Dopo tre cicli di chemio, a fine Luglio fece il primo trapianto di midollo autologo, lo misero in una stanza sterile, potevo entrare solo io con un camice bianco sterile e la mascherina, rimasi giorno e notte con lui, uscivo solo per prendere una boccata d'aria e piangere in silenzio lontano dagli occhi della gente e soprattutto da Paolo, le ore non passavano mai, lo aiutavo anche ad andare in bagno.
Soffriva tutta quella solitudine, doversene stare a letto indebolito dal trattamento, non vedeva l'ora che tutto finisse per poter tornare a casa, dai suoi amici, dalla sua Debora. Non faceva che parlarmi di lei, di quando sarebbe tornato a casa per stare con lei... voleva andare al mare...
Il mio cuore è lacerato, a brandelli, mi sento soffocare da tanto dolore, quello che fa più male è che ci sentiamo impotenti, come posso aiutarlo, dargli conforto se non posso dargli quello che più conta ora... la salute!
Poter vivere ancora spensierato, felice senza problemi.
A fine Agosto fece il secondo trapianto, e finalmente il giorno di Santa Maria, festa patronale del paese, tornammo a casa.
Lui con tanta forza, la sera stessa malgrado fosse stanco dal trattamento e dal viaggio volle andare alla festa, io ero preoccupata perché le sue difese erano ancora molto basse, ma come potevo dirgli di no?
come facevo a dirgli che doveva stare a casa ancora per potersi riprendere, lui con i suoi 19 anni, con tanta voglia di vivere... voleva prendersi dalla vita tutto ciò che poteva finche la vita stessa glielo avesse permesso.
Si divertì molto malgrado la stanchezza che accusava, e quando tornò a casa si addormento di colpo.
Sembrava stesse riprendendosi dal trapianto, ma iniziò ad avere problemi ai polmoni, si prese un pneumotorace, respirava a fatica, per pochi giorni venne ricoverato nel reparto di pneumologia a Sassari, io stavo sempre con lui, gli diedero una stanza singola dove anche io potevo dormire accanto al suo letto, lui molto triste mi diceva... ma perché succede tutto a me?
Paolo e Debora
Ma, mi raccomando, deve venire Debora a trovarmi, quando arriva tu rimani fuori, se viene qualcuno a trovarmi tu non farli entrare, lei è timida e si vergogna, ma io capivo tu volevi stare da solo con lei, volevi averla tutta per te, i tuoi occhi si illuminavano quando la vedevi, non facevi che parlarmi di lei; ti aiutavo a lavarti, profumarti...
Non dimenticherò mai quel giorno, lei doveva arrivare, eri già tutto bello in attesa ma ti agitasti e vomitasti dappertutto, mi guardasti con occhi tristi, non volevi lei ti trovasse così, io ti dissi... non preoccuparti, e di corsa chiamai le infermiere per darmi una mano e in pochi minuti la tua stanza fu di nuovo in ordine e profumata, e quando lei arrivò ti si illuminò il viso, mi guardavi grato per essere riuscita in così poco tempo a rendere la stanza tutta in ordine, volevi fosse tutto perfetto, lei sedeva accanto al tuo letto, ti teneva le mani.
Tu la adoravi, non facevi che parlarmi di lei, dei tuoi sogni, di quando saresti stato bene di salute, volevi portarla al mare, eri orgoglioso di lei, eri innamorato
Arrivammo a dicembre tra alti e bassi, Le giornate erano fredde, le vie tutte luccicanti iniziavano a vestirsi a festa, si respirava aria natalizia, lui adorava le feste e soprattutto il Natale, una sera si recò a Sassari insieme a Debora per comprare i regali di natale, avevo premura perché non riusciva a stare molto in piedi, non sapevo se Debora aveva capito quanto Paolo fosse peggiorato di salute in quel periodo, mi assicurò che se si fosse stancato sarebbe entrato in un bar per riposarsi, voleva andare a tutti i costi...
Tornò a casa stanchissimo ma contento di essere stato in giro nei negozi con la ragazza, anche se dovevano entrare spesso in qualche bar per potersi riposare, presero parecchi regali comunque.
Per la notte di fine anno decise di andare con gli amici e Debora in un ristorante nel paese, stava sempre a organizzare, lo vedevo allegro, quasi a voler cancellare la malattia dalla sua mente.
Eravamo già a fine Gennaio, Paolo non voleva più mangiare, lo vedevo sempre più affaticato, dimagriva a vista d'occhio, era arrivato a pesare 55 kg essendo alto 1'81... era molto esile e fragile malgrado tutto si sforzava di mangiare ma puntualmente vomitava tutto ciò che riusciva a mandar giù.
