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Tittina ‘ a cafona era una donna prosperosa e piena di sè, ricca di quel gonfiamento dell’ anima che non lasciava spazio della fragilità umata. Matrona e pizzaiola del vicolo Lepre ai Ventagleri, sezione Avvocata. Ogni mattina alle cinque in punto, ne un minuto prima, ne dopo, si alzava dal letto reso caldo delle lenzuola di lino e dal calore che il suo corpo massiccio emanava nelle ore notturne. Era chiatta!
Alle prime luci dell’ alba, che piano, lentamente spuntavano regalando luce al vicolo buio, la matrona si svegliava alle cinque del mattino vogliosa di impastare la pasta per fare le pizze tante attese dalla gente. La prima azione della sua mente era quella di pettinarsi i lunghi capelli di colore nero inchiostro, ci teneva molto alla chioma lunga che gli calava come una tenda merlettata sopra alle spalle larghe. Erano ricci ondulati i rami della chioma; Spesso, per quest’ operazione Tittina chiamava donna Francesca: ‘ A capera> per farseli pettinare a dovere. Quasi ogni giorno all’ ora della pausa pomeridiana si sedeva fuori al basso, e come da rito, consietudine, raccontando i fatti delle persone del quartiere, le novità,le corna, i debiti di tutti, si faceva pettinare i lunghi capelli, ci teneva tanto ad apparire ordinata e bella la Tittina. Portava sempre degli orecchini alle orecchie, pendenti lunghi doro che luccicavano al sole, bracciali e collane di ogni genere mai mancavano sul suo corpo; Le sue labbra erano colorate dal fuoco rosso del rossetto americano, colorante che cacciava fuori dalla cassaforte dei suoi prosperosi seni in ogni momento.
Era una donna verace, come il granchi felloni sugli scogli di Mergellina che ad ogni alba si ritrovano a festeggiare il nuovo giorno. Alle sette del mattino, quando il primo sole, scialbo o ricco che fosse, spuntava, già nel vicolo si avvertiva l’ odore dell’ olio che friggeva nel grosso pentolone d, pronto di rame, per cuocere le pizze. Lei, era sveglia da tempo, a quell’ ora. Don Vicenzino il marito era gelosissimo di donna Tittina, infatti, litigavano ogni giorno per l’ oppressiva gelosia da parte di lui; Ora, per la scollatura troppo aperta, ora, per il rossetto americano, insomma, per futili motivi usciva sempre dal basso sbattendo la porta con una rabbia che gli si leggeva sul viso colorato di rosso. La matrona sorrideva e cantava quando vendeva le pizze al pomodoro fresco, i clienti gli erano affezionati. Si era inventato un modo inconsueto di farsi pubblicità, per vendere la famosa pizza fritta con dentro alla pancia, pomodoro, basilico e mozzarella di bufalo proveniente dalle terre fertile dal fiume Volturno. Tittina, gridava a squarciagola nel vicolo per vendere le pizze, accoglieva i clienti come una madre, a braccia aperte: < Venite cà, magnateve ‘ a pizza, si magna ‘ e nun se paga> gridava. Chiunque, poteva usufruire della famosa pizza di donna Tittina ‘ a cafona, senza pagare al momento nulla e avendo la possibilità di pagarla entro otto giorni successivi. In giro si diceva gran bene della pizzaiola, era affabile e generosa, donna dal cuore grande e dal sorriso sempre pronto stampato sulle labbra. Quando vedeva qualche ragazzino che prima di andare a scuola si soffermava vicino al basso per la curiosità, diceva: < Piccirillo … ti piace ‘ a pizza …> Regalava pizze per il gusto di vederle mangiare! Ecco, questo era anche un’ altra occasione di litigio con suo marito Vicenzino che gli rimproverava di essere troppo buona. Vicenzino era oppresso dalla gelosia più istintuale, l’ amava troppo, riconosceva il valore della propria donna e dell’ amore che provava per Lei. Tittina era rispettata da tutti, la matrona faceva mille mestieri. Organizzava gite con macchine decappottabili al famoso Santuario della Vergine Maria a Pompei, anticipava Lei il tutto, e poi, a poche lire al mese, ovviamente con interessi, si faceva restituire la somma intera in un anno. Vendeva anche castagne bollite, le famose pallottole di farina, vendeva noci svestite del guscio e della buccia, fichi d’ india freschi di stagione e altro, non c’ era un prodotto che non vendeva per fare soldi che investiva poi, su numeri decimali incolonnati di speranza. Unico neo di questa donna era quello che giocava spesso al Banco lotto. Aveva sempre pronta a portata di mano la smorfia rivestita di pelle con accanto matita e carta bianca per segnare numeri che i clienti gli suggerivano, o che assimilava nella sua mente dai vari episodi che gli accadevano. Episodi che la stessa, riteneva sacri e assistiti da spiriti indovini che gli consigliavano terni e quaterne: < Che bella la fantasia e la speranza di sfuggire al già scritto destino e alla miseria > Episodi che la matrona poneva l’ accento sulla la frase: < Chisti, so numeri da giocare sicuramente> Verace donna dalle mille facce, acrobatica matrona del vecchio impero romano… Figlia di incroci di razze predominanti sullo scenario della vita. Combattente della vita.
