A Viareggio capita spesso la libecciata furibonda che fa arrivare spruzzi d'acqua marina fin sulla passeggiata.
Scaglia le chiome della pineta di ponente mettendo a dura prova i lecci robusti mentre i pini più deboli precipitano facendo anche qualche ferito.
Per i ragazzi le libecciate sono un'occasione di gioco. I tronchi si trasformano in attrezzi sui quali trascorrere le ore libere dalla scuola per cimentarsi in prove di forza ed esibizioni di equilibrismo.
Organizzano un campionato con tanto di classifica nel quale i più agili primeggiano. Il cimento consiste nel mettersi l'uno contro l'altro a singolar tenzone : lottando , spingendo, avanzando e retrocedendo accanitamente come scoiattoli sul tronco inclinato , risulta vincitore chi riesce a far cadere il proprio avversario.
Il più bravo è il Giggio; non è particolarmente robusto, anzi, ma è dotato di un equilibrio superiore; è agile tanto che sembra avere i piedi scalzi incollati alla scorza del pino.
Perfino nei momenti critici, quando è lì lì per soccombere, con un guizzo sguscia tra le gambe dell'antagonista e spingendolo alle spalle, lo fa cadere con una bella culata sui pinuglioli umidi e soffici intanto che dal Pino sul tetto, il locale ad un tiro di cerbottana dall' improvvisata palestra, arrivano le strofe delle ultime canzoni del festival di Sanremo.
Un pomeriggio di primavera, per quanto abbiano sudato ed unito proditoriamente le loro forze, proprio non riescono a spodestare dal suo piedistallo resinoso il Bongo, un ragazzotto venuto a sfidarli da un altro quartiere.
Perfino il Giggio, il campione, è finito col culo sugli aghi morbidi. Col pianto in gola, più per la rabbia che per la fatica degli sforzi inutili, si devono dare per vinti, mentre il Bongo trionfa su di loro seduti in circolo sotto la sua ombra e si batte il petto con i pugni come Tarzan interpretato al cinema dal mitico Jonny Weissmuller che i ragazzi imitano saltando da un ramo all'altro dei lecci.
Ad un tratto, come peana di vittoria, il Bongo, pago del podio conquistato, si mette a cantare con una voce così intonata e potente da superare quella degli altoparlanti del Pino sul tetto.
Le parole della canzone gli escono dalla gola con un'enfasi ed una dolcezza tali che i bimbetti rimangono incantati ad ascoltarlo.
Perfino le ragazze, che di solito giocano per conto loro in una radura vicina non degnandoli di uno sguardo, si sono avvicinate come marinai ammaliati dal canto delle sirene.
La canzone ora in voga è: incantatella, lo so che amando la luna tonda, ti fai più chiara,ti fai più dolce, ti fai più bionda...poi seguono altri versi ..e si giunge al finale con un dolcissimo: e zitti,dice, statela a sentir...ancora non si è spenta l'eco dell'ultimo irrrr che il sorprendente Bongo, forse pentito dall'aver creato un'atmosfera romantica poco adatta a dei monellacci come quelli o, forse per scandalizzare le altezzose fanciulle che lo ascoltano rapite, beh...lascia andare un ...rumoraccio così potente e fragoroso che, dopo qualche attimo di vera sorpresa, tutto l'improvvisato pubblico scoppia a ridere mentre il Bongo si sdraia sui pinuglioli teneri come preso da un attacco epilettico.
Il gran ridere gli parte dallo stomaco ma è così subentrante che non riesce a farlo uscire dalla gola; ride e piange, ride ed affoga, ride e crede di morire. Ride e vede intorno a sé gli altri che sghignazzano senza riuscire a controllarsi nemmeno per respirare, ride intanto che una bambina, anche lei congestionata, è caduta in una buca piena d'acqua e ne esce concia come uno spaventapasseri.
Allora si che tutti, quasi eseguissero una coreografia sincronizzata, prendono a tenersi la pancia ed a ululare. Chi lacrima, chi tossisce e chi si fa la pipì addosso senza ritegno.
Non si sa dire quanto dura quella gran risata collettiva, ma di quel pomeriggio si parla per mesi in tutto il quartiere del Marco Polo ed anche nella Viareggio signorile.
Così il Bongo diventa, per lungo tempo, l'eroe buffo delle fole che i vecchi raccontano a veglia, al fresco della pineta od intorno alle stufe, secondo le stagioni, a quei pochi che non l'hanno sentita raccontare dai fortunati che furono presenti.
E con poco si rinnova l'allegria. Ancora, per fortuna, non c'è la televisione a farli piangere.