Più peregrino lungo l'estenuante ricerca del "mio nulla" e più riesco a carpire un concetto fondamentale:
uno può scegliere di vivere la vita un po' come pare a lui. Uno può decidere di vivere ponendosi mille domande oppure l'altro di farlo inventandosi mille risposte. Non credo ci sia un metro di giudizio oggettivo riguardo a queste due posizioni discostanti; entrambe, infatti, vengono contestualizzate entro un panorama che non può che risultare, alfine, "umanamente ignoto".
Nel primo caso, quello dell'uomo che decide di condurre un'esistenza problematica, è evidente che il suo flusso vitale non risulterà parallelo al dispiegarsi del tempo fluido e costante. Il suo incedere lungo il tortuoso percorso verso la morte sarà, bensì, frammentato da bìvi, da vicoli ciechi, da trappole e da labirinti. L'Uomo Problematico non può e non potrà mai porsi un traguardo definitivo nella sua cavalcata lungo la via a lui destinata. Ciò implicherà un continuo fermarsi per poi decidere se proseguire in una direzione oppure nell'altra, oppure addirittura se retrocedere. Il nostro "eroe perdente" è destinato a raggomitolarsi nell'ingarbuglio della sua stessa essenza, che tanto somiglia al groviglio del suo estenuante percorso… il suo labirinto emozionale e sensoriale altro non è se non il riflesso della strada che deve seguire. Egli vagherà senza meta e senza certezze, il vero suo obbiettivo sarà la "dimenticanza", perché solo allora riuscirà a sentirsi per davvero "arrivato" e parte della moltitudine metamorfica dell'eterno mutamento dell'essere e, quindi, dell'esser- ci. Eccolo, esattamente qui si cela quel preciso momento, entro il quale nel dispiegarsi della sua esistenza egli si rende conto di non riuscire più a ricordare il punto da cui è partito e può, quindi, accettare la situazione d'eterno vagabondo perso nell'onnisciente galassia molecolare che lo caratterizza. La sua non è una corsa e nemmeno una caccia al tesoro, la sua mente è libera, aperta, e pronta per essere messa in discussione. Le indicazioni ed i segnali che costellano la sua via non sono necessariamente d'aiuto per questo "eroe perdente", ma la riflessione che scaturisce da e su di essi sarà l'ennesimo labirinto del suo problematico incedere. L'essenza del vivere problematico è il vivere stesso, l'assenza di traguardi e di caselli di partenza il suo incedere, il vagare senza giudicare l'unica indissolubile verità. Quando alle domande risponde con domande egli riconosce la linfa vitale del carattere reale d'un vivere nell'ignoto.
Nel secondo caso, quello dell'uomo che decide di seguire un percorso fatto di mille risposte ipotizzate, vediamo un uomo che si presenta come un "Vero Uomo". Deciso ed imperturbabile, egli ha "capito tutto della vita" e la sua strada è già tracciata e il suo traguardo è lì, palese, pronto per essere raggiunto. Quest'"eroe vincente" segue alla lettera le indicazioni lungo la via, non esiste per lui il voltarsi indietro, l'unico percorso necessario è quello del costante progresso. Egli è un "carro armato vivente", niente e nessuno può ostacolare il suo incedere, per lui la vita è come un'espressione matematica che deve essere sintetizzata e risolta. Il tempo è d'oro, il corpo è tempio, le decisioni per lui più non si ragionano, perché sono già state prese! Chi si ferma è perduto! La competizione e l'ambizione sono il carburante di quest'essere magnifico, di questo dio fatto di roccia pura, dura e (quasi) indistruttibile. Quasi, già, quasi indistruttibile perché lo scorrere del vento del tempo è tiranno e l'erosione che lentamente corrode questo magnifico "eroe vincente" lo destina a ritornare inesorabilmente ad essere sabbia.
Chi dei due, in virtù delle proprie scelte e delle proprie fortune, può considerarsi un uomo che ha vissuto appieno la propria esistenza?
La risposta è imprecisa ed ambigua: ENTRAMBI e NESSUNO.
Già, perché la vita è quella cosa di cui tutti parlano, per cui tutti nascono e per cui tutti sono destinati a morire (?).
Eccola la vita: a tutti fa parlare di sé, ma a nessuno realmente parla!