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Il mare, il sole caldo sulla pelle subito dopo un bagno e una doccia fredda, un lettino ben piazzato in mezzo al gruppo degli amici, ci invidiano in molti, nella nostra compagnia ci sono ragazze che hanno i numeri, tutti i numeri al loro posto e ragazzi che invece i numeri li danno, nel senso che siamo sempre pronti ad inventarci qualcosa per farci due risate. In questo momento pero’ no, adesso è relax, gli occhi sono socchiusi, le voci si confondono con il suono delle onde, una leggera musica dal baretto allontana le preoccupazioni e fa cantare i pensieri “ the girl from Ipanema goes walking..”. Dura sempre poco, ecco il solito esagitato che non riesce a stare senza far niente più di dieci minuti tirarmi il pallone sulla pancia, proponendo una palletta di gruppo in acqua; banale anche se divertente, preferisco raccogliere l’ invito di Lisa e fare una passeggiata con lei sul bagnasciuga. Mi prendo il portafogli, ci potrebbe scappare un gelatino e via, accidenti a me, non potevo mettermi le ciabatte? Se provo ad appoggiare i piedi sulla sabbia asciutta mi ustiono e per arrivare alla gelateria bisogna percorrere un lungo tratto di spiaggia interna. Lisa si è messa le ciabatte e senza pensarci troppo cammina tranquilla sulla sabbia rovente: “ non vieni? Dai che ci prendiamo un gelato!”.I miei poveri piedi stanno urlando vendetta ma dal mio volto traspare solo un timido sorriso: “ un gelato? Ma certo! Ho preso apposta il portafogli, stavolta tocca a me però, l’ ultima volta ha pagato Gianni, oggi pago io”... eccome se pago, la pago carissima! Ustioni di terzo grado su entrambe le piante dei piedi, fuori sorrido e scherzo ma dentro sto urlando strazianti grida di dolore. Finalmente arrivo alla passatoia di legno, Lisa è salita con le ciabatte e io? Io sono accanto a lei, non le posso certo chiedere di spostarsi, “ ma come fai a camminare su questa sabbia a piedi nudi?” Domanda lei innocentemente, “ perché? Mica scotta ...” mi sto dando del cretino da solo dato che con quella affermazione mi sono giocato la possibilità di salire sulla passatoia. Per fortuna lei è sveglia, “ ma certo che scotta! Forza, sali qui sopra altrimenti ti fai male”; che stupido sono stato, un concentrato di orgoglio maschile e imbecillità che Lisa ha sicuramente scoperto probabilmente fin da quando mi ha proposto il gelato. Ce l’ ho fatta, pago io senza obiezione alcuna. Il ritorno è diverso, non fingo più, con pochi salti sulla punta dei piedi sono a bagno nel mare. Lisa mi raggiunge comodamente gustando il suo cono mentre io mi immagino una scena tipica dei cartoni animati quando uno si scotta e poi entra in una vasca e si vede la nuvola di vapore salire dall’ acqua; di solito quel malcapitato assume un’ espressione beata, di enorme sollievo, ecco, all’ incirca così deve essere la faccia che sto facendo io perché Lisa s’è messa a ridere dicendo: “ per fortuna non scottava, hai fatto dei salti che sembravi un canguro! Buono il gelato, tu che gusti hai preso?” Guardo il suo cono, è tutto alle creme, probabilmente caffé o nocciola e di certo cioccolato, “ io amo i gusti alla frutta e poi qui li fanno davvero buoni, la pesca sa di pesca e l’ ananas sa di ananas, non come tante gelaterie che fanno i gelati tutti con lo stesso sapore”- “ a me piace il cioccolato, tanto cioccolato, buono cioccolato” mi risponde con un’ aria sbarazzina da bambinella golosa, non l’ avevo mai vista così, gioca a fare la bambina, cosa devo fare? Stare al gioco e vedere dove vuole arrivare o mantenere un sobrio equilibrio dimostrandomi un uomo tutto d’ un pezzo? Sinceramente non mi è mai interessato molto apparire macho mentre invece adoro giocare, probabilmente sono un bambinone troppo cresciuto e così rispondo, “ se mi fai assaggiare il tuo io ti faccio assaggiare il mio”. Lo faccio usando il suo stesso modo di fare, lasciando emergere il bambino che c’è in me. Lei rimane per un momento a guardarmi e poi esclama come stupita “ ma tu, tu sei un bambino! Ma quanti anni hai? Come mai sei così grande? Dov’è la tua mamma?”