"Stai correndo troppo, ancora non so nemmeno il tuo nome
e già mi sembra che potresti chiedermi qualcosa di impossibile.
Forse non sono la persona che credi, non certo perchè m’ hai offerto un caffè,
puoi ritenerti libera di pensare che io possa servirti a qualcosa
in tutto il progetto che m’ hai presentato".
Il bicchierino del caffè era ancora fumante,
stavo apprestandomi a gustarne l’ aroma che mi stava inebriando le narici
da quando il camerire me l’ aveva posato davanti.
Di fronte a me una donna magnifica,
che aveva fatto girare tutti gli uomini presenti nel bar quando era entrata.
Ancora non sapevo perchè s’ era seduta al mio tavolino e m’ aveva detto
"ti posso offrire un caffè"? "Un caffè non si rifiuta mai",
avevo risposto lusingato da tanta bellezza e subito dopo mi stavo già chiedendo
"perchè questa sconosciuta si siede al mio tavolo e mi offre un caffè?
Non sono cose che capitano tutti i giorni". "Ho una proposta da farti"
aveva detto mentre alzava il dito per chiamare il cameriere,
"due caffè, uno normale e uno ristretto al vetro, dico bene"?
Come faceva questa donna a sapere che mi piace il caffè nel bicchierino,
è strano, mi assalivano pensieri inquietanti, la mia privacy era stata violata
o semplicemente m’ aveva già visto altre volte ordinare in qualche bar.
"Esatto, ma come fai a saperlo, per caso ci siamo già visti?
Non riesco a ricordare in che occasione".
Ero imbarazzato adesso, vuoi davvero che la mia memoria
possa avermi fatto uno scherzo del genere?
Ma no, non la conosco proprio, non l’ ho mai vista prima d’ ora.
Ci pensa lei a togliermi dall’ imbarazzo, "non ci conosciamo, no,
ma io so molte cose di te, so che non fumi, non bevi, non giochi d’ azzardo,
sei un uomo virtuoso a tutti gli effetti e questo ti rende particolrmente adatto al mio progetto".
Ormai pendevo completamente dalle sue labbra,
la sua voce era sensuale e infondeva sicurezza,
i suoi occhi, i suoi occhi erano calamite, neri, come la notte più nera,
da non poterne ditinguere la pupilla, ero come ipnotizzato,
attratto da una forza misteriosa che s’ era ormai impadronita di me.
"Progetto"? Domandai cercando di divincolarmi da quello sguardo,
"si, un progetto che riguarda il tuo futuro da adesso in poi,
che cambierà non solo la tua e la mia vita,
ma quella di milioni di persone che potrebbero trovare finalmente
una soluzione ad un problema che li assilla e che credono inevitabile,
come invecchiare e morire. Siamo tutti rassegnati, deve accadere e accadrà,
come, quando e perchè, non ci riguarda, non vogliamo nemmeno sforzarci di capirlo,
sappiamo appunto che è inevitabile".
S’ era fermata, forse per lasciarmi dire qualcosa,
ma non riuscii ad emettere un fiato, ero come rapito,
quindi continuò, "io sono laureata in chimica biologica
ed ho scoperto un virus che riesce ad alterare il DNA, con dei risultati a dir poco sorpendenti,
sto parlando di manipolazione genetica, quella che ha sollevato tante obiezioni
quando si vollero proporre gli O. G. M. mentre in fondo si trattava di rendere più resistente
una piantina di pomodoro, inserendo dei geni presenti in natura,
nessuno aveva mai nemmeno lontanamente pensato di modificare il DNA umano
utilizzando parti di DNA presi da uno dei virus più letali del mondo, il vaiolo".
Questa volta oltre a fermarsi, s’ era pure guardata attorno,
liberando i miei occhi da quei due magneti che m’ avevano intrappolato fino a quel momento.
Rielaborai in un istante quello che m’ aveva spiegato
e senza rifletterci troppo dissi, mentre era ancora voltata verso il banco del bar,
" è vero, sono un virtuoso, e forse proprio per questo non credo sia giusto
maneggiare cose pericolose come quelle che m’ hai descritto,
non sono mai stato favorevole agli O. G. M. e alla manipolazione genetica,
mi sembra un po’ come il bambino che vuole giocare a fare l’ adulto,
l’ essere umano che vuole a tutti i costi mettere il suo zampino
nelle cose che Dio ha creato con tanta saggezza" .
