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Questo racconto è inserito in:
 Parte 6 della raccolta "Streghe " di Gianny Mirra (6 racconti)
 I racconti del mistero

Wicca (1° parte)

Dramma

''Grande Madre

sia benedetta la terra

sia benedetta la luce

che riscalda il cuore.

Anima Cosmica

sia benedetta il buio

sia benedetto lo spirito

che dal corpo si alza fino in cielo

con la forza dell'amore.

Possano i fiumi scorrere all'infinito.

Possano le onde del mare.

cercare eternamente l'orizzonte.

Possa l'acqua nutrire e dissetare

dalle cime delle montagne

alla più fresca fonte.

Sia benedetta la Natura

siano benedetti i frutti

di ogni pianta.

Siano benedette tutte le foglie, i germogli,

i fiori ed ogni cosa Santa.

Che la vita entri in tutti i semi

che le radici trovino nutrimento,

Dolce sia la notte

portatrice di sogni e buon consiglio

sul carro argentato della luna

il soffio del desiderio

e del firmamento.

Tu la culla

Tu la tomba

quando il tempo pian piano

si consumerà

lento.''

Finì di recitare la sua preghiera rivolta verso la luna, diede un'ultima occhiata alle stelle luminose che brillavano nella notte e si infilò nel letto tirandosi su le coperte.

Aveva lasciato la candela accesa sull'altare che si era fatta in camera sua. La candela Bruciava in una ciotola piena di terra profumata, morbida. L'aveva piantata in mezzo, quella ciotola rappresentava il corpo in miniatura della Madre Terra. Un'altra ciotola più piccola era colma d'acqua freschissima di ruscello. Un vaso di cristallo con dei fiori dentro e contro la parete, una Triade celtica d'argento della grandezza di un piatto da portata.

Edera era nata il giorno di Beltane. Sia madre le aveva dato questo strano ma bellissimo nome per via della grande quantità di edera che cresceva nel loro giardino. L'edera era sempre stata molto amata in quella casa e sua figlia voleva che avessa la sua bellezza, la sua forza ed intensità.

Restò in ascolto per un po' di tempo. Adorava il silenzio della notte, così magico ed introspettivo. Amava spiare i suoni ed i crepitii, ascoltate i versi del gufo e della civetta. C'erano delle notti in cui sembrava si dessero convegno ed allora aveva l'impressione di assistere alla riunione di sagge streghe che si scambiavano formule e pozioni lontane dagli occhi indiscreti degli uomini.

A volte aveva la fortuna di sentire il verso di una volpe passeggera o il canto dei grilli che le rapivano il cuore. A volte vedeva muoversi delle ombre scure tra le fronde e qualche innocuo pipistrello urtava maldestro contro i vetri della finestra aperta.

Da sua madre aveva avuto il ''dono,'' la speciale sensibilità che le faceva percepire anche gli angoli più nascosti della natura e dell'anima umana. Lei sentiva la vita degli elementi dentro di sé e li custodiva come una guardiana avvolta in uno scialle di silenzio.

Toccava gli alberi e li baciava, sfiorava i fiori e li adorava. Parlava con i fili d'erba che crescevano sui prati e ringraziava Madre natura, la Grande Madre di tutte le cose che dava la vita a tutto e a tutti.

Da quando erano morti i suoi genitori in un incidente stradale, Edera aveva dovuto darsi da fare per mantenersi. Fece molti lavori da quelli più umili a segretaria per un architetto, dall'assistente in un ambulatorio di odontoiatria all'operatrice di Call Center. Erano passati nove anni da quando le anime dei suoi cari genitori si erano unite allo spirito della Grande Madre. Sicuramente si erano già incarnati in qualche parte del mondo oppure in uno di quei fiori che nascevano spontanei dentro i prati che tanto amavano. Magari suo padre volava nel cielo sfiorando le onde del mare come un gabbiano oppure dipingeva i suoi quadri in qualche luogo fantastico che rappresentava sulle sue tele.

