Quando arrivava la primavera il mio cuore, si apriva come la corolla di ogni fiore , pulsavano forte i battiti del nuovo, del risvegliarsi alla vita. Dall’albero dell’ Acacia un profumo dolce mi trasportava lontano da me, tra radici di terra e legna bruciata, io chiamavo ciò "Appartenenza". Si! Appartenevo al tutto, ero parte integrante di un componimento naturale, di un quadro dipinto dall'ignoto Signore del tempo. Volavo a tratti e a ogni incontro con il femminile dentro di me vestito di luce, mi commovevo pensando al bello del mondo e al miracolo della creazione. La primavera avanzava lentamente, piano i sogni prendevano corpo materializandosi a ogni crepuscolo che il tempo pemetteva. Cantavano i grilli e le farfalle svolazzavano per le strade affollate, sorrideva il mondo… e la luna di sera brillava di luce ballando tra gli odori che la terra esalava. Erano altri tempi e altri modi di appartenenza ad un mondo diverso, mondo che non era arrabbiato nè offeso dall'uomo. Quasi tutti sorridevano al piacere di girare nel vuoto spazio con esso tra stelle in festa . Le fanciulle si vestivano di colore e l’ innocenza traspariva dai loro volti con una piccola smorfia censurata dal rosso delle gote, avvertivano il tumultuoso e tellurico movimento dei loro cuori, l’aprirsi alla vita e al desiderio impetuoso dell’amore e dell'essere vive e presenti nel tempo. Come le api i ragazzi annusavano il loro profumo lontano un miglio e ne seguivano in fretta la scia odorosa, frenetici rincorrevano i loro passi. Altri tempi, altro modo di vivere, altro modo di stare ed essere presenti al mondo. Come cantava il cardellino con le ali macchiate dentro il mio cuore. Cantava e sognava, a volte, trasportato dalla fantasia, volava nei giardini dove giocavano le innocenti fanciulle vestite di colore, cinquettava melodie fatte di zucchero filato, ma timido, poi, al primo sguardo con le fanciulle, gli bruciavano gli occhi, scompariva, si ritirava sul ramo più alto tra i profumati fiori . La regina, in quel tempo passato, era la rosa , ma la ginestra gialla, gli tenevano testa, gareggiavano con i loro profumi provenienti dagli abiti di foglie che adornavano il loro corpi magri. Me ne andavo camminando tra giardini fioriti per sentire l’ odore che proveniva dai loro cuori palpitanti, profumo acre, poi, dolce e soave, a volte un albero di limone imbiancato dai fiori di neve, mi distraeva. Ricordi… squarci di tempo di primavere passate, momenti vissuti da timido ragazzo che ero, giovane, fanciullo che cercava profumo di fiori nelle pieghe di ogni cuore. Ne è passato di tempo… dentro al raccoglitore della vita vissuta e fuori di me, momenti si sono susseguiti sfuggendo al tempo e rimanendo impressi nella pellicola che ancora uso, proiettando immagini e scene su di uno schermo di un cinema all'aperto nel labirinto della mente. Ora, tutto è diverso, tutto è cambiato, la primavera è solo un ricordo di un dolce passato... di un tempo rivoltato. Alla terra, gli è stato tolto il cuore e quindi la gittata magica del risveglio non rispetta più la sveglia. Siamo dormienti, non c'è sincronia con la nostra natura, siamo disordine in attesa di ordine. Per fortuna ho preservato memoria ontologica e ancora avverto, stando in disparte dal mondo, dentro il mio giardino segreto il profumo dei fiori, vedo ancora farfalle colorate volare, ginestre singhiozzare e rose profumare. E' come aprire un libro, leggo la storia delle passate primavere e ritorno indietro nelle pagine del tempo, per sentirmi ancora vivo nel momento. Si ancora vivo, con la voglia di vivere e di appartere alla natura che deturpata è stata. Non ce ne siamo accorti che sfreggiando lei, abbiamo violentato noi. All’odore delle rose, abbiamo preferito l’odore dello smog, all’odore delle ginestre, quello della spazzatura etc. L’ uomo si è allontanato dalla naturalezza del suo essere vivo, non è più parte integrante della natura e del tempo che passa, non avverte la voce della terra che lo richiama, non guarda le stelle nel cielo pensando all'artista del componimento, ne al grido di dolore della terra che echeggia dalle sue viscere con furia come un'eco di richiamo ... e nemmeno ciò basta per l'uomo a rimediare a tale dicotomia. Fortunatamente, ancora qualcuno conserva memoria e racconta il connubio che c’era tra uomini e natura e come erano le primavere . Tremavano i rami degli alberi colmi di fiori, l'odore inebriava il tempo che muoveva lento. Le fanciulle si vestivano di colore, le rose profumavano. Le mimose annunciavano l’arrivo della gaia stagione. Odoravano di sale le onde del mare trasportate dal vento sulla scogliera. Il sole appariva lentamente vestito di giallo ad ogni alba, poi, si cambiava gli abiti con il rosso colore prima di tuffarsi nelle profondità del mare.
Profumava tempo fa la primavera. Vestita di colori, si mostrava agli occhi increduli del novizio. Si avvertiva nell’aria profumo di rosa mentre l’essenza dell’appartenenza apriva i cuori come apriva i fiori. Tutti sognavano qualcosa. Le rosse ciliegie dell’amore scoppiettavano nei cuori delle fanciulle. A grappoli, cadevano spontanee, e pronti a raccoglierle erano le bocche affamate degli innamorati. Bocche asciutte dei giovanotti del quartiere. Ora tutto è diverso; tutto è cambiato. Le ciliegie non sono più rosse e saporite, non cadono dall'albero dell'amore spontaneamente. E se qualcuno chiede alla fanciulla del sapore delle ciliegie, la sua lingua gli risponde che non conosce il gusto, né il sogno, nè il rumore del seme legnoso che vibra tra i denti. Possiede a malapena solo l'icona sbiadita del rosso colore delle ciliegie. |
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