Ecco di nuovo il suo sguardo, un lieve luccichio sottolineava il sorriso che mi stava donando,
a metà strada fra l’ amichevole e lo sprezzante, era comunque un sorriso,
aveva dunque approvato ciò che avevo detto?
"Nessuno mette in dubbio la saggezza di Dio, è evidente il progetto di un Creatore
in ogni cosa si voglia esaminare, anche dal punto di vista scentifico,
anche nel cervello umano si vede chiaramente,
basti considerare la facoltà di apprendere, ricordare,
elaborare informazioni al fine di formularne altre più strutturate
che servano da fondamento ai pensieri e diano spunti validi
alla sete di conoscenza che rende l’ essere umano distinto da ogni altro animale.
Ecco perchè sono diventata ricercatrice, voglio conoscere, sperimentare,
aggiungere allo scibile, nuove, entusiasmanti frontiere
e non credo che Dio possa avere qualcosa in contrario,
altrimenti non m’ avrebbe creata così".
Era evidente che la sua risposta scaturiva da riflessioni profonde sul senso della vita,
aveva snocciolato un concetto ampissimo con poche, semplici parole,
mi piaceva quella donna, accidenti se mi piaceva.
Il cameriere ci stava servendo i caffè mentre lei, quasi sotto voce, pronunciò queste parole:
"ho bisogno di te, tu sei la persona giusta per concretizzare le mie ricerche,
bevi il tuo caffè, non farlo raffreddare, non lo prenderesti nel vetro se ti piacesse freddo,
anche questo tuo modo particolare di ordinare il caffè, m’ ha fatto capire che sei il tipo che cerco".
L’ aroma intenso del caffè mi pervadeva, mentre prendevo il bicchierino in mano
dicendole la frase con cui inizia questo racconto, ve la riscrivo dai,
tanto non manca certo l’ inchiostro o la carta da stampare:
"Stai correndo troppo, ancora non so nemmeno il tuo nome
e già mi sembra che potresti chiedermi qualcosa di impossibile.
Forse non sono la persona che credi, non certo perchè m’ hai offerto un caffè,
puoi ritenerti libera di pensare che io possa servirti a qualcosa
in tutto il progetto che m’ hai presentato".
Il caffè, m’ aveva dato forza e avevo incanalato quell’ energia nella mia risposta,
lei l’ aveva percepito, il suo viso, fino ad ora radioso, era diventato serio e pensieroso
ma in brevissimo tempo era tornata a sorridere.
"Ti fa sempre questo effetto? Non devi berne troppi, altrimenti diventi intrattabile,
due o tre al giorno però ti danno quello spunto per essere più reattivo e ricettivo,
per avere la mente più pronta e agile nello svolgere il suo lavoro,
è un pò come mettere benzina nel motorino delle sinapsi,
tutto gira meglio e più velocemente, vero?"
Buono, il caffè di Franco era proprio buono, forte, ristretto, amaro, come piace a me,
caldo, tre piccoli sorsi ed era finito, ma in bocca il gusto rimarrà a lungo,
continuando a regalarmi la sensazione di averlo appena bevuto per un bel po‘.
"Mi chiamo Barbara", aveva messo due cucchiaini di zucchero e stava girando il suo caffè
da un tempo che a me stava sembrando infinito, poi, dopo essersi decisa a berne un sorso, disse,
"è vero, sto per chiederti qualcosa che potresti credere impossibile,
potresti non essere tu la persona che cerco, ma proprio questo caffè che hai appena bevuto
sta confermando la mia teoria, precepivo il tuo piacere mentre lo bevevi,
il tuo apprezzamento per quel gusto amaro, che ti scendeva caldo nella gola,
il tuo senso di appagamento lungo e persistente, sei tu, ne sono certa".
