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Solitudine

Biografie e Diari

Certi giorni sono come le notti: quelle notti vischiose e insonni da cui vorresti fuggire e invece ti giri e ti rigiri nel letto ed i pensieri ti avvolgono come un sudario. Tu devi fare piano anche a riflettere: tutti dormono, non c’è spazio per le paure e l’ amarezza. Certi giorni sono come le notti, bui e senza fine, senza promesse di un alba che sembra non sorgere mai. Anche le lacrime scivolano via silenziose e vanno ringoiate, perché nessuno vuole vedere il tuo sconforto, il tuo scoraggiamento. E’ uno spettacolo triste e la tristezza si fugge, si evita, forse perché si teme di esserne contagiati.

Gillian si asciugò gli occhi con la manica della vecchia vestaglia e fissò il telefono. Inutile aggeggio. A chi parlare della propria pena, della paura del futuro, dei conti che non tornano, della fatica quotidiana di alzarsi e lavorare, quando comunque i soldi sembrano non bastare mai. Suo malgrado le venne da sorridere: “ i nuovi poveri” li definivano i giornali, ma quelli erano scoop, la realtà, poi, dovevi affrontarla tu da sola, ora dopo ora, arrampicandoti sui mesi, sulle settimane.

Gillian pensò che avrebbe voluto disperatamente un sorriso amico, una spalla su cui appoggiarsi per un momento, un momento solo per riprendere fiato, una parola buona, magari una frase fatta del tipo “ Vedrai, ce la faremo”. Ma certi giorni sono vuoti di speranze e di presenze. La casa era vuota, suo marito se n’ era andato tanti anni fa, talmente tanti che lei non lo ricordava più. E i figli non volevano saperne di tristezza, di volti scoraggiati.

Si sentiva inutile, in questi giorni. Come una canna battuta dal vento che può staccarsi e volare via, inutile perché le sue mani erano piene solo di amarezza. La televisione era accesa, l’ unica voce in quella grande casa. Venne distolta dai suoi pensieri da un suono familiare eppure impercettibile: Ares, il suo gatto, si strofinava sulle sue ginocchia e faceva le fusa. Gillian lo prese in braccio: ecco – pensò – tu mi capisci e cerchi a modo tuo di farmi coraggio. – Affondò il volto nel manto soffice del suo amico e così restò a lungo, immobile. Quando rialzò il capo gli occhi erano asciutti. - E’ tempo di rimettere la maschera – si disse. Si alzò e si diresse in cucina. Solo le spalle curve tradivano il peso delle sue emozioni.

Gillian aprì il frigo, accingendosi a preparare la cena.


manuela xella 18/01/2013 22:44 1 1056

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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«Un racconto intriso di tangibile solitudine ambientato in una realtá che tocca sempre piú persone da vicino. Eppure nonostante basterebbe tanto poco per dimostrare la propria solidarietá e vicinanza a chi si trova in difficoltá, si preferisce mantenere le distanze, quasi a temere il contagio da parte di quelli che piú che nuovi poveri potrebbero essere definiti nuovi lebbrosi di tristezza.»
Chiara Vacchieri

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