Giuliano incontrò Georgia durante una manifestazione contro la prima guerra in Iraq, dove molti manifestanti esibivano dei cartelli che riportavano, a caratteri cubitali, l’ articolo 11 della Costituzione Italiana:
“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli!”
Il corteo marciava in silenzio nel centro storico della città: in prima fila sfilavano le “Donne in nero”, movimento pacifista antibellico, facendo sfoggio di un lungo striscione nero che inneggiava alla pace, davanti a un migliaio di manifestanti che sembravano spettri nel buio della notte, con le loro candele accese.
L'uomo portava a tracolla, come una collana, un cartello, dove la parola “ pace” era scritta in una decina di lingue.
Appena la scorse, tra i dimostranti silenziosi, il suo cuore cominciò a battere all’ impazzata: indossava una kefiah palestinese che faceva risaltare la sua silhouette esile e gracile, come un prezioso vaso cinese. I suoi occhi di un colore indefinibile riflettevano il tremolio di luci prodotti dalle torce e dalle candele.
Giuliano prese il coraggio a due mani e si avvicinò alla donna che sembrava uscita da un romanzo del novecento. Il suo profilo era come scolpito nella creta e le sue labbra carnose erano così intriganti da turbarlo profondamente.
“Sei palestinese?”, gli chiese Giuliano con una spudoratezza che mise a disagio la donna misteriosa.
Lei girò lentamente la testa e lo guardò dritto negli occhi.
“Siamo tutti palestinesi e irakeni !”, sentenziò la donna.
L’incontro con la donna misteriosa sembrava inesorabilmente compromesso quando accadde un imprevisto che avrebbe facilitato la loro conoscenza. Georgia spalancò la bocca per lo stupore e gli chiese:
“Ma tu non sei Giuliano il rosso?”
Giuliano rimane in silenzio cercando inutilmente di ricordarsi della donna così bella.
“Frequentavamo lo stesso corso di Storia del Cinema al DAMS a Bologna !”
Fu allora che, in un imprevisto flash- back, gli ritornò in mente quella persona che, durante le lezioni sul cinema, interveniva sempre a sproposito. Una volta arrivò a dire che la sua avversione per il cinema muto “era amputata al fatto che gli attori dell’ epoca recitavano da come cani, per cui l’ avvento del sonoro aveva valorizzato quelli più talentuosi”.
Fu durante una delle sue patetiche performance sulla settima arte che Giuliano la conobbe e le fece notare, durante l’ intervallo della proiezione del film “ Il monello”, che non era d’ accordo con lei e che il leggendario Charlot ne era la dimostrazione palese.
“Certo che mi ricordo di te! Come stai ?”
Georgia gli raccontò che era sposata con un imprenditore che si recava all’ estero per lavoro, che aveva due figli e che era stata per cinque anni assessore alla cultura del paesello dove abitava.
Dopo la manifestazione pacifista, i due giovani andarono a bere una birra insieme in una rinomata birreria del centro e, dopo aver chiacchierato per un paio di ore del passato, si congedarono scambiandosi i rispettivi numeri di telefono di rete fissa perché all’ epoca dei fatti i cellulari non esistevano.
Dopo una settimana, Giuliano ricevette la prima telefonata di Georgia che lo invitava a incontrarlo in un posto che lei gli descrisse nei minimi particolari.
L’ appuntamento era stato fissato per la domenica seguente, alle ore 21.00, davanti ad un istituto di credito, dove lei lo avrebbe aspettato, a fari spenti, nella sua macchina. A quel punto, Giuliano avrebbe dovuto lasciare la sua auto nel parcheggio, antistante alla banca, e salire sul suo mitico fuoristrada.
L’ avvenimento non aveva colto di sorpresa Giuliano perché, durante la serata passata in birreria, aveva intuito nel suo sguardo, un po’ svampito a dire il vero, un morboso interesse nei suoi confronti, ma la tipologia dell’ incontro lo sconcertava e nello stesso tempo lo intrigava.
Aspettò con ansia il fatidico incontro, si preparò accuratamente, indossando i suoi migliori vestiti, e, dopo aver fatto un giro di perlustrazione, arrivò alle ore 21. 00 precise all’ appuntamento. Parcheggiò la macchina nel posto indicato e aspettò il segnale con trepidazione. Dopo qualche minuto, arrivò un fuoristrada che, come convenuto al telefono, gli fece dei segnali con le luci. Giuliano scese dalla sua macchina e salì sulla jeep: una canzone solft, trasmessa da chissà quale radio libera, le lo accolse con ospitalità e lo mise subito a suo agio.
L’ uomo, nonostante il buio che regnava all’ interno del mezzo, guardò Georgia con attenzione: indossava un lungo abito viola, con uno spacco vertiginoso che metteva in risalto delle lunghe gambe avvolte da calze autoreggenti, anch’ esse di colore viola, e delle scarpe a spillo viola.
“Ho dovuto accompagnare mio marito all’ aeroporto!”, disse Georgia ingranando la prima marcia.
Giuliano era al settimo cielo perché il viola lo fece entrare in uno stato di grazia e non riusciva a proferire parola.
La donna, dopo aver fatto un breve giro nelle strade deserte, imboccò una strada sterrata che portava in un bosco, parcheggiò la jeep in un piazzale, dove il buio era totale.
Lui era piacevolmente sconvolto dalla situazione in cui si trovava, ma avrebbe preferito accendere la luce di cortesia, per ammirare pienamente la bellezza mozzafiato di quella “ donna in viola” che gli aveva fatto salire il sangue nel cervello.
“Preferisco farlo al buio! Ti piace il viola?”
“Certo che mi piace! Sei uno schianto!”
“E non hai visto il resto!”, aggiunse la donna con un pizzico di malizia nella voce che non fece che aumentare il suo desiderio.
Giuliano cominciò a spogliarla con dolcezza, accarezzando la sua pelle vellutata, poi le tolse l’ abito, il reggiseno e gli slip con un’ incommensurabile voglia di possederla fisicamente.
Fecero ripetutamente all’ amore nel buio della macchina, senza che Giuliano potesse guardarla negli occhi: il suo desiderio era legato alla finissima sensibilità del tatto e all’ immaginazione.
Dopo l’ amplesso, la donna si rivestì celermente, si aggiustò i capelli con un pettine che comparve misteriosamente nelle sue mani, guardò le lancette fosforescenti del suo orologio da polso e disse una frase che rimase impressa per sempre nella mente di Giuliano.
“Devo andare perché mio marito mi telefonerà a mezzanotte, quando sbarcherà a Madrid!”
Quelle parole pronunciate dalla donna, il cui sex appeal gli aveva regalato una serata indimenticabile, lo paralizzarono a tal punto che non riuscì a parlare fino a quando la jeep non lo riportò al parcheggio.
“La donna in viola” baciò frettolosamente Giuliano sulla bocca e, dopo che lui scese dalla jeep, ingranò la marcia e scomparve nel buio della notte.
Giuliano rimase a fumare una sigaretta, con una sensazione di vuoto dentro che lo avrebbe accompagnato per molto tempo.
Non volle mai più incontrare Georgia e, da quella fatidica sera, giurò a se stesso di dimenticare le sue parole, anche se aveva passato con lei uno dei momenti più intensi della sua esistenza.