Riuscì a mitigare il dolore di una perdita così grande, con la spiritualità, la fede nel Grande Spirito che da vita a tutti gli esseri viventi. Lo sentiva ovunque, nell'aria, nell'acqua, nel fuoco e nella terra. Nei fiori, nei frutti, nello studio e nell'amore. Edera non era un'eccentrica. La sua spiritualità la viveva dentro di sé. Non amava circondarsi di simboli, colori strani, sovrastrutture e arie da streghetta fuori dall'ordinario, cose che avrebbero reso la sua fede più un rituale vuoto che una vera fusione con il tutto.

Prese sonno quasi subito. La giornata era stata molto pesante attaccata ai telefoni della sua postazione. Sognò una lunga strada luminosa ed un'altra se stessa che camminava dandole le spalle. Inseguì la figura che intanto si era addentrata in una grotta di pietra, da dove dal suo interno, uscivano le stelle del cielo andandosi a mettere in alto nella cupola blu scuro della notte.

Una folata di vento le portò un fiore rosso che le si impigliò tra i capelli e mentre cercava di toglierselo sentì un profumo sensuale di legno, zenzero e cumino accarezzarle prima la guancia e poi le narici. Una mano maschile le toccò delicatamente il mento. Era una mano dolce e fiera, con una cicatrice a forma di mezzaluna sul pollice destro.

Al mattino Edera si svegliava molto presto. Non amava dormire molto, le piaceva respirare le prime ore del giorno. Di solito si svegliava al canto del gallo, quella mattina indugiò un po' di più tra il tepore delle lenzuola ma appena sentì gli uccellini cantare fuori dalla sua finestra, si svegliò e scese dal letto.

''Benvenuto sia il giorno

benedetta la sua luce pura

che dalle braccia dell'aurora

porta nel mondo

la dolcezza del mattino.

Benvenuto il tuo respiro

e benedetta sia l'aria

che riempiendo i polmoni

ci da la vita.

Ogni cosa secondo l'ordine

della tua anima infinita.

Pace in cielo

e pace sulla terra

Grande Madre dal grembo fecondo

ogni battito

esce dal tuo cuore immenso.

Benedetto sia il sole

che riscalda montagne, mari e valli

che sia sano il suo calore

che sia felicità

sia amore.

Così sia!''

Recitò rivolta ad est mentre il sole nasceva dietro le montagne col suo disco chiaro e lucente.

Inspirò ed espirò profondamente più volte. Fece una doccia, si vestì e se ne andò a passeggiare per le strade della città. Osservava tutto, qualsiasi cosa, dagli ucellini agli altri animali che incontrava, dalle nuvole nel cielo alle farfalle, i rami degli alberi, il delicato fischio del vento che le accarezzava i capelli. Sentiva una grande pienezza nel suo spirito e ne faceva tesoro riempiendosi il cuore di tutte le piccole cose che la natura ci dà ogni giorno ma di cui di solito non ci si fa caso. Il profumo del pane caldo le dava quel senso d'infanzia che la coccolava. I sacchettini di lavanda messi nei cassetti e negli armadi, i canti alla luna nelle sue manifestazioni notturne. La gioia di vedere nuove piantine crescere spontaneamente nel suo giardino. La vita le sembrava più intensa e degna di essere vissuta. Aveva imparato a distaccarsi dai sentimenti volgari e vili della società: dalle invidie, gelosie, ipocrisie di cui si nutre la gente meschina priva di ricchezza interiore. Notava in giro un crescendo di aggressività e follia, amarezza e frenesia data dall'esasperazione velocizzata di tutte le figlie dell'arroganza e dell'egoismo. Edera preferiva non commentare niente e nessuno, tanto sapeva che non sarebbe servito a nulla se non ad attirarsi nemici in maniera gratuita. La gente cambia di continuo, i suoi sentimenti cambiano, un giorno si amano l'altro si odiano, l'altro ancora si massacrano, poi si riconciliano e poi ricominciano. Lei sapeva di essere diversa dagli altri, la sua sensibilità e nobiltà d'animo era così netta da sembrare venisse da un'altro pianeta in confronto al disordine psichico e morale degli uomini comuni.

Si ricordò del sogno e della mano maschile con la cicatrice sul pollice destro. Che sogno incredibile!

Forse voleva dire qualcosa! Il tempo le avrebbe confermato o meno questo segno. Tornò a casa. Dietro la porta c'era Luna la sua gatta bianca con gli occhi color dell'ambra e dello smeraldo.

