E rieccoli di nuovo... nei momenti topici non mancano mai, sempre pronti a cambiar treno in corsa, quando il vecchio treno sbanda e il nuovo si offre foriero di ori e prebende.
E' un'italica abitudine così radicata e consueta che non scandalizza più nessuno; un minimo biasimo, solo per la forma, accompagnato da un sorrisetto quasi complice che ammira la "furbizia", invece di un sentimento che dovrebbe essere solo di "disgusto e negazione".
Poi non tutti i trasformisti sono uguali, quelli che deragliano a destra, alla Scilipoti, sono svillaneggiati, ridicolizzati, quelli che invece lo fanno a sinistra (sempre che la si voglia chiamare sinistra), alla De Pin, ricevono i governativi encomi, "costretti da doloroso travaglio interiore", "animati da amor patrio", ma per tutti sempre vale quello stesso sentimento di veniale furbizia.
A giustificazione di certi trasformismi si invoca spesso la "libertà di coscienza" del singolo parlamentare, il diritto al dissenso rispetto alla linea di partito e dittatoriale quel partito che demonizza quel diritto.
Ma, se così fosse, che senso avrebbe anche il concetto di partito?
Quando tanti, per fortuna o caso o vassallaggio, usando della piattaforma di un partito, vengono a trovarsi in un luogo dove, senza tale piattaforma, non ci sarebbero mai arrivati, che senso avrebbe questo se poi, in nome di una molto sospetta "libertà di coscienza", tutti questi potessero agire a loro discrezione, in completo spregio degli impegni essenziali che avevano liberamente accettato e firmato nell'atto di candidarsi?
Non avrebbe nessun senso e tanto sarebbe che non esistessero neppure i partiti e soltanto le candidature individuali, il che, fra le righe, non sarebbe forse neppure un male.
Chi, grazie ad un partito, arriva ad occupare una data posizione, per rigore di onestà, quando volesse dissociarsi da quello stesso partito, dovrebbe contemporaneamente anche dimettersi, perché gli verrebbe meno il diritto di rappresentare chi lo ha eletto per portare avanti le ragioni del partito da cui egli si dissocia.
Ma non è forse un caso se il fenomeno del trasformismo italico è così endemico, indifferente, considerato veniale fin quasi alla normalità e dove a sembrare estremista e riprovevole finisce per essere invece la "coerenza morale", il cercare di far corrispondere fino in fondo i fatti alle parole.
Forse perché tutto questo non è altro che la macro- rappresentazione di ciò che è normale ed endemico nei più generali comportamenti italici, dove, con le dovute proporzioni ed eccezioni, la consuetudine propone più o meno gli stessi clichet e l'imbroglio, piccolo o grande, alligna ovunque, ed i rapidi e radicali cambi di rotta soall'ordine del giorno e senza che questo susciti nessuna indignata ripulsa, ma sempre sia anzi osservato come pecca veniale, tale da rendere quasi simpatico e vincente.
Come dire che "ogni popolo ha i politici che si merita" e che sia ozioso lamentarsi delle conseguenze, senza contemporaneamente vedere se ciò di cui ci si lamenta non esista anche in noi stessi. | |