Il suo volto mostrava la soddisfazione che pure lei stava provando nel sorseggiare il suo caffè,
lo beveva lentamente, a sorsi piccolissimi, facendo girare la tazzina ad ogni sorso,
un po’ per raffreddarlo, un po’ per prendere la crema che si posava sulle pareti della tazza,
un po’ perchè è così che si fa, è una specie di rituale, io ne sono immune,
il caffè amaro e ristretto nel bicchierino non lo richiede,
ma chi beve il caffè zuccherato lo fa quasi inconsapevolmente, come un gesto meccanico,
bevono e poi fanno girare la tazzina.
"Barbara quindi, buono il caffè di Franco eh? Vengo qui quasi tutte le mattine
ma non mi sembra di averti mai vista, una come te l’ avrei notata subito,
eppure tu mi conosci, non mi stupirei se mi chiamassi per nome nome,
hai indagato su di me, probabilmente sai che lavoro faccio, sai che sono religioso,
magari sai anche per quale squadra di calcio parteggio.
Chi sei, cosa cerchi di fare con me, che io non t’ ho dato il permesso di fare"?
Volevo pungerla, costringerla a rivelarsi, la sua bellezza, i suoi occhi neri come il caffè,
erano diventati un pericolo, dovevo evitare di farmi di nuovo incastrare da quello sguardo
ma non ci riuscii, più cercavo di evitarli e più mi sentivo attratto da quella profondità,
non brillavano più adesso, s’ erano fatti seri e mi osservavano attentamente,
sembravano scrutarmi l’ anima, cosa c’ era in quella donna di così forte
da poter sopraffare la mia volontà, non certo la bellezza, a quella c’ ero abituato,
sono un pittore ed ho avuto modelle bellissime ma mai nessuna
era riuscita a prevalere sul mio conscio annullandolo come stava facendo lei.
"Voglio che tu sia il primo a ricevere il dono dell’ immortalità, sai, ho un tuo dipinto
su una parete di casa mia, rappresenta una donna che esce da un uovo gigantesco
in cui si intravedono tanti altri esseri umani che stanno apprestandosi ad uscire,
è un simbolo di rinascita per l’ umanità, sicuramente volevi esprimere questo
quando l’ hai disegnato". Ricordavo quel quadro, l’ avevo intitolato Rinascita
e voleva rappresentare esattamente quello che Barbara m’ aveva detto.
"Si, è un mio disegno, si chiama Rinascita, mi lusinga che l’ abbia tu
e che possa averti ispirata nelle tue ricerche, ma non vedo come questo
possa averti suggerito che io potrei essere la persona più adatta per il tuo esperimento.
Io non credo che tu sia in grado di fare quello che dici, o perlomeno,
non hai certamente considerato le conseguenze di quello che vorresti fare,
tutte le possibili implicazioni, etiche, fisiche e psicologiche,
la nostra mappatura genetica è molto più di quanto noi siamo in grado di comprendere,
è una lingua che noi non sappiamo parlare, siamo come bambini
davanti a una montagna di cioccolata, cosa faremo, ce la mangeremo tutta fino a stare male
o cercheremo di conservarla per poterne avere anche fra un po’ di tempo?
L’ immortalità è un’ alchimia pericolosa, in un mondo pieno di violenza, di guerre, di soprusi,
come si può pensare di vivere per sempre? Se questo privilegio dovesse toccare ad un maniaco,
che ne sarebbe delle sue vittime, potrebbe seviziarle all’ infinito"?
Erano argomenti forti i miei e sicuramente lei ne era stata colpita,
tanto che aveva abbassato gli occhi e stava girando il cucchiaino nella tazzina vuota,
"io, su di me, l’ ho già fatto", aveva detto tenendo la testa bassa,
poi rialzò gli occhi e mi accorsi che erano lucidi, come attraversati da una forte emozione,
"questa cosa è staordinaria, può cambiare le facoltà di percezione,
riesco ad intuire le intenzioni della gente, interpreto le loro emozioni,
posso dire addirittura che a volte riesco a leggere la loro anima,
anche attraverso piccoli dettagli, gesti, frasi, atteggiamenti,
tu sei buono, lo sento, per questo sono qui adesso, non voglio salvare tutta l’ umanità,
solo quelli che riconosco idonei per affrontare un viaggio che non finisce più
e non sono molti, te lo assicuro".
