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Parte 32 della raccolta "Storie di Famiglia " di Carlo Fracassi (35 racconti)
Come eravamo |
A Marinella, a Maurizio e agli amici tutti voglio raccontare una storia inedita di Ezio che sono convinto nessuno, è venuto mai a sapere. Cominciamo con ordine. Nell’ ottobre 1960 ero alla scuola alberghiera al Palace Hotel di Rimini, è chi c’ era? C’ era Ezio detto Cece, io uno scalmanato, lui un bravo ragazzo. Ezio era sempre sorridente e compì to, di poche parole, non si lasciava mai andare, soprattutto quando era in servizio, mentre io ero un sorvegliato speciale, un guardato a vista. C’è da dire, inoltre, che la disciplina era ferrea ed io che “ mordevo il freno” non appena si presentava l’ occasione ero pronto ad intervenire e mandare a puttane anche la reputazione di chi mi stava vicino. Con Ezio c’ era una tacita intesa, lui apprezzava le mie gag ma stava sulle sue e mi dava segni d’ approvazione con una semplice ma complice occhiata. Assieme a noi c’ era anche Tranquillo Michelucci detto Lino che tranquillo non era, credo avesse il proprio sistema nervoso compromesso o in forte esaurimento, parlava e deambulava ch’ era un tremore in tutto il corpo, aggiungiamo a questo la forte timidezza e ho detto tutto. Io gliene facevo sempre di tutti i colori e, nonostante la sua mansuetudine, riuscivo sempre a mandarlo in bestia. Il Maitre, signor Stefanuto, soprattutto alle prime settimane di addestramento, era solito fornire gli allievi di vassoio completo della piccola colazione: un bricco per il caffè, uno per il latte, tazza, sottotazza, zuccheriera e cestino con brioche. Issando il vassoio s’ un braccio come si fa per il lancio del peso, gli allievi, a turno, dovevano salire le scale fino al terzo piano, per poi ridiscendere. Partiva il primo e al termine della prima rampa di scale, partiva il secondo e così via. Io ero in servizio in Portineria proprio di fronte alle scale. Appena vidi Michelucci che avanzava tutto tremolante col vassoio in precario equilibrio gli dissi sottovoce: “Tu non arrivi alla fine delle scale, tu vieni giù col vassoio e tutti i signori!”. A Ezio che seguiva proprio dietro di lui e che ghignava sotto i baffi, dissi, lanciando lo sguardo verso “Miguel” (così lo chiamavo io): “ Di Cece, e va! E va!” Michelucci affrontò la prima rampa tremolante ed io, approfittando di un momento che il Maitre s’ era appartato per salutare un cliente in partenza, feci due passi e recatomi alla tromba delle scale, alzando lo sguardo in alto e con entrambe le mani a mo’ di megafono sussurrai: “E va! E va!”, poi tornai velocemente al mio posto. Ad un tratto sentii Ezio urlare a gran voce: “E VA! … E VA!” e all’ istante il vassoio s’ involò per la tromba delle scale rovinando fragorosamente a terra: bricchetti e zuccheriera squagliati, caffè, latte e zucchero schizzati per tutta la hall! Sta di fatto che il Michelucci, arrivato in cima all’ ultima rampa, nel fare dietrofront ebbe un sussulto fatale e Cece che gli era molto vicino non seppe trattenersi dalle risate, prorompendo con quel “E va! E va!”
Il malcapitato perse definitivamente l’ equilibrio e come detto il vassoio rovinò per la tromba delle scale. Ci divertimmo tutti un mondo ma in particolare Ezio che essendo “l’ immediato inseguitore” del “Miguel” aveva osservato tutta la scena da vicino. La sera Ezio fu al centro dell’ attenzione prodigandosi nel ripetere il racconto più volte a tutti gli altri allievi non presenti alla circostanza; tuttavia, alla fine del racconto aggiungeva sempre: “Se non fosse stato per Fracassi che l’ aveva mandato su di giri, forse Michelucci ce l’ avrebbe fatta!”. |
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«A Marinella e Maurizio Botteghi, in memoria del fratello Ezio (Cece), valente ristoratore.» |
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