Il film di Friedrich Wilhelm Murnau, liberamente tratto dal romanzo Dracula di Bram Stoker, è senza ombra di dubbio una delle opere più affascinanti del cinema dell’ orrore in assoluto, insieme agli altri film che hanno lasciato un segno indelebile durante la Repubblica di Weimar: Lo studente di Praga (Stellan Rye, 1913), Il Golem (Paul Wegener, 1920) e Il gabinetto del dottor Caligari (Robert Wiene, 1920).
La storia raccontata da Johann Cavallus si svolge in Transilvania, sul Mar Nero, « nella terra dei ladri e dei fantasmi» e nel porto di Varna. Gli sfondi naturali della campagna tedesca e gli interni da « Kammerspiel» 1, dove il regista ha ambientato il suo conte- vampiro, « sembra[no] prendere possesso di questi luoghi e spogliarli della loro identità. Le bare e i vani di porta diventano nicchie fatte per il suo corpo emanciato e i campi nudi sembrano diventare più vasti dietro la sua forma nodosa». 2
La presenza inquietante dei paesaggi, che segnano una linea d’ ombra labile tra l’aspetto onirico di un incubo e la proiezione di esso sulla psiche umana, deve essere interpretata in chiave figurativa.
« Nosferatu – scrive Goffredo Fofi in Come in uno specchio – è un viaggio nel subconscio e nella fascinazione della paura, della morte, dell’ occulto, del negato, del rimosso, che evita l’ armamentario dell’ espressionismo per una romantica perlustrazione di figure da suspence» 3.
La paura che attanaglia gli abitanti delle città, e nello stesso tempo li libera dai loro condizionamenti psico- sociologici, sembra essere più la manifestazione spontanea di un malessere esistenziale che l’ angoscia di un’ intera nazione in preda ad una crisi isterica collettiva.
I discorsi essenziali, ma efficaci, riportati nelle didascalie del film muto, accentua la « verve» ironica di Hutter (« Le zanzare sono un vero tormento. Due di esse mi hanno procurato due punture sul collo, proprio una accanto all’ altra») e il malizioso humour del Conte Orlok (« Che splendido collo ha sua moglie…».
Il linguaggio ridondante dei personaggi che animano l’ opera di Murnau rende più gustoso il film, ma lo colloca inesorabilmente in un « filone» cinematografico specifico nel suo genere e, inverosimilmente, attuale per la bravura della « mano che gira la manovella» 4.
Straordinaria è la ripresa delle onde del mare, della « nave- fantasma» alla deriva, della sequenza dello spaventapasseri che gli inseguitori di Knock prendono a calci e a pugni e, soprattutto, quella in cui Hellen aspetta lo sposo sulla spiaggia e dove spiccano delle croci…
Il film di Werner Herzog Nosferatu, il principe della notte del 1979 risulterà una mera imitazione del capolavoro murnauniano, nonostante l’ impegno attorico di Klaus Kinski, Isabelle Adjani, Bruno Ganz, Roland Topor e Jacques Dufilho e dimostra che raramente un’ opera artistica può pretendere di riscuotere il successo che soltanto gli spettatori vissuti in quel particolare e delicato periodo storico hanno legittimamente decretato.
- Nel cinema il « Kammerspiel» è stato usato per definire una particolare tendenza stilistica della cinematografia tedesca nel periodo compreso tra il 1920 ed il 1924. Il film K. Si svolge in pochi ambienti con pochi personaggi. Ad un intreccio estremamente semplice e lineare corrisponde un acuto approfondimento dell’ intima psicologia dei personaggi affidato a mezzi puramente cinematografici. La paternità stilistica va attribuita a Carl Mayer, ispiratore e sceneggiatore dei films più rappresentativi di questa tendenza. A. A.V. V., Universo – La Grande Enciclopedia per tutti, vol. VII, (IE- LOM), Istituto Geografico, Novara, 1970, pag. 266.
- Eric Rhode, A History of the Cinema. From its Origins 1970, Londra, 1976.
- Goffredo Fofi, Come in uno specchio. I grandi registi della storia del cinema, Donzelli Editore Roma, 1995.
- Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Garzanti, Milano, 1993, pag. 7.