Il sole quel mattino splendeva nel cielo di aprile. Un cielo che solo da qualche giorno aveva timidamente preso il posto di nuvole dense di pioggia e malumore.
Stella era insolitamente pensierosa e continuava a sognare e ad immaginare a come poteva essere diversa la sua esistenza se solo avesse potuto ammirare il mondo dall’ alto, volare, seguire il sospiro del vento e soprattutto sentirsi libera come non lo era mai stata.
Ma tutto questo Stella sapeva di non poterlo fare. Era sempre immobile e un po’ assente e cercava di mascherare il tutto con il suo perenne sorriso di plastica, ma in fondo al cuore si sentiva davvero triste. Un velo di malinconia, che ormai Stella si portava dietro ormai da un po’ di tempo, scandiva le sue giornate.
Era stufa di giocare con Sara e le sue amiche, sempre con le stesse tazzine, sempre la protagonista delle sfilate di moda, ma soprattutto sempre chiusa in casa. Aveva bisogno di una potente iniezione di adrenalina. Sentiva proprio l’ esigenza quasi tangibile di ascoltare gli uccelli cinguettare, essere accarezzata dai raggi del sole, correre felice nel vento, proprio come il suo amico Giorgio. E invece no, quelle gambe la immobilizzavano in una posizione così innaturale, seduta con le gambe divaricate sul tappeto della stanza dei giochi. No, Stella non ne poteva davvero più. Cosa avrebbe dato per essere Giorgio.
Ma Giorgio non si sentiva poi così privilegiato. Doveva attendere le giornate di sole e l’ arrivo del vento per trascorrere un po’ del suo infinito tempo a disposizione, lontano dallo stanzino dove era sempre rinchiuso e poter finalmente godere della compagnia di bambini. Avrebbe più volte voluto replicare ai sogni sconsiderati dell’ amica, ma non aveva mai avuto il coraggio di contrariarla. Forse per i suoi occhi grandi e sognanti, la bocca rosa sempre dischiusa che abbozzava un sorriso perenne, forse per quei suoi capelli fluenti raccolti sulla nuca e sempre in perfetto ordine. Sì tutto questo lo mandava in uno stato di rapimento ogni volta che Stella le rivolgeva lo sguardo, portandolo a non comportarsi più in maniera razionale e in grado di dirle quello che realmente pensava. E sì Stella gli faceva battere il cuore, era la sua bambola preferita.
Giorgio, quel pomeriggio era finalmente felice, correva veloce nel vento, circondato dalle urla festanti dei bambini che si rincorrevano nel prato insieme ad altri aquiloni colorati. Giorgio indubbiamente era il più bello di tutti, sapientemente colorato dalle mani esperte di un artigiano locale e sempre più in alto e più veloce degli altri aquiloni. Il vento soffiava mentre i primi raggi di quel sole primaverile, riscaldavano i festanti cuori di tutti loro.
All’ improvviso però un soffio di vento più insistente, strattonò il filo che il suo padroncino Simone stringeva forte tra le mani, un altro colpo ancora e l’ aquilone Giorgio volava sempre più in alto. In quel momento si sentì libero e potente, poteva dominare il mondo dall’ alto. Solo adesso si rendeva conto che la sua amica Stella aveva davvero ragione ad invidiarlo. Era davvero sorprendente il mondo visto da lassù. Poteva persino scorgere il mare, e ammirarlo nella sua impetuosità e adesso era ormai ad un passo da quelle soffici nuvole dove avrebbe voluto tuffarsi un po’. Era davvero felice. Ma stava volando troppo in alto, davvero tanto per un piccolo aquilone. D’ improvviso avvertì un folata di vento più insistente. Era il vento mosso vorticosamente dalle eliche di un elicottero, quelle stesse eliche che ora lo avevano colpito, fermando il suo incedere maestoso. Perché si trovava sulla sua stessa strada e avevano intralciato il suo volo? Avvertiva un forte dolore a non riusciva più a seguire il soffio del vento, anzi stava proprio precipitando! No, non è possibile! Ma si accorgeva di scivolare vorticosamente verso il basso. In quel momento le apparvero gli occhi brillanti della sua amica Stella, era consapevole che non l’ avrebbe più rivista. Quel pomeriggio, nell’ euforia della scampagnata con i bambini si era persino dimenticato di salutarla, persuaso dalla certezza che lo avrebbe fatto al suo rientro quando le avrebbe finalmente raccontato la magnifica giornata trascorsa. Ma questa volta non c’ era più nulla da raccontarle per farla sognare e per alimentare la sua invidia, ora non più. La vicinanza al suolo si faceva ormai sempre più reale.
Spaventato chiuse gli occhi e si addormentò per sempre.