Mi stava sfiorando dolcemente la mano, avevo notato Franco che guardava compiaciuto
verso il nostro tavolino, spesso m’ ero confidato con lui su come fosse difficile
intraprendere una relazione seria con una donna e adesso
ce n’ era una bellissima di fronte a me che mi rivolgeva gesti affettuosi.
Ritirai la mano lentamente, come per cercare di farle capire che non approvavo
ma che quel gesto m’ aveva fatto piacere.
"Come puoi pensare di conoscere abbastanza per emettere una sentenza così importante?
Se fosse vero quello che stai dicendo, spetterebbe a te decidere
se un uomo potrà o meno vivere per sempre. E se ti sbagliassi nelle tue valutazioni,
se le percezioni amplificate di cui parli fossero solo un primo passo verso la pazzia?
In fondo, da quanto tempo l’ hai sperimentato su di te?
Conosci solo i risultati a breve termine di quello che invece è un esperimento a tempo indefinito".
Aveva ascoltato in silenzio, il suo volto era diventato triste,
nei suoi occhi c’ era la luce di una lacrima.
"Percepisco il tuo dissenso, un po’ mi ferisce ma lo trovo perfettamente plausibile,
è vero, non conosco i risvolti a lungo termine di questa cosa, potrebbe rivelarsi pericolosa,
io l’ ho fatta solo da una settimana e le mie percezioni aumentano in maniera esponenziale,
ogni giorno, ogni minuto. Ho paura Alessandro, cosa mi sta succedendo"?
Mi stava mancando l’ aria, mi alzai di scatto, pagai i caffè e le dissi, "vieni, camminiamo un po’".
La città fuori dal bar correva veloce, troppo veloce per una persona
per la quale il tempo s’ era praticamente fermato,
le presi la mano, tremava, percepivo la sua ansia,
avevo scoperchiato un vaso che non conteneva nulla di buono,
ci incamminammo verso un piccolo parchetto li vicino, almeno gli alberi non corrono
e l’ aria è più pulita, pensavo a come si potesse vivere per sempre,
respirando l’ aria inquinata delle città, "ci vuole un fisico eccezzionale per sopportare tutto questo",
dissi entrando nel parco e fermandomi a guardarla,
"riesci a dormire da quando hai fatto questa cosa e se dormi, che sogni fai"?
Non mi rispose subito, sembrava stesse pensando ad altre cose, non era presente,
i suoi occhi, prima così magnetici, ora apparivano smarriti,
come se qualcosa stesse sovrastando i suoi pensieri, la sua volontà.
"Si, riesco a dormire ma non mi ricordo nulla dei miei sogni,
salvo una spirale infinita che gira su se stessa", c’ eravamo seduti su una panchina del parco,
lontani da occhi indiscreti, mi guardava con aria impaurita, avrei voluto abbracciarla,
stringerla a me, confortarla con l’ unica cosa che avrebbe potuto portare pace
in quel cuore spaventato, un gesto d’ amore, aveva posato la sua testa sulla mia spalla,
i suoi capelli neri profumavano di zagare, ci passai sopra la mano accarezzandoli dolcemente
e inconsapevolmente la strinsi a me, sentivo il suo respiro sul mio petto, era più tranquilla ora,
alzò la sua testa e disse "grazie, grazie per quello che hai fatto, l’ ho percepito sai,
m’ hai fatto stare bene, sei una persona speciale". Aveva sentito le mie emozioni,
tutto questo era davvero eccezionale ma faceva anche una paura maledetta.
"Quindi tu puoi vivere per sempre", le dissi con un nodo in gola, "si,
solo che a questo punto non sono più molto sicura che questa sia una cosa buona.
Avrei voluto farti questo dono ma non credo sia giusto alla luce di quello che potrebbe accaderti".
Parlava di me, ma nel frattempo stava ragionando su se stessa,
la sua situazione non era certo una cosa augurabile a qualcun altro, almeno per ora,
troppe incertezze, incognite, il futuro avrebbe potuto riservarle amare sorprese
"potrebbe anche non accadere nulla di brutto, magari, semplicemente,
l’ effetto di questo esperimento svanirà in breve tempo e tu ritornerai ad invecchiare
e a percepire gli altri in modo normale". Volevo incoraggiarla,
non potevo lasciarla sola con addosso una verità più grande di lei.