Donna Tittina, era una montagna rocciosa che brillavano al sole. Una mattina mi alzai dal tepore caldo del letto, non avvertii l’ odore aspro e profumato del friggere dell’ olio pronto per le pizze al pomodoro, rimasi deluso, quel profumo oramai mi apparteneva, era parte del mio naso. Mi vestii in fretta, uscii dal basso di casa velocemente, dimenticai persino di baciare con impeto mia madre, la gente nel vicolo camminavano incuranti del tutto, non avvertiva il non profumo della pizze, sembrava tutto normale. Nemmeno si chiedevano della mancanza delle grida della donna. Arrivai frettolosamente sul posto dove Tittina ‘ a cafona vendeva le pizze, un silenzio, un nulla avvolgeva ogni cosa. Vidi il marito piangere, provai un gran dolore vedere Vicenzino in quelle condizioni, disperato, pallido dall’ angoscia e dal dolore. Non ebbi la forza di chiedergli il perché di tale lacrime. Sapevo... Deluso andai a scuola.
Donna Tittina stanca ci ha lasciato
Come un mozzicone di candela rimasta senza cera, si spense all’ improvviso.
Il viso disteso di colore giallo oro,
i capelli neri ben pettinati.
Donna Tittina ‘ a cafona
nel basso del vicolo di Napoli,
stava distesa nel letto, non ascoltava.
Non gridava …
Fuori, rumori di clacson e di motorini,
fiori tanti,
corone profumate appoggiate vicino al muro.
Non sentiva l’ odore e nemmeno la morte.
Stanca, come lo è la vita con il passare del tempo, senza lamento, senza battiti di mani e senza grida di spavento, se ne andò, partì dalla vita tra l’ odore di pizze fritte del giorno prima, pizze ripiene di pomodoro, basilico e mozzarella.
Povero Vicenzino...
Non si seppe più nulla di lui.
La matrona non gridò più.
Si portò via con se le voglie antiche e la miseria, la guerra, la fame e l’ allegria.
Si arrese ... improvvisamente.
Lo svolgersi della vita è come lo spiegarsi delle pergamene:
< Si svolgono i giorni, si svolgono le azioni e i pensieri, così anche le scritte nelle nostra mente non pubblicate.
Cadono giù,
giù dove non c’è appoggio.
Cadono le lettere,
la zeta della fine, e la A del principio,
poi le consonanti, e poi tutto il resto.
Non si sa dove trasportate dal nulla vadono,
un po, come la vita con il tempo.
Senza lamento,
senza battiti di mani e senza grida di spavento, donna Tittina se ne andò dalla vita tra l’ odore di pizze fritte ripiene di pomodoro, di basilico e mozzarella.
Povero Vicenzino, non si seppe nulla più di lui.
Don Gaetano ‘ o verdummaro, tanti anni dopo disse che era morto anche lui.
Di cosa ‘ e morto? di cosa, gli chiesero la gente: " Di mancanza rispose il vecchio don Gaetano!
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