Era il giorno di San Valentino, la festa degli innamorati...
Erano giorni che ci pensavi, volevi portarla in giro come tutti i ragazzi, ma stavi male e non potevi,
pensavi che per il giorno ti saresti rimesso... e invece stavi ancora a letto malgrado i tuoi sforzi non avevi nessun miglioramento.
Eri molto deluso eppure decidesti di chiedere a tua zia di comprare dei fiori e farglieli consegnare,
ricordo ancora mi dicesti
Ma... lo sai mi ha detto:
Il mio bel principe non può venire e mi manda i fiori al castello...
mi scesero le lacrime...
Chissà se quei fiori lei...
ancora li conserva!
Paolo ad un certo punto rifiuta il cibo, non si alza più dal letto, respira a fatica e decidiamo di ricoverarlo nel reparto di pneumologia dell'ospedale di Sassari.
Il pneumotorace era peggiorato, il suo polmone era come un palloncino bucato, gli misero l'ossigeno, i suoi polmoni non volevano saperne di guarire.
Dopo vari giorni di ricovero d'accordo coi medici di Sassari contattammo ancora il Reparto oncologico di Milano, ci consigliarono di portarlo di nuovo su, ma Paolo non poteva affrontare un nuovo viaggio in aereo, allora si decise di accompagnarlo con un aereo dell'aeronautica militare assistito. l professor Pirina prese molto a cuore la situazione di Paolo, e con molta professionalità si interessò a far si ché Paolo fosse trasportato al più presto nel reparto di Milano.
Fummo accompagnati dalla zia Pietrina e dall'anestesista Peppinello.
Paolo era contento di andare a Milano, sperava che li lo avrebbero rimesso di nuovo in forma, sperava di riprendersi la sua vita, mi diceva:
Ma, vedrai che a Milano mi mettono subito apposto e in pochi giorni rientriamo subito a casa.
Voleva accompagnarlo anche Debora, io non avevo problemi a portarla con noi, ma poi all'ultimo momento decise di aspettarlo a casa, si pensava di rientrare al più presto e lei doveva frequentare la scuola.
La mattina l'ambulanza ci accompagnò all'aeroporto militare, il viaggio fu molto duro, anche se viaggiavano piano ogni scossone gli provocava dolore, era come un vaso fragilissimo che si poteva rompere da un momento all'altro. Arrivammo a Milano,
indimenticabile quel viaggio, lui mi guardava e mi diceva... ma devo riprendermi subito perché c'è la cresima il 1 Maggio e non posso mancare e poi devo andare al concerto di Vasco Rossi a Cagliari, non preoccuparti dicevo io, per quella data saremo a casa e starai bene.
Ma la notte stessa stette male, stavo impazzendo dalla disperazione, pensavo fosse arrivata la sua fine, ma i medici riuscirono ancora una volta a farlo riprendere.
Il giorno seguente gli fecero la risonanza, e quando la dottoressa mi chiamò per dirci l'esito, scesero le lacrime anche a lei, mi disse le parole che mai avrei voluto sentire,
signora per Paolo non c'è più niente da fare mi dispiace moltissimo.
Gli dissi che era tutto apposto e che presto saremo tornati a casa... già a casa!
Lui senza mai protestare si sottoponeva a tutti gli accertamenti, aveva dolori fortissimi,
neanche la morfina riusciva ad alleviare la sua sofferenza e malgrado ciò resisteva perché non voleva che gliela somministrassero, diceva lo confondeva e lui voleva rimanere lucido con la mente.
Stava sempre col cellulare fra le mani, io pensavo che mandasse messaggi come sempre, ma un giorno mi arrivò un messaggio di Debora che mi chiedeva come mai Paolo non le rispondeva, le mentii, non volevo sapesse che stava molto male, e le risposi che Paolo non poteva perché le terapie lo facevano dormire molto.
Dovevo riportare Paolo a casa, non me lo sarei mai perdonato se Paolo fosse morto fuori, ma c'era in mezzo la festa del 1 Maggio e fu un'impresa molto complicata poter attivare ancora una volta (sopratutto in agenzia) un trasporto assistito in un aereo di linea.
In reparto la caposala mi diede il suo appoggio, dal paese salirono ancora una volta l'anestesista e la zia per accompagnarci.
Paolo voleva tornare a casa a salutare amici e parenti prima del suo ultimo viaggio.
Non mi perdonerò mai di non aver informato Debora del nostro rientro a casa, lei ci pensava ancora a Milano.
Paolo non voleva farsi vedere da lei in quelle condizioni, ormai non riusciva più neanche a respirare senza l'ossigeno, eppure io non mi resi conto che stava andando via, o forse in cuor mio speravo ancora in un miracolo.