"Le manipolazioni del DNA. innescano una serie di mutazioni a livello genetico che sono irreversibili,
anche volendo rimettere le cose a posto con un’ altra modifica genetica, non si risolverebbe nulla,
anzi, il rischio di peggiorare la situazione è altissimo e non è proprio il caso di provarci,
qualche volta, in laboratorio, abbiamo provato a far tornare come prima
delle cavie modificate ma abbiamo combinato solo disatri,
sono uscite fuori delle mostruosità a livello genetico.
Io sono così ormai, non si può fare nulla, sento il battito del tuo cuore,
percepisco che vorresti aiutarmi, tu sei buono, ma tanti nel mondo non lo sono,
quando mi avvicino ad uno di questi, la sua personalità violenta mi assale e mi spaventa
al punto che in alcuni casi ho dovuto scappare, anche se quello non m’ aveva fatto nulla,
era solo un po’ più vicino degli altri, con te sto bene, ma non posso chiederti di stare con me,
tu invecchierai, mentre io rimarrò come sono e non lo potremo spiegare a nessuno,
altrimenti altri vorranno fare quello che ho fatto io e non possiamo permetterlo".
Stava piangendo, s’ era alzata dalla panchina e con uno scatto improvviso corse via.
La seguii con lo sguardo fino a che uscì dal cancello del parco, avrei voluto rincorrerla,
ma sapevo di non poterla aiutare. Mi incamminai di nuovo verso il bar di Franco e presi un altro caffè,
stavolta al banco, Franco mi guardava incuriosito, poi, servendomi il caffè mi disse
"quindi, dov’è finita la mora? Vi ho visti uscire mano nella mano dal bar,
ti sei fatto una nuova amichetta"? Come avrei potuto raccontargli quella incredibile storia,
" se n’è andata Franco, se n’è andata per la sua lunghissima strada, forse un giorno la ritroverò".
Bevvi il mio caffè nel biccherino in un solo sorso, era caldissimo, il suo gusto forte allontanò
quell’ odore di zagare che ancora girava nelle mie narici. Sono ormai passati trent’ anni
da quando incontrai Barbara, non l’ ho più rivista, il mio viso non è cambiato,
è solo un po’ più paffuto, ho messo su qualche chilo, ho i capelli bianchi
e comincio a non sentire più molto bene. Sono un pittore affermato,
i miei quadri vengono esposti in importanti gallerie di tutto il mondo,
ma non ho mai perso l’ abitudine di bermi un caffè al bar di Franco
che adesso è egregiamente gestito da suo figlio Aldo.
Franco se n’è andato da un paio d’ anni, un tumore, maledetto inquinamento.
Con ancora il mio bel sapore di caffè in bocca, mi accosto alla porta del bar e lì, la vedo,
dall’ altra parte della strada, vestita di stracci con i capelli neri, arruffati,
a chiedere soldi ad un passante. E’ lei, è Barbara, accidenti, era vero, non è invecchiata per niente.
Esco velocemente e attraverso la strada correndo, fino a trovarmela davanti,
il mio cuore batte forte, non ho più quarant’ anni, è girata di spalle ma ha percepito la mia presenza,
si volta lentamente, nei suoi occhi arrossati balenano lampi di follia, piange, poi ride,
poi torna a piangere, "io ti conosco", sbotta singhiozzando, "si, ciao Barbara".
Appena sente il suo nome comincia a gridare come una forsennata,
"ancora, chi è questa Barbara, vattene, non conosco nessuna Barbara".
Si volta e riprende a camminare, canta adesso, poi grida
"Barbara, bha, ma guarda questo, m’ ha chiamato Barbara"
e ricomincia a cantare, ripetendo sempre le stesse cinque parole
"ti posso offrire un caffè, ti posso offrire un caffè".
S’ avvicina ad un signore con un cane, "hey tu, tu sei buono, lo sento, dammi una moneta",
quello le porge una monetina e lei prosegue la sua canzoncina interrotta
a volte da frasi sconnesse "ti posso offrire un caffè, ti posso offrire un caffè, ha ha ha ha ha ha ha,
Barbara, ti posso offrire un caffè, ti posso offrire un caffè,io non mi chiamo Barbara,
ti posso offrire un caffè, io posso vivere per sempreee".