Ti osservo dentro il tuo silenzio referenziale, mentre stai guardando in estasi questo tramonto
di fumo ed ombre, di un rosso sparpagliato in macchia dissolvente.
Socchiudi lentamente le tue umide palpebre, mentre inali singhiozzando un poco d'aria nei polmoni.
Ti sono accanto, anche se tu non hai consapevolezza della mia vicinanza.
Fanciulla così triste, tanto, da sprofondare distrattamente in te stessa.
Tutto in noi ci rapporta inevitabilmente alle leggi obbligate, del nostro viversi il quotidiano.
Io, che sono un fatalista ormai, un viandante casuale, un uomo fin troppo stanco.
Dallo smarrimento individuale, ne veniamo rapportati tutti noi. La nostra adolescenza tra voli mentali sognanti, e i nostri fragili e mutevoli pensieri.
Ti osservo acerba donna, e da dentro un mio silenzio reverente. Sto guardando in te, ciò che non stupiscono più i miei stanchi occhi.
Ragazza mia, dove sono le tue forti emozioni ora, e le tue mille certezze così tanto sperate tra battiti di cuore palpitante, e palpebre stupite!
Dov'è il mio stupore per tutto ciò che è insito nella fragilità dell'uomo!
L'abitudine al male per la nostra sopravvivenza, figlia mia, non è che una sporca necessità.
Nell'animo mio, ancora vi sgorga un minimo di dolore, e percepisco dolente, l'altrui sofferenza.
Una lotta acerrima e aspra la mia, a favore della vita.
Una mia battaglia spasmodica verso il giusto senso dell'esistente, e una mia lunga attesa donde trepida ancora … il mio stupore.
Ti sto osservando nella tua malinconia, e mi commuovo anch'io, ragazza a me sconosciuta.
Io che ho aridità negli occhi, e che sono un uomo che ha vissuto tutte le guerre dell'animo.
Ti sono accanto, giovane dai capelli neri e rilucenti, per tutte le lacrime che dovrai sgorgare in questa vita, e per tutta l'esuberanza giovanile che dovrai amaramente rinnegare in te stessa.
Mi allontano furtivo da te, e ti lascio in balia di questa luce diffusa dentro un caduco crepuscolo.
Questo splendido tramonto che sembra voglia lenire il tuo dolore.
La sofferenza giovanile che è parte costante di una crescita individuale.
Il medesimo confino nel dolore, che tutti noi dobbiamo intraprendere, e che è di ognuno una inderogabilità esistenziale.
Ti lascio ... estranea dagli occhi lacrimanti, e arretro furtivamente per non disturbarti da questa tua momentanea necessità.
Le gocce di pianto che bagnano il tuo giovane viso, lo solcano sino alle rosee gote. Le lacrime stesse hanno assunto un colore rosa attenuato, tanto, che mi appaiono come fossero un prolungamento dei raggi di luce emanati da questo globo discendente.
Questo sole soffuso che mi appare lascivo e malinconico, proprio come te, e che pigro e svogliato si avvia lento, verso il suo necessario compimento. |
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