Davanti alle assurde proclamazioni di innocenza di chi nel delinquere è colto sul fatto con testimonianze - ad esempio nella strage di Erba 2006, superteste Mario Frigerio- o di chi presenta numerosi indizi scarsamente contestabili, -prove del DNA (Yara 2010) e filmati (Loris 2014)-, mi prende sempre un sentimento di profondo sconforto nel constatare in quanta poca considerazione siano tenuti la dignità e il discernimento.
Nella difesa dei delitti l’ avvocato consiglia l’ uso di dette proclamazioni, nell’ intento di insinuare spesso contro ogni logica, dubbi sulla colpevolezza.
Però il diritto alla difesa dovrebbe orientarsi sulle motivazioni psicologiche -le attenuanti- più che sulla menzogna sfacciata in una totale mancanza di dignità che riesce solo ad offendere il senso della giustizia, e la capacità intellettuale di chi osserva.
Dignità, ovvero quel valore che dà un senso all’ esistenza umana permettendo di non degradarsi.
Chi la possiede non ruba, non uccide, non mente, NON CONSIGLIA la menzogna.
La pervicace negazione di colpevolezza insinuando dubbi, potrà forse ottenere sconti di pena in giudizio, ma quando esistono prove schiaccianti, negli spettatori resta solo l’ attonita consapevolezza di un degrado morale trasversale.
Sappiamo che il fine ultimo è quello di porre le basi per una infermità mentale.
Hanno solo questa giustificazione gli appelli incredibili e pateticamente immorali, di una innocenza che non può esistere e la richiesta degli autori, a non essere abbandonati a se stessi?
Il dubbio che certe linee di difesa siano solo lungimirante avidità, non mi lascia.
Infatti se un imputato viene lasciato solo, la famiglia non ne pagherà l’ onorario, sempre più salato rispetto a quello della difesa d’ ufficio…
12/12/2014