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I felsinei sponsali

Comicità e Satira

Come Ledi Sara dall’ ugula d’ oro convolò col prode Tartarino, Mastro Ingeniere.

Era lo decimo die dello nono mese dell’ A.D. MMXI e vennero li Sponsali anco per li duo Amorosi di Bononia.

Li preparativi furono funestati da ciò che occorse, in quel di Sestino, a Nonna Lucia.

Sapesi che le Ave mal tollerano lo accasamento delle nipoti predilette, ma Lucia Nonna, invero, pazziò. Uno die, non si volle più levare da lo letto e per più jorni proferì farneticanti discorsi. Con magno ispavento de lo figlio suo maggiore, quell’ Ercole degli Ani (di cui parlasi ampiamente in altre Picciole Istorie, como patre della Cecchina et eterno errante in terre lontane) , che, ista fiata, restò trappolato sui monti et assai basito.

Poscia, tutto, o quasi, rientrò in la norma e li duo Amorosi respiraron sollevati, negli elbani Lidi ove preparavansi lo spirito allo gran passo.

Issi, così, dimandaron all’ Ercole di far loro da Cocchier cortese dello Gran carro d’ avorio che li avrebbe menati illo jorno felice. L’ Ercole, che è impatiente e rozzo homo, poco aduso alle elegantie, istranamente accettò (certo perché ancora uno poco stranito!).

A Flos Jani tutti preparavansi per esser degni di tanto Evento.

Cecchina, per testimoniar, voleva esser pulcra ad onta di notti in bianco e faticamento per le due pargole sempre attaccate e vocianti; Giulietta fea la Damigella e pretendea d’ esser più bella della Sposa; Luchino… se dicea già bello a prescindere; l’ Ercole, smagrito, dovea rifarsi lo vestimento di sue Nozze, ma a malincorpo e Monna Hanna s’ affannava inutilmente a comperar stoffe scure per nascondere, almeno uno poco, sua pinguedine debordante. Unica serafica, la fantola Irenina ciucciva lo dito, in mezzo allo trambusto, tanto non l’ avrebber menata seco.

A Bononia, poscia, doveasi convincere Messer Walter, detto Zio Fortebraccio, in primis a lasciare suo romitaggio e poscia a sostituir le solite brache con acconcio farsetto e pure cravattula!

Anche la Lucia Nonna, volle uno vestimento sbrillucicoso, ma di scuro colore, per l’ età vegliarda. (non rutilante e con fessura lubrica, como alle Nozze della Cecchina, ove tanto, ella dicea, vergognossi!).

Austero, più che sempre, era lo patre, Messer Moro de’ Casali, nel suo nobile ristare, reso più dulcio dalla malinconia per la dipartita nuziale della infanta sua adorata. Nello incedere, con allo braccio sua Cinna, parve Patre solenne et pure uno poco Patrino!

Poche cose posson dirsi, invero, di Monna Lauretana, la matre, che era di fastoso abito vestita. La Povera parea aver smarrito non soltanto l’ usata loquela, ma anco sua lodata perizia negli Eventi: se movea como automa, impartendo, alla destra et alla manca, comandi che niuno ascoltava. Sape bene la scrivente quali scherzi giochi Comare Emozione alle trepide Matri!

Li Sposi amorosi eran risplendenti!

Anco lo Tartarin, Mastro Ingeniere, ad onta di suo pelo scuro, per altro acconciamente scorciato, parea aureolato di felicitate e, co la corona fiorita in testa, parve uno dio de’ boschi!

Percorse impatiente e quasi a saltelloni la navata, allo braccio della Matre sua, che parea jovine como una sposa. Ella, di splendido Armani vestita, incedea, benignamente sorridente, fra due ali di folla ammirante (e puro invidiosa, come Monna Hanna…).

Ma la Pulcherrima fue la Sposa: racchiusa in candide, gonfie onde di preziose stoffe che digradavano in lunga coda e co lo bello visino incorniciato da impalpabile velo, lungo anco isso.

Copria con pudico giacchino suo generoso decolte’, che saria esploso la sera, a lo ricco Ricevimento, abbinato a sensuali guantoni trinati, indossati ad evidenziar braccia golose!

Parea più granda, la mia Sarina! Ma, a volte, lo suo trotterellar, fra le ampie gonne, su calzari vertiginosi, la rivelava (evviva!) ancor dulce cinnazza, e desiosa dei soliti jeans.

Fue sempre perfetta: solo allo momento della Promessa s’ impuntò e chiamò “ Signore”, lo suo Sposo (forse inconsciamente memorando i misogini detti dello pare suo!)

E furon canti belli e canti allegri: tutti avevano voci melodiose e fean gara a festeggiar gli Sposi!

La bella gente! Le belle persone! Erano cento e cento eppur tutto fue elegante e di raffinatezza adorno, pur fra tanta contagiosa allegria!

Si sentia nell’ aria lo Bene vero: quello fra li Sposi e quello di chi era loro intorno… Rara e pretiosa sensazion, di bell’ auspicio, soprattutto in tempi tanto crudi!


anna maria grotti 09/11/2011 19:56 866

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Nota dell'autore:
«Luoghi, fatti e persone sono assolutamente... VERI, anche se parodisticamente esagerati!»

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Il primo racconto pubblicato:
 
Ledi Sara (02/10/2011)

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Monna Vannuccia va in pensione (12/10/2011, 1251 letture)


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