Il 68
Sono nato il 6 ottobre del 1954 e nel mese di settembre del 1968 non avevo nemmeno compito ancora 14 anni.
Il Che sarebbe morto appena dopo che compii gli anni. Ma era iniziata già la scuola e io mi ero iscritto a ragioneria.
La scelta di ragioneria fu fatta più per esclusione che per passione.
La malattia di mio padre teneva tutti in apprensione, aveva avuto già due infarti e una trombosi e temevamo tutti che potesse avere un altro infarto fatale.
Oggi la medicina ha fatto passi da gigante rispetto ad allora, ma purtroppo per lui a quel tempo non vi era molta speranza.
Così mio padre mi consigliò di evitare un liceo che mi avrebbe poi costretto a dover fare l'università.
Meglio prendersi intanto un diploma e ragioneria sembrava quello giusto.
Ho sempre avuto lacune in grammatica dovute alle mie numerose assenze alle elementari perché non stavo bene e a questo si sommi il mio rifiuto verso il latino.
Avrei mai potuto fare un liceo con latino e greco? Certo in italiano andavo benissimo, meno nelle lingue anche se ero perdutamente cotto della professoressa di francese delle medie.
Capii dopo che la ragioneria non era la mia materia preferita e tecnica nemmeno, ma è inutile sempre pensare se... come disse quel tale, "la storia non di fa con i se e i ma".
Ero un ribelle, avevo scritto fumetti con ragazzi ribelli nella scuola, non sopportavo la scuola nozionistica, ma penso che non sopportassi sopratutto il dover stare seduto ad ascoltare per ore senza poter parlare.
Mi succede anche oggi quando vado a una conferenza, mi stufo e vorrei dire la mia, ma questo non sempre è possibile.
Insomma sto cercando di inquadrare il mio carattere di allora.
Tendiamo a non tenere mai in considerazione quello che pensano gli adolescenti, li sottovalutiamo e non capiamo le loro problematiche, le loro paure i loro tabù.
Venivo da una famiglia cattolica e con una madre che pur dovendo spesso risolvere mille problemi da sola, aveva un concetto antico in cui era l'uomo in casa il padrone di tutto.
Anche se mio padre era tanto democratico con noi, per lei bisognava obbedirgli e portargli sempre e comunque rispetto.
Io ero un ribelle, avevo persino scelto come squadra di calcio l'inter solo perché mio padre era juventino.
Non ero solo io a essere così, a voler portare i capelli lunghi, a guardare con occhi diversi il mondo, era tutta una generazione che si stava scontrando con un'altra.
Lasciate perdere il termine matusa che andava allora, ma che fa capire come noi poco considerassimo i nostri predecessori.
"Prima della lotta di classe c'è la lotta di generazione" diceva, più o meno, vado a memoria, Marcuse.
La scuola da li a poco sarebbe stata il centro di ogni rivolta.
Io andavo a una succursale del Tito Acerbo di Pescara, l'istituto Olivieri.
In quel 1968 ebbi la somma sfortuna che le classi non fossero ancora miste, ma ben divise tra uomini e donne.
Così sfortunato perché la prima b dell'Olivieri fu l'ultima classe a esserlo
Magari se era mista non mi sarei buttato a capo fitto nella mischia per conoscere ragazze, scherzo... forse.
Moriva Che Guevara, a parte la canzone di Guccini, per tutti fu un colpo.
Vedete, c'era una generazione che pur essendo di sinistra non riconosceva alcun ruolo al PCI o all'Unione Sovietica, una generazione ribelle che avrebbe all'inizio creato le basi del Movimento Studentesco, ma poi si sarebbe frantumata in mille rivoli.
Aderii subito al primo sciopero e mi feci tutto il corteo con molti dei miei compagni di classe e la sera andai alla riunione presso la camera del lavoro in via Sardegna.
Di questo e delle strane cose che diceva il mio professore d'italiano ne parlerò la prossima volta.