.E’ bellissima, questo è quello che ho sempre cercato in una donna, una complicità, una semplicità, che ti consenta di mostrarti per quello che sei davvero, per quello che sei dentro. “ Sono così grande perché ho tanti anni, ma tanti tanti e la mia mamma non c’è più, però sono un bambino, davvero sai?” Ho detto questa frase come se avessi non più di tre anni, e al pensiero di mia mamma mi sono sentito proprio come un bimbo e mi sono venute le lacrime “ sei un bambino triste allora, perché non hai più la mamma, anche io non ho più il papà, se n’è andato con una scema, ma il mio gelato è più buono del tuo”. E’ riuscita a sdrammatizzare una cosa pesante come la perdita di un genitore passandone indenne, proprio come fanno i bambini in alcuni casi “ dai, fammelo assaggiare, anche a me piace il cioccolato, uffa!” – “ va bene, ma solo un morso piccolo piccolo, se no me lo finisci tutto.” Nel frattempo siamo arrivati alla spiaggia e ci sono gli altri che guardano, meglio assumere un atteggiamento più normale e anche Lisa riprende il suo consueto modo di fare elargendo sorrisi a tutti i presenti. Il resto della giornata scorre sereno fra una nuotata, un po’ di tintarella e due tiri a palla con gli altri; solo poco prima di andarsene Lisa mi si avvicina con la sua inseparabile amica Giulia e con lei presente mi chiede parlando ancora come una bambina “ è vero che tu sei un bambino? Dai, dillo anche a Giulia che non ci crede”. Che fare? Il rischio è di dare a queste due un buon motivo per farsi una risata alle mie spalle e allora, cosa c’è di male, al massimo si saranno divertite un pò, così rispondo in bambinesco “ io un bambino? Certo che sono un bambino, perché? Perché sono così grande? E allora? Io sono un bambino grande, è la prima volta che ne incontrate uno?” Incredibile, anche Giulia assume lo stesso atteggiamento e mi dice “ no, noi ne conosciamo tanti, se vuoi, qualche volta li facciamo conoscere anche a te, così giochiamo tutti insieme”. Mi sorridono gli occhi, non mi sembra vero di aver trovato una complicità così sottile, “ va bene” dico sorridendo ma con voce normale perché altri mi stanno guardando, “ ci conto allora...” – “ contaci” risponde Lisa alzandosi e allontanandosi dal mio lettino mentre Giulia le sussurra qualcosa all’ orecchio che la fa esplodere in una divertita risata, “ ecco, mi sono fatto prendere in giro un’ altra volta, va bè, contente loro, se si divertono per così poco”. E’ passato circa un mese dall’ ultima volta sulla spiaggia, Lisa e Giulia sono partite per un viaggio da un po’, meglio così, almeno non hanno avuto modo di alimentare chiacchiere sulle mie “ stranezze”. Alberto ha organizzato una festicciola a casa sua, ci sono quasi tutti gli amici della spiaggia oltre ad un gruppetto di ragazzi amici di Federica, la ragazza di Alberto. Sono tranquillo, appoggiato ad una colonna ed osservo i ragazzi sorseggiando una birra: “ ciao bambino, come stai? Lo sai che io sono andata in vacanza con la mia mamma?” mi volto e alle mie spalle c’è Giulia che mi ha parlato in quel modo che ho ormai definito bambinesco “ ciao Giulia, senti... io non so cosa ti abbia raccontato Lisa ma guarda che per me era solo un gioco”, ho risposto con serietà, non voglio che mi prendano in giro, lei ha abbassato gli occhi e adesso sta quasi piangendo e picchiando un piede in terra mi risponde “ ecco, uffa, siete tutti uguali, avete tutti paura di far vedere chi siete veramente”. Sembra proprio una bambina che sta facendo i capricci mentre si è avvicinata anche Lisa sorridendomi per salutarmi. “ Ciao, come stai?” dice allegramente tendendomi la mano. Giulia la guarda con un’ aria avvilita e continuando a fare i capricci le dice “ ha detto che lui non è un bambino, che stava solo giocando” Lisa stringendo la mia mano le risponde “ ha ragione a non farsi vedere, se gli altri dovessero accorgersene ci prenderebbero in giro tutti, lo sai che non dobbiamo farlo dappertutto, abbiamo i momenti ed i luoghi adatti per lasciarci andare, guarda che ti stai rovinando il trucco”. Mi accorgo solo ora che una lacrima sta scendendo sulla guancia di Giulia e capisco finalmente che quello non è esattamente un gioco o meglio, non è solo un gioco, è qualcosa di più vero, coinvolgente, interessante. Lisa si è guardata attorno un momento e una volta accertatasi che nessuno ci prestasse attenzione, ha assunto un’ aria imbronciata e mi ha detto stringendo i pugni: “ guarda che noi bambine siamo sensibili, dovrai chiedere scusa a Giulia ma non adesso, vieni a casa sua venerdì alle otto e mezza e cerca di non sentirti troppo adulto, per piacere” aveva parlato in bambinesco ma con un tono autoritario questa volta, non avrei mai pensato che la cosa potesse prendere una piega di questo tipo. Venerdì, otto e mezza precise, suono il campanello di Giulia e viene lei ad aprirmi con un sorriso meraviglioso: “ ciao bimbo nuovo, tu come ti chiami?”. Voglio stare al gioco e così rispondo in bambinesco “ Alessandro, e tu sei Giulia!”