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Compresi dopo avermi offeso crudelmente che avevo bisogno di amarmi di più. Tutta la notte ero stato male tra fuochi d’ immagini roventi e scene che non mi appartenevano. Certo, quella sera sotto il cielo offuscato dalle nuvole e magro di stelle, mi sentivo triste, mi avvertivo non sincrono col mio solito percepirmi. Stavo nervoso, agitato, un primitivo senso di possesso misto come il colore dell’ egoismo mi spingeva a prendermela con la parte bella che sono. Non volevo provare sentimenti ostili nell’ intimo della mia casa. Assolutamente non vestire gli abiti di chi dipende da qualcosa che al tal punto ti procura armi per farti del male. Piansi dopo avermi ferito con un pugnale di frasi ostili, attaccai il centro del mio affetto. Non volevo ad ogni costo dipendere da qualsiasi altra cosa che non ero io vero. Certo, mi trovavo in una situazione di fragilità temporanea. Aveva investito troppo nello specchio delle cose che accadono fuori e vengono dipinte in seguito da un noi. Non volevo assolutamente dipendere da un fuori dal mio corpo e dalla ubriacatura dell’anima per cose frivole che accadono fuori dall’orbitra intima di noi. Fortunatamente, questo episodio violento solo nei pensieri, scavò una strada nel terreno che portava alla fonte dove nasceva il tutt’ uno. Compresi dopo una notte vissuta tra incubi e ferite varie che dovevo essere indipendente: " Sovrano solo di me, me autentico, vero." Di buon mattino col sole che illuminava il giorno e i colori del golfo di Napoli esaltati dalla naturale morfologia ai piedi del Vesuvio, e del cielo che con un velo azzurro chiaro copriva il tutto e la città, mentre, le vele dei catamarani sospinte dal vento, gonfiavano la pancia facendo scivolare le imbarcazione di Prada e Luna Rossa sull’ acqua cristallina del mare di Mergellina, mi ritrovai improvvisamente per magia, sdraiato sugli scogli che dividono il mare dalla terra ferma. Una brezza di vento mi accarezzava il viso, le mani del sole scavavano nel corpo nudo del mare creando mille scintille gialle tra le onde che spumose provenivano da un lontano punto non bene precisato. Un gatto assaporava il caldo momento con la pancia all’ insù verso il cielo, mentre un altro gatto, buffo, con il colore degli occhi diversi l’ uno dall’ altro, mi fissava senza farmi alcuna richiesta di cibo, senza nessun miacolio. Mi ritrovai così, improvvisamente al centro di me, in quello spazio tra l’inizio della pancia e lo sterno che copre il cuore. Tutto in quel momento mi appariva chiaro, anche il buio di certi momenti vissuti che sembrano, prima dolorosi e sconnessi tra loro, ma poi nella realtà interiore, questi, sono semplice scie di percorsi di raggiungimento che senza, non riusciremmo mai a fare passo alcuno verso quella riappacificazione col nostro centro e il nostro tutto.
Mi presi a pugni nel cuore quella sera.
Sanguinai ...
Volevo abbracciare l’ amore:
“ Archetipo materno.”
Non ci riuscii.
Quella sera ero arrabbiato.
Anche le stelle mi voltarono la faccia,
non luccicavano nell’ imbrunito cielo.
Mi rimasero da solo nel buio dei sentimenti,
coperte dalle nuvole non mi sorridevano.
Provavo rabbia per il desiderio non assecondato.
Ripercorsi strade dolorose della possessione,
dove gli istinti approfittandone della fragilità di
quel momento saltarono fuori allegramente.
Quante cose brutte mi dissi.
Impugnai un coltello di cattive frasi e lo lanciai
nel vetro che mi specchiavo.
Mille schegge di lacrime si sparsero nell’ aria.
Non sentì nessun dolore quando lo feci.
La rabbia del momento copriva la lama e anche il gesto.
Stetti male tutta la notte una volta spentosi il fuoco.
Vomitai dolore e vergogna.
Che brutta cosa avevo fatto lanciando quel coltello.
All’ apparire della prima alba di un giorno
qualsiasi, mi perdonai,
compresi l’ insano gesto.
Divenni altro. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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