Quant’è difficile oggi ascoltarsi.
Come si può prestare attenzione a ciò che si ha dentro se ci si lascia regolarmente distrarre dal fracasso esteriore?
Quanta paura ha il rumore del silenzio!
Oh, sì è così!
Il rumore è quel bullo prevaricatore che, nell’incapacità di attirare su di sé l’attenzione, sbraita e s’affanna ad imporsi forzatamente sul proprio interlocutore.
Con prepotenza vuole accaparrarsi quello che diversamente crede di non poter ottenere e nella convinzione che le orecchie siano fatte per sentire, e dunque per ricevere, s’accanisce a vomitare al loro interno un’assordante cacofonia.
Se solo risparmiasse le energie e si zittisse per un attimo, realizzerebbe che in realtà l’ascolto non passa dalle orecchie che sono anzi infastidite dalla sua arroganza e che per difendersi dal suo attacco ne hanno nel frattempo arginato l’invadenza ovattandosi.
Il suo errore sta nel confondere il bisogno di affermarsi con la voglia di essere ospitato ed accolto nell’altrui comprensione.
Se fossi rumore avrei una dannatissima paura del silenzio.
Dovrei fare i conti con voci che non conosco, voci che non ho mai sentito prima e delle quali potrei intimorirmi dato che l’unica alla quale sono abituato è la mia.
Potrei scoprire che quelle voci non provengono da fuori, ma che sono imparentate a quella parte di me che solitamente non può parlare perché soffocata a forza dal mio stesso volume.
Oddio, sarebbe come ammettere che non so chi sono, che non mi conosco!
Oh no, non sia mai!
Perché mai dovrei abbassare i miei toni? Che interesse ne avrei? Diminuire la mia portata significherebbe avvantaggiare il mio peggior nemico, dunque perché mai dovrei dargliela vinta?
Probabilmente se fossi il rumore considererei il silenzio tremendamente noioso e pertanto incapace di divertirsi e quindi di divertire.
Penserei che il silenzio, nel suo incomprensibile mutismo, potrebbe nascondere qualcosa di insidioso, qualcosa di terribile.
Penserei che, trattandosi del mio esatto opposto, avvicinarmi troppo a lui per me e significherebbe morire.
Se fossi rumore avrei una dannatissima paura del silenzio.
Quella stessa paura che assale il giorno al sopraggiungere della notte.
Una sorta di atavica reminiscenza legata all’esperienza della dissoluzione ed all’idea che con essa qualcosa che mi appartiene vada a scomparire.
Ecco che se fossi il rumore avrei tutto l’interesse a distogliere chi mi ospita dalla quiete perchè, nell'allontanarlo dal contrario di ciò che sono, tutelerei la mia stessa sopravvivenza.