Quando Mariella camminava dondolava il suo corpo e il suo grosso ventre come un cavallone pieno di onde. Non aveva fianchi... era fatta come un quadrato. Delle sue gambe si vedeva poco, qualche centimetro di polpaccio che usciva dalla lunga gonna e i bordi dei calzini. Si arrivava dritto dritto ai piedi, piccoli e grassocci. Sembrava direttamente piantata sulla terra. Al polo opposto spuntava la testa. La pelle del suo viso era fresca come quella di un neonato.
Era una goffa creatura senza promesse.
Non aveva mai guardato il cielo se non per scorgere acquazzoni primaverili. Mariella adorava i cambiamenti di stagione. Soffriva di poche patologie: colesterolo, diabete che curava ingurgitando interi vassoi di pasticcini. La malattia più grave era nella sua mente. “ Poverina, non è giusta” dicevano di lei, scrollando la testa. Non riusciva mai ad arrivare dove arrivavano gli altri e quando finalmente arrivava, non trovava nessuno ad attenderla. Questo mondo frenetico non era per lei. Nessun cielo poteva tenerla sospesa.
Era una goffa creatura senza riscatto.
Il terreno vicino alla sua casetta era il suo orgoglio. La zappava, la curava, preparava le sementi. Quando era arrabbiata andava a parlare con le formiche. Nella stagione più mite trascinava i suoi vicini per un braccio e orgogliosamente mostrava loro il miracolo dei prodotti della sua terra dicendo: “ Ecco i pomodori, le patate, le cipolle, i fagioli”.
Amava le sue galline, ne aveva cinque e poiché aveva paura di dovere imparare da loro ciò che non sapeva degli uomini, le aveva condannato al zitellaggio, MAI nessun gallo doveva apparire al loro orizzonte. Mariella conosceva poco gli uomini e quel poco, quasi d'istinto. Pensava che erano delle strane creature, oscuri cavallucci marini dalla lunga coda. Gli uomini dovevano restare nel loro mondo. Lei non aveva intenzione di conoscerli.
Non aveva mai visto il mare. Di notte sognava spesso il mare, anelava il mare come un'anima in pena in cerca di qualcosa di magico. Durante il sonno bussava più volte alle sue onde: “ TOC, TOC” e il mare apriva le sue porte. Quando il sogno finiva e il mare chiudeva le sue umide porte, era l'ora in cui si svegliavano le galline. Anche Mariella si svegliava assieme a loro e andava nel suo campo per togliere la gramigna e vangare le zolle. I suoi vicini la sentivano che parlava sottovoce alle formiche. Dopo si dirigeva dall'altra parte del terreno, andava ad accarezzare le zucchine, ferite a morsi dalle lumache. Usava delle parole tenere per confortare le zucchine.
A pranzo mangiava una zuppa in cui dentro c'era di tutto: latte, brodo, insalata, pasta, riso, polenta. Era il caos che prendeva forma dentro la sua avida bocca.
Era ingorda di tutto. E con lo stesso scrupoloso accanimento rimpinzava pure le sue galline. Certi pomeriggi usciva e andava per le vie del paese. Andava in giro senza una meta dimendicantosi spesso il motivo per cui era uscita. Al di fuori del suo campicello e delle sue galline, il mondo aveva per lei una configurazione indecifrabile. L'unica configurazione certa era il suo corpo quadrato. Da qualche parte per lei c'era anche Dio e, subito dopo, la sua povera mamma morta. A volte, quando cambiava il vento, sentiva sua mamma alitare nell'aria. Si trovava nella pianta del pino, poi nella quercia e qualche volta anche nell'ulivo. Anche sua madre, era stata ammalata nella mente come lei. Non aveva mai conosciuto suo padre.
La mamma di Mariella era morta smaniando d'amore per il medico di famiglia. Lo mandava a chiamare per qualsiasi sciocchezza. Anche sua madre non aveva mai visto il mare ma lo aveva invocato spesso esclamando: ” Mi lego un sasso al collo e mi vado a buttare a mare”. E così Mariella, ricordando le parole di sua madre pensava che la felicità si trovava in fondo al mare assieme ad alghe e conchiglie sempre verdi.
Una notte Mariella sognò di nuovo il mare. L'indomani mattina (per la prima volta in vita sua) fu presa da una grande frenesia e andò a prendere l'autobus che la doveva portare al mare. Fu attratta dall'enorme distesa azzurra, si spogliò in fretta dei suoi vestiti, si buttò e sprofondò più giù...sempre più giù fino a quando diventò una sirena.