''Buongiorno mia dolce sorellina, come va? Hai dormito bene?''

Luna miagolò sommessamente facendole le fusa contro le gambe. Si strofinò la testa contro i polpacci di Edera e le passò la coda in mezzo alle gambe. La ragazza le riempì la scodellina d'acqua fresca e l'altra con buonissimi croccantini al salmone e verdure. Luna ne andava matta.

Aveva trovato la gatta quando era molto piccina, uno scricciolo bianco accovacciato sotto l'albero del melo nel suo giardino. Era la notte di San Lorenzo ed Edera era nel retro del giardino a guardare le stelle distesa sulla sua sdraio lilla, la sua sdraio preferita. Cadde una stella e mentre stava per esprimere un desiderio sentì un flebile miagolio nelle vicinanze. La luna piena era scomparsa all'improvviso, forse si era nascosta completamente dietro nuvole molto spesse.

Cercò in giro sotto i cespugli di erica, sotto la lavanda, dietro le camelie e le gardenie, niente. Andò sul davanti del giardino, guardò sotto i rami del gelsomino, dietro i grappoli del glicine che toccavano terra. Alla fine trovò un batuffolino bianco che non riusciva neanche ad aprire gli occhi. Era contro il tronco dell'albero delle mele rosse. Forse una gatta randagia l'aveva partorita lì e se n'era andata. La prese in braccio e la condusse con sé dall'altra parte del giardino. Preparò un cesto di vimini con un bel cuscino ampio e una sua vecchia sciarpa di lana morbida. Mise la gattina dentro al cesto ma non durò per molto. Dopo neanche due minuti la gattina si alzò malamente traballando sulle gracili zampette e le andò sui piedi. Era proprio piccola forse di una decina di giorni. Da quella notte erano passati tre anni, Luna era rimasta sempre con lei, era la sua migliore amica e confidente. L'aveva consacrata alla luna piena mettendole al collare d'argento un ciondolo in pietra di luna. La spazzolava ogni giorno e la notte dormivano insieme sul suo lettone a due posti, Luna a destra e lei a sinistra.

Erano già le otto e trenta, Edera doveva fare presto perchè alle nove cominciava il suo lavoro al Call Center. Si mise una giacca leggera, diede un bacio sulla fronte della gatta ed uscì di casa. Prese l'autobus dalla fermata non molto distante da lì, si sedette al suo solito posto in fondo così era più vicina quando doveva scendere. Dal finestrino osservava tutto. La gente frenetica che camminava velocemente per le strade, i visi contratti dalla solitudine, dalla stanchezza della vita. Vedeva gli sbruffoni fuori dai bar che parlavano ad alta voce come se stessero al mercato del pesce.

''Non vorrei mai essere neanche sfiorata da uno di quelli!'' Si diceva nella mente.

Vedeva le signore uscire dalle banche vestite con abiti firmati con sul viso tanto trucco,'' Wow …..giusto un po' d stucco per coprire l'età! O le imperfezioni.'' Rideva ogni volta che pensava a questo. Si ricordava di una sua parente che credeva di essere bellissima quando invece era quasi inguardabile. La donna si truccava il viso in maniera molto accurata e si atteggiava ad una Venere. Edera ogni volta che la vedeva si metteva a ridere girandosi di spalle. Una volta la soprese ridere e con parole acide le disse:

'' Guarda che se proprio vuoi ridere di gusto devi solo metterti davanti allo specchio ed aprire gli occhi!''

Edera la guardò come si guarda un manichino a cui se ne sta venendo la vernice a chiazze e le rispose:

''Io non ho bisogno del trucco per uscire di casa né tanto meno per sentirmi bella. Quando la sera mi lavo la faccia per andare a letto ci metto giusto due minuti e ti assicuro che lo specchio rimane intatto. Quando ti sei già struccata il tuo che ti dice? Ti batte le mani o ti esplode davanti?''

Edera non amava molto i trucchi, vanità e gioie di tutte le donne vanitose ed insicure che vogliono apparire farfalle invece che delle vespe.

