavorativa. Anche adesso tengo sempre in casa una bottiglia di buon Novello da offrire ai miei amici o da gustare nelle serate storte, quando non trovo la giusta ispirazione per una recensione. Chi ha detto che il vino annebbia la mente?