. Lei dopo aver riflettuto un attimo risponde “ Ando, tu ti chiami Ando, io invece mi chiamo Ulia, vieni Ando, non avrai mica paura”. Accomodandomi in sala sento Lisa dalla cucina chiedere “ Ulia, è arrivato il bimbo nuovo?” Non c’è nessun altro, solo loro due ma Lisa mi viene incontro abbracciandomi e mi dice: “ ciao bimbo nuovo, tu come ti chiami?” Adesso lo so come mi chiamo “ ciao, io sono Ando e tu?”. Mi ha buttato le braccia al collo stringendiomi forte “ Lisetta, mi chiamo Lisetta, sono contenta che tu sei un bambino, ciao bambino, vuoi bere l’ aranciata? Gli altri arriveranno tra un pò.” Mi guardo attorno, sembra di essere nella casa delle bambole, ci sono peluches dappertutto, orsacchiotti, fatine con le ali, un enorme cane di pezza fa la guardia in un angolo. Suona il campanello e Ulia corre ad aprire, sono due signori di una certa età, capelli bianchi e rughe sul volto, devono essere marito e moglie, non appena vedono Ulia cominciano a parlarle in bambinesco “ ciao bella bambina, come stai? Che bel vestitino che hai, te l’ ha comprato la tua mamma?” – “ ciao” risponde lei gioiosa “ sapete che c’è un bimbo nuovo?” li invita ad entrare in sala da dove io li sto guardando esterrefatto “ ciao bimbo nuovo, tu come ti chiami? Io mi chiamo Ancecco, hai capito? Ancecco e lei invece è Cuadia, tu come ti chiami?”. Stanno facendo il girotondo attorno a me e con loro si sono unite anche Ulia e Lisetta, mi sento un po’ stupido a dire il vero, quei due sono troppo grandi per comportarsi come dei bambini ma non voglio rovinare l’ atmosfera e allora mi adeguo e rispondo “ ciao bambini, io mi chiamo Ando, giochiamo a nascondino?” Non l’ avessi mai detto, Ulia ha cominciato a contare e gli altri si sono già nascosti, dove vado? Bambino sì, ma sono alto un metro e novanta, non è facile trovare un posto per nascondersi. Ecco, Ulia ha finito di contare e io mi infilo dietro la tenda, mi si vede benissimo ma ciò nonostante sono convinto che non mi troverà, trattengo il fiato mentre mi passa davanti, “ Ando, dietro la tenda, si vedono le scarpe!” mi ha beccato subito, penso, “ se nessuno fà tanaliberatutti mi tocca star sotto” è strano, mi ricordo le regole come avessi giocato ieri l’ ultima volta, ma la cosa più incredibile è che sono davvero in ansia, spero tantissimo che qualcuno mi liberi. Mentre sono assorto in queste sensazioni, Ulia grida “ Lisetta, Lisetta sotto il letto e Ancecco dietro il divano!” li vedo uscire con gli occhi tristi ma ecco Cuadia uscire dalla porta del bagno e Ancecco incitarla “ liberaci, corri” sono istanti lunghissimi, Ulia s’è accorta troppo presto del tentativo, anche Lisetta incita Cuadia ma Ulia arriva prima, niente tanaliberatutti, tocca a me star sotto. Comincio a contare quando suona il campanello “ questi sono Tefano e Essia, dopo giochiamo ancora”, questa volta sono dietro a Lisetta ad accogliere i nuovi arrivati, sono Stefano e Alessia, due amici della spiaggia, niente riserve, ormai sono nella parte “ ciao bambini” esclamo gioioso. Tefano mi guarda poi guarda Essia e le dice “ un bimbo nuovo hai visto?”.Essia mi guarda sorridendo e mi rivolge l’ ormai consueta frase “ ciao bimbo nuovo, tu come ti chiami? Io mi chiamo Essia e lui è Tefano” per me risponde Ulia “ Ando si chiama Ando, sai che si è nascosto dietro la tenda e si vedevano le scarpe?”. Tutti sbottiamo in una sonora risata alla fine della quale prende la parola Ancecco ma questa volta con voce da adulto, “ bene, caro Alessandro, abbiamo tutti potuto vedere che dentro di te si è conservato meravigliosamente il bambino che gioca, sai, non è un privilegio che hanno tutti, spesso la gente si vergogna di farsi vedere, capita qualche volta fra due innamorati, anche se purtroppo sempre più raramente, comunque noi ci siamo proposti di conservare e alimentare questo bellissimo aspetto della natura umana e abbiamo organizzato questo gruppo. Per ora siamo una quindicina ma si aggiungono bimbi nuovi molto spesso. Cosa ne pensi, vorresti entrare a far parte del nostro gruppo?”. Non ho nessuna voglia di smettere di giocare e così rispondo in bambinesco “ io però sono davvero un bambino, certo che voglio giocare con voi, dai, giochiamo?”. Lisetta mi si è avvicinata e m’ ha preso entrambe le mani dicendo “ ciao bimbo nuovo che ti chiami Ando, benvenuto nel nostro gruppo, siamo contenti che anche tu hai voglia di giocare, quello che conta è rimanere bambini dentro, per sempre”.
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«Non è accaduto veramente, anche se mi piacerebbe.» |
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