Continuavo a convincermi che non poteva lasciarmi, non era giusto anche se non sopportarlo di vederlo così sofferente, mi dicevo che forse la morte per lui sarebbe stata una liberazione.
Lui stava immobile nel letto, non riusciva più neanche a muoversi eppure sorrideva a tutti, non si lamentava mai.
Sorrideva e scherzava coi cugini e gli amici che erano venuti a trovarlo, e dopo un po' che erano andati via sorridendo chiuse per sempre gli occhi alla vita.
Quella vita che lo aveva fatto soffrire e sperare, quella vita che lo aveva ferito troppe volte, eppure non aveva mai cessato di sorridere sempre neanche nella sofferenza.
Quella notte io vivevo fuori della realtà, lo vedevo così sereno, il sorriso sulle labbra, gli occhi socchiusi come se stesse dormendo... il suo viso pallido, prendo la sua mano, è ancora calda quasi a volermi trasmettere il suo calore, il suo amore.
Io rimango impassibile, ma le lacrime scendono incontrollabili in silenzio, i miei occhi non si asciugheranno mai, il mio cuore avrà sempre la ferita aperta.
Quel messaggio tremendo...
Ti alzi dal letto,
ti prepari...
sei pronta per uscire
e pensi a lui lontano,
accendi il cellulare...
e quel messaggio tremendo
che ti danza davanti agli occhi,
lo leggi... lo rileggi,
ti manca l'aria,
pallida, barcolli...
e pensi a uno scherzo crudele,
neanche una lacrima dai tuoi occhi
neanche una parola dalla tua bocca
lui è andato via per sempre
e tu che avevi tante cose da dirgli
ora che farai?
Sola... rimani impassibile
e con lui
muori un po' anche tu.
E' una spina nel cuore, una ferita sempre aperta, che il tempo mai potrà rimarginare, e la gioia, la serenità, la felicità...è un lontano ricordo, io posso ancora ridere, posso ancora scherzare, posso apparire agli occhi della gente serena, ma il mio cuore soltanto sa che sanguinerà per sempre! E non ci sarà niente al mondo che potrà cambiare il destino di una madre che ha perso il proprio figlio! E credimi le feste per noi mamme con questo dolore sono come un pugno nello stomaco, e la fede molte di noi la perdono, mentre molte si avvicinano... io ho visto troppo dolore intorno a me, ho visto la sofferenza di mio figlio impotente, e mi dispiace dirlo per chi crede ancora in qualcuno...(Dio?) io non credo più!
Dov'eri?
Dov'eri quando ti cercavo
nelle mie strade affollate,
dov'eri
quando ti cercavo nel mio deserto,
dov'eri
quando ti cercavo in ogni sguardo
e in ogni sorriso,
dov'eri ...
dov'eri quando ero sola
e piangevo,
dov'eri
quando ero allegra e ridevo,
dov'eri quando
avevo bisogno di te,
dov'eri
quando bussavo alla tua porta,
dov'eri... dov'eri!!!
Neve a Ossi.
Stamattina mi sono svegliata, Ossi era tutta imbiancata, immacolata... ho gioito a metà.
I miei piedi hanno calpestato la neve soffice come piuma, e come sempre ogni cosa mi riporta indietro...
E ricordo quel mattino di fine Gennaio del 2005, quando ti alzasti dal letto e i tuoi occhi videro dalla finestra
quella neve candida, un sorriso affiorò alle tue labbra.
Hai indossato un pesante giubbotto, la sciarpa e i guanti e malgrado facevi fatica a camminare sei voluto uscire,
volevi calpestare quella neve candida e soffice, e appoggiato ad una macchina guardavi gli altri che giocavano a palle di neve... forse avresti voluto esserci anche tu in mezzo a loro, ma non potevi... era troppo per te, a malapena ti reggevi in piedi... e piano ti sei incamminato seguendo gli altri, volevi anche tu fare un giro... ma quanta fatica!!!
Io ti guardavo dalla finestra, mi faceva male il cuore ma ti sorridevo come sempre, di nascosto ti feci anche una foto...
Fu l'ultima neve per te...
Ma quel ricordo è fermo nella mia memoria come fosse oggi...
Fermati un momento... siediti e chiudi gli occhi, il vento leggero ti sfiora la pelle, ti scompiglia i capelli, è la mia carezza... ascolta in silenzio, senti? Il vento fruscia, è la mia voce che ti parla, che ti dice che non sei sola, lasciati trasportare, lasciati cullare dolcemente come un fuscello, abbandona i tuoi pensieri per un istante, apri la porta alla vita, vivi... è questo che io voglio.