Sono nato il 6 ottobre del 1954 e nel mese di settembre del 1968 non avevo nemmeno compito ancora 14 anni.
Il Che sarebbe morto appena dopo che compii gli anni. Ma era iniziata già la scuola e io mi ero iscritto a ragioneria.
La scelta di ragioneria fu fatta più per esclusione che per passione.
La malattia di mio padre teneva tutti in apprensione, aveva avuto già due infarti e una trombosi e temevamo tutti che potesse avere un altro infarto fatale.
Oggi la medicina ha fatto passi da gigante rispetto ad allora, ma purtroppo per lui a quel tempo non vi era molta speranza.
Così mio padre mi consigliò di evitare un liceo che mi avrebbe poi costretto a dover fare l'università.
Meglio prendersi intanto un diploma e ragioneria sembrava quello giusto.
Ho sempre avuto lacune in grammatica dovute alle mie numerose assenze alle elementari perché non stavo bene e a questo si sommi il mio rifiuto verso il latino.
Avrei mai potuto fare un liceo con latino e greco? Certo in italiano andavo benissimo, meno nelle lingue anche se ero perdutamente cotto della professoressa di francese delle medie.
Capii dopo che la ragioneria non era la mia materia preferita e tecnica nemmeno, ma è inutile sempre pensare se... come disse quel tale, "la storia non di fa con i se e i ma".
Ero un ribelle, avevo scritto fumetti con ragazzi ribelli nella scuola, non sopportavo la scuola nozionistica, ma penso che non sopportassi sopratutto il dover stare seduto ad ascoltare per ore senza poter parlare.
Mi succede anche oggi quando vado a una conferenza, mi stufo e vorrei dire la mia, ma questo non sempre è possibile.
Insomma sto cercando di inquadrare il mio carattere di allora.
Tendiamo a non tenere mai in considerazione quello che pensano gli adolescenti, li sottovalutiamo e non capiamo le loro problematiche, le loro paure i loro tabù.
Venivo da una famiglia cattolica e con una madre che pur dovendo spesso risolvere mille problemi da sola, aveva un concetto antico in cui era l'uomo in casa il padrone di tutto.
Anche se mio padre era tanto democratico con noi, per lei bisognava obbedirgli e portargli sempre e comunque rispetto.
Io ero un ribelle, avevo persino scelto come squadra di calcio l'inter solo perché mio padre era juventino.
Non ero solo io a essere così, a voler portare i capelli lunghi, a guardare con occhi diversi il mondo, era tutta una generazione che si stava scontrando con un'altra.
Lasciate perdere il termine matusa che andava allora, ma che fa capire come noi poco considerassimo i nostri predecessori.
"Prima della lotta di classe c'è la lotta di generazione" diceva, più o meno, vado a memoria, Marcuse.
La scuola da li a poco sarebbe stata il centro di ogni rivolta.
Io andavo a una succursale del Tito Acerbo di Pescara, l'istituto Olivieri.
In quel 1968 ebbi la somma sfortuna che le classi non fossero ancora miste, ma ben divise tra uomini e donne.
Così sfortunato perché la prima b dell'Olivieri fu l'ultima classe a esserlo
Magari se era mista non mi sarei buttato a capo fitto nella mischia per conoscere ragazze, scherzo... forse.
Moriva Che Guevara, a parte la canzone di Guccini, per tutti fu un colpo.
Vedete, c'era una generazione che pur essendo di sinistra non riconosceva alcun ruolo al PCI o all'Unione Sovietica, una generazione ribelle che avrebbe all'inizio creato le basi del Movimento Studentesco, ma poi si sarebbe frantumata in mille rivoli.
Aderii subito al primo sciopero e mi feci tutto il corteo con molti dei miei compagni di classe e la sera andai alla riunione presso la camera del lavoro in via Sardegna.
Di questo e delle strane cose che diceva il mio professore d'italiano ne parlerò la prossima volta.