Era una limpida sera di fine ottobre, e nel bosco di Armònia ai piedi di una meravigliosa collina gli Elfi stavano preparando uno spettacolo musicale: avrebbero dato un concerto per salutare tutti gli abitanti di quel luogo, che presto si sarebbero dovuti preparare per l'autunno e poi per il lungo e freddo inverno.
Le fate si erano confezionate degli abiti bellissimi con tutte le foglie colorate di giallo e di rosso e avevano preparato collane con castagne e chicchi di melograni. Tra i capelli avevano appoggiato grappoli d'uva matura che incorniciavano i loro bellissimi volti. Quelle che avevano i capelli biondi avevano messo l'uva scura, quelle dai capelli neri, uva bianca e quelle dai capelli rossi, un po' bianca e un po' nera.
Tutti gli strumenti erano pronti e sui leggii gli Elfi avevano disposto gli spartiti. Il direttore d'orchestra dava ordini rivolgendosi ai musicisti: “Tu Elfo Filetto, prendi posto” e poi verso il pubblico: “ Mi raccomando, che il silenzio sia sovrano, durante l'esecuzione, oppure lascerò il palco ed interromperò la musica”. Poi rivolgendosi al violinista solista:
“Invece tu, Elfo Solista, mi raccomando non stonare”.
“Come tutti saprete eseguiremo L'Autunno di Vivaldi. E' un concerto in Fa maggiore per violino e clavicembalo. L'autore creò questa musica in onore del dio Bacco e della vendemmia”.
Poi rivolgendosi ad un musicista: “ Tu Elfo Imperfetto, non lasciarti trascinare troppo dalla musica che manifesta l'ebbrezza provocata dal vino. Conosco la tua esaltante passione.
Quando invece, eseguiremo il clima dei Dormienti ubriachi, che vivono un momento trasognato e sereno, dovremo essere molto dolci e un po' surreali. Quando invece giungeremo ai martellanti ritmi della caccia, la musica sarà forte e rumorosa”.
Alla parola “ caccia” gli uccelli in ascolto si misero a tremare dalla paura. Ma il maestro continuò: “Per l'apertura della caccia, manca ancora qualche mese, quindi voi avrete tutto il tempo per mettervi al sicuro”.
Ma ora - continuò – apriremo la serata con Fata Saffo che ci declamerà una sua composizione dedicata all'autunno. Ascoltiamo con l'attenzione che merita, anche questa poesia, perché la poesia è un'espressione dell'anima e merita molta attenzione per poterne comprendere il senso.
Fata Saffo entrò un po' titubante vestita di giallo oro con le ali che brillavano sotto la luce della luna, poi, fu il totale silenzio e lei si avvicinò al leggio dove aveva posato il foglio col testo della poesia, ed iniziò a declamare i versi con voce tremante.
Autunno
Su gialle foglie ti posi
pallido sole d'autunno,
un'atmosfera di vetro
ora mi gira intorno.
I campi sono deserti
il fieno è stato tagliato
tesse il ragno la tela
la falce giace sul prato.
Le rondini sono partite
sono volate lontano non
s'ode più il pigolio che
rallegrava il mio tempo.
Coi fili d'aria ho tessuto
coperte di chiare emozioni,
che di rugiada perlata
bagna gli ultimi tremuli fiori.
Quando finì di leggere, tutti gli animali approvarono con un bisbiglio di approvazione e volgendo gli sguardi verso la fata mostrarono il loro compiacimento.
Poi giunsero gli Elfi che avevano indossato per l'occasione gli abiti più belli e colorati che avessero, tutti sui toni del verde scuro con qualche sfumatura d'oro. Sui cappucci, dai caldi colori d'autunno, le fate avevano ricamato con fili d'oro delle decorazioni a foglia di quercia per fare omaggio al secolare albero che dominava dietro il palco approntato per l'occasione. Dentro il tronco dell'albero c'erano i ghiri che sarebbero andati in letargo dopo qualche mese.
I gufi, che solitamente stavano appollaiati sui rami, avrebbero fatto un'eccezione scendendo per fare parte del pubblico.
