Alla fine degli anni '50, il re Farouk era solito - come alcuni ricorderanno - soggiornare con la sua piccola corte al Grand Hotel di Rimini. Un giorno, in un noto ristorante sul mare, si presentò un distinto signore che, esibendo il proprio biglietto da visita zeppo di titoli fra i quali spiccava "Segretario particolare di S. M.", si apprestò ad ordinare un banchetto per conto di Sua Maestà, Re d'Egitto, Farouk, con l'uso esclusivo della sala da pranzo e tanto di ricco menu già predisposto.
Era richiesta la massima discrezione, perché S.M. desiderava rimanere in incognito. Il ristoratore, onorato ed emozionatissimo, prese buona nota di quanto ordinatogli. Più tardi però fece una telefonatina di controllo al Grand Hotel: gli rispose il Segretario in persona... "tutto regolare".
Di lì a pochi giorni, anche se col fiato corto, tutto era predisposto come ordinato: ore 23, cena al lume di candela, camerieri in guanti bianchi, tavolo imperiale apparecchiato per 30 persone ed ogni ben di dio pronto per essere servito. Alle 23,30 suonate da un pezzo, mentre il ristoratore comincia ad innervosirsi e pensare al peggio, giunge una telefonata del Segretario che annuncia l'arrivo di Sua Maestà per le 0,30 perché trattenuto da urgenti impegni di Stato.
Rasserenato da quest'ultima comunicazione, il ristoratore, tutto compreso dall'importante ruolo, impartisce le ultime raccomandazioni al proprio personale. Alle 0,30 arriva l'ultima telefonata del Segretario: "Mi duole molto signor... Sua Maestà è molto dispiaciuta, ma deve annullare: ha dichiarato guerra!" "Ma guerra a chi?" - ebbe la forza di chiedere il malcapitato - "Ma té pataca!" (a te coglione!) - fu la risposta e la comunicazione si interruppe bruscamente.
Nessuno ne parlò. Sottovoce si dice che l'artefice di questo "magnifico" scherzo sia stato un noto vitellone riminese con la complicità di un forestiero. A raccontarmela, lasciandomi abbastanza perplesso sulla veridicità del fatto, fu l'amico Piero, detto anche "Bugia". Lui l'aveva assaporato dal vero il gusto dello scherzo, quando il giorno successivo, passando da quelle parti, aveva dovuto prima sorbirsi lo sfogo del ristoratore e poi in compagnia di una trentina di buongustai “aveva dovuto sacrificarsi” e consumare quel pasto luculliano per pochi soldi. Certo che questo modo di "ammazzare il garbino" la dice lunga sul modo di divertirsi di quei tempi.