Il mito di Hollywood, durante l’ era del muto, era legato soprattutto all’ attività frenetica dei pionieri che lavoravano attorno all’ invenzione di Lumiè re, come se fosse destinata a scomparire nello spazio di poco tempo.
Il film muto che maggiormente evidenzia tale euforia è Maschere di celluloide (Show people, 1928) di King Victor che fu girato dopo l’ avvento del sonoro. Gli attori del mediometraggio (Marion Davies, William Haines, Dell Henderson, Paul Ralli) interpretano abilmente il ruolo di alcuni aspiranti divi impegnati in un meccanismo produttivo cinematografico, che non aveva niente da invidiare a quello dei nostri giorni.
La figura della giovane commediante, recitata da Marion Davies, è ispirata a quella della prima star in assoluto di Hollywood, Gloria Swanson. Altri attori di fama mondiale accettarono di rappresentare se stessi, come Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks, John Gilbert, il regista William S. Hart e la giornalista Louella Parsons.
Il regista, autore di altri capolavori (La grande parata, 1925, La folla, 1928…), è riuscito nel suo intento di voler mostrare le quinte della lavorazione dei film « dove ogni giorno comici serissimi cerca[va]no di sbarcare il lunario guadagnando risate».
Rimarrà negli annali della storia del cinema la scelta del cineasta di inserire nel film, in una serie di significative « mises en abyme» che dovevano apparire dissacranti in quel periodo, la proiezione di Bardelys il Magnifico (Bardelys The Magnificient) e l’ interpretazione di se stesso nell’ ultima scena di Maschere di celluloide.
Il ritmo del film alla slapstick1 ha permesso a King Vidor di ricostruire sul set l’ atmosfera hollywoodiana, alla soglia del crack economico del 1929, senza dover soffermarsi, a ogni costo, sull’ aspetto psicologico di ogni singolo personaggio.
«Mi piace immaginare il film come un’ opera sinfonica – scrive il regista texano – concepirlo come una creazione musicale. Spesso mi sono servito di questo principio. Intendo cioè stabilire un tema fondamentale, per allontanarmene e ritornarvi con variazioni che finiscono per metterlo maggiormente in evidenza». 2
Maschere di celluloide è un affresco estemporaneo del mondo cinematografico prima della proiezione de Il cantante di jazz (The Jazz Singer, 1927), il primo film sonoro che salverà sì dalla bancarotta la Warner Bros, ma che decreterà ufficialmente la morte del film muto.
Il film Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the Rain, 1952) di Gene Kelly e Stanley Donen descrive alla perfezione il passaggio dal muto al sonoro e le difficoltà che una giovane attrice, dalla voce sgradevole, incontra per continuare a recitare a Hollywood.
André Malraux, in Esquisse d’ une psychologie du ciné ma, afferma che l’ adozione dell’ uso del suono da parte della settima arte non è stato «un perfezionamento, ma un diverso mezzo di espressione».
In altre parole, la sintesi tra il teatro parlato e il cinema muto.
1 Slapstick è un termine cinematografico statunitense che indica un tipo di comicità basata sul linguaggio del corpo, nata con il cinema muto.
2 Goffredo Fofi, Come in uno specchio. I grandi registi della storia del cinema, Donzelli Editore Roma, 1995