Le rondini si erano disposte una di fianco all'altra su un lungo ramo sporgente: avrebbero presto lasciato i loro nidi sotto le grondaie per emigrare, sarebbero partite per il lungo viaggio dopo qualche giorno e sarebbero volate verso un nuovo continente dove avrebbero trovato l'estate, per poi ritornare a ritrovare i loro nidi con la nuova primavera.
I fringuelli avevano preso posto tutti allineati dietro gli orchestrali perché facevano parte del coro. Le cinciallegre si erano posate dalla parte opposta e stavano affinando la voce col poco fiato rimasto, perché dopo aver cantato insistentemente tutti i giorni per mesi, ora erano quasi afone, ma ancora capaci di far sentire le loro intonazioni.
Stavano prendendo posto gli ultimi spettatori e tutti i musicisti pronti e impettiti erano con gli strumenti in mano immobili e silenziosi.
Il cielo luccicava di miliardi di stelle e anche una falce di luna, in una strana forma fatta a barchetta, guardava sorridente e sorniona i piccoli elfi e tutte le altre creature su quella terra alla quale la notte regalava la sua luce. Finalmente il maestro prese la bacchetta e salito su di un alto sgabello, voltò le spalle al pubblico ed iniziò a muoverla dando gli ordini per le intonazioni musicali.
La musica si levò nell'aria e si confuse con quella del leggero vento tra le foglie. Le corde dei violini sotto le abili mani dei folletti si tendevano e vibravano in una sinfonia che entrava nei cuori di tutti gli animali. Anche gli alberi intorno muovevano le loro foglie ed i rami ondeggiavano al ritmo che da lento diventava brioso.
Vi fu un breve intervallo e subito dopo la musica riprese con il coro che iniziò a cantare i versi dedicati alla vendemmia:
Sul ramo della quercia si erano appostati stormi di uccelli, sul prato davanti al palcoscenico rane e ranocchi che erano usciti dagli stagni e ora erano fermi uno di fianco all'altro, disciplinati, facendo un grande sforzo per non gracchiare e non disturbare l'evento.
Gli spettatori erano attenti all'ascolto della musica e quasi non fiatavano. Dal lato sinistro del prato, il gruppo dei gatti stava seduto sulle zampe di dietro in perfetto silenzio, come solo i gatti sanno fare. I cani stavano dal lato opposto anche loro seduti sulle zampe. I cani di piccola taglia erano stati fatti sedere davanti in modo che potessero avere una buona visuale. Nel centro si erano disposte le pecore che essendo creature più gentili, avrebbero fatto da scudo ad eventuali litigi tra questi animali.
C'erano le volpi e le lepri, si erano disposte sull'erba morbida del campo orgogliose delle loro bellissime code, e stavano proprio sotto gli orchestrali.
I gufi con l'aria vispa e gli occhi penetranti che essendo animali notturni erano i più svegli di tutti.
I fringuelli dalla voce armoniosa e le allodole muovevano i loro becchi come se volessero accompagnare la musica con la loro voce.
Tutti gli animaletti erano gioiosi e si stringevano uno vicino all'altro in segno di complicità ed amicizia, mormorando che il compositore di quella musica conosceva bene l'anima della natura, per aver composto quelle armonie che sembravano fondersi con le onde dei campi, col brio del mosto dentro le botti.
Il concerto si chiuse con il ritmo brioso e martellante della caccia.
Tutti gli spettatori si alzarono in piedi ed applaudirono a lungo gli orchestrali. Poi il direttore salutò tutti ricordando agli animali alcune regole per non cadere nelle trappole e tra le grinfie di cacciatori senza scrupoli, che avrebbero potuto far loro molto male.
Poi lentamente gli animali iniziarono ad allontanarsi e ritornare a gruppetti, chi nelle tane, chi nei nidi. Solo una famiglia di scoiattoli era rimasta ferma in mezzo al prato facendo cerchio attorno ad uno di loro che non riusciva ad alzarsi e camminare.
Un elfo musicante si accorse e posando in un angolo sull'erba morbida il suo strumento, si avvicinò chiedendo: “ Amici, avete qualche problema. Qualcuno forse sta male e non riesce a camminare?”
“Scoiattolo rosso non riesce a stare in piedi e dice che vuole stare qua. Stava male questa sera quando siamo usciti, ma lui è voluto venire lo stesso”.
Ha detto: “ Se devo morire voglio farlo con nelle orecchie il suono di quella musica, non posso perdermi il Concerto d'Autunno, voglio andarmene con la gioia nel cuore, così quando sarò fra gli angeli potrò dire di essere stato testimone di un evento bellissimo”.
La moglie e i figli dello scoiattolo però lo pregavano di alzarsi con le voci rotte dal pianto.
“Non puoi abbandonarci ora con l'inverno alle porte. Come farò da sola a crescere i piccoli”.
Diceva la bestiolina con tutta la tristezza nel cuore.
L'elfo Perfetto posò la sua mano sul capo dello scoiattolo e ve la tenne per un momento.
Intorno regnava il silenzio, ormai gli spettatori erano andati tutte nelle direzioni delle loro case. Sul prato erano rimasti soltanto loro.
Poi Elfo Musicante rivolgendosi alla femmina disse: “ Non muovetevi, torno subito, vado a cercare Elfo Perfetto lui avrà sicuramente una medicina che fa al caso vostro”.
E così dicendo si allontanò nel fitto del bosco. Passò un tempo che agli animali sembrò eterno, poi eccolo tornare con il suo amico Elfo Guaritore Perfetto, che nella mano stringeva una piccola valigetta. La aprì e prese dal fondo una piccola ampolla.
Poi sollevarono il capo dello scoiattolo e lo pregarono di aprire la bocca.
“Devi aprirla la bocca, non stringere i denti, come farò a versarti la medicina altrimenti?”
“Ma sarà sicuramente amara come il veleno”- disse lo scoiattolo.
A quella risposta l'elfo, prese con la mano la testa dello scoiattolo e aprì con forza la bocca poi disse alla moglie:
“Io tengo aperte le fauci, tu versagli il contenuto in bocca. Bada che non cada fuori, è un farmaco prezioso e dei fiori meravigliosi si sono sacrificati dandomi il loro nettare per fare questa medicina, non possiamo sprecarla”.
Finalmente riuscirono a fargli bere la medicina, che era amara ma davvero miracolosa.
Subito dopo, Elfo Perfetto si sedette prendendo in mano la zampa dello scoiattolo e dopo qualche minuto si accorse che la febbre stava scendendo e gli occhi del malato erano meno lucidi.
“Si sta riprendendo”- disse rivolgendosi alla sua famiglia.
“Tra qualche ora sarà in grado di fare qualche passo. Che non si stanchi troppo però. Dovrà stare nella tana per qualche giorno, poi potrà riprendere il lavoro della raccolta del cibo per l'inverno perché tra qualche mese voi andrete in letargo. Vedrai che in primavera sarà forte e pronto a ricominciare la nuova stagione. Siete stati fortunati a venire a questo concerto”.
Dopo qualche ora, lo scoiattolo provò ad alzarsi e, sebbene le zampe gli tremassero, fece qualche passo. Poi i suoi due figli più grandi se lo caricarono sulle spalle e si avviarono verso il tronco dove avevano scavato la loro casa.
Trascorsero alcuni giorni e lo scoiattolo era rimasto chiuso nella tana. La moglie andava a raccogliere le ghiande per lui e gliele cucinava. Lui si era reso conto che la medicina datagli dall'Elfo Guaritore era importante per la sua guarigione e si decise a prenderla regolarmente.
Fu così che un bel giorno, uscì dalla tana e sedette sul ramo più basso del suo albero e guardando nascere il sole, esclamò:
“Non mi ero mai accorto prima di quanto sia bella la vita”.
Poi salutò il sole, l'albero che li ospitava, le querce e gli abeti che gli davano il cibo, ma soprattutto salutò la natura tutta che gli aveva offerto di vivere quella meravigliosa avventura che è la vita.