Metteva giusto un filo di matita nera intorno agli occhi e un velo leggero d'ombretto chiaro sulle palpebre. Non amava il rossetto, le sue labbra erano già rosse e polpose in modo naturale. A volte si ritrovava ad osservare molte donne con dei colori assurdi sulle labbra, quei rossi accessi, marroni, viola, fucsia, celeste, beige e si chiedeva se non si vergognassero di camminare con quella specie di maschera sulla faccia.

''Per molte sembra che sia sempre carnevale,'' le disse ad alta voce una donna seduta su una panchina poco distante dalla sua. La donna la stava osservando da quando Edera si era seduta lì. Aveva aperto un libro di ornitologia e dopo qualche capitolo aveva distolto lo sguardo dalla sua lettura. La donna si era accorta che Edera stava guardando perplessa un gruppo di altre donne manager sedute al tavolino del piccolo bar del parco.

Alcune di loro avevano tanto di quel rossetto rosso fuoco sulle labbra che ogni volta che bevevano il caffè dalle loro tazze lasciavano le impronte delle labbra come se si fossero staccate ed incollate sulla porcellana.

''Non hanno capito che se hai una faccia da topo sicuramente il trucco non te la fa diventare da cigno...non credi?'' Continuò la donna ridendo di gusto.

Edera: '' Forse è il loro modo di sentirsi belle, attraenti, seducenti. Il loro modo di nascondere le insicurezze che considerano delle fragilità!''

Signora: '' No figlia mia, sono proprio delle tavolozze da imbianchino e nient'altro, dammi retta, le conosco bene io le donne. Molte di loro si sentono belle come fate e seducenti come la dea dell'amore. Con il risultato che da molti uomini vengono trattate giusto come delle bambole senza cervello e senza sentimenti, tenute come manichini in una gabbia e nel momento in cui la loro giovinezza avvizzisce devono impegnarsi sempre di più a mantenere il più a lungo possibile un aspetto sexy ed attraente sennò i loro uomini scappano orripilati cercando l'effimera felicità nelle braccia di una vent'unenne o addirittura di una sedicenne. Siamo noi stesse la rovina di noi donne. Ci diamo con la zappa sui piedi da sole. Siamo sempre in subdola competizione l'una con l'altra e vogliamo essere uniche, insostituibili, amate e corteggiate dagli uomini. Non ci basta mai!

Ci nutriamo di complimenti anche quando sappiamo benissimo che sono falsi ed adulatori ma ci piace sentirceli dire perchè desideriamo essere belle come la luna, i fiori, le stelle. Ecco perchè molte si truccano fino a sembrare un colorificio ambulante. Guarda quelle lì,'' disse indicando un gruppo di ragazze mature.

''Guardale....una con i capelli biondo platino, l'altra con i capelli rosso fuoco, l'altra ancora li ha color melanzana, quella addirittura sembra che si sia fatta la tinta passando per le inferriate appena pitturate, un ciuffo verde, uno viola, l'altro azzurro con le punte rosse e marrone bruciato. Quelle a trent'anni se non continuano a tingersi la testa come lo spazzolone per le cabine balneari, si ritroveranno tutte canute o con i capelli bianchi bruciati dai coloranti. Che donne!!!! Hahahaha.'' Si mise a ridere sonoramente.

Edera: '' Forse perchè vogliono cambiare, sentirsi ogni tanto diverse. Avere un aspetto nuovo ogni volta.''

Signora: '' Peccato che tutto questo ha un prezzo molto alto. Tutto ciò che metti addosso va dritto al fegato e te lo consuma. Invecchi più velocemente perchè le sostanze chimiche divorano i colori naturale della pelle, dei capelli, di tutto.''

Edera: '' Ma ci sono prodotti naturali, prodotti erboristici alle erbe! Disse poco convinta di quello che diceva.

Signora: '' Cazzate, sono solo cazzate e perfide trovate pubblicitarie. Le erbe di tutti i prodotti venduti sia nei negozi, sia in farmacia, sia nelle erboristerie, sono sempre trattati con agenti chimici. Tu credi che si conserverebbero così a lungo se non ci fossero questi acidi, conservanti, fissanti, ecc. io sono un chimico e so quello che ti sto dicendo. Allora è meglio un pomodoro spiaccicato sul viso, o una crema al cetriolo spalmata sulle faccia. Una fragola schizzata sulle guance o una mela spremuta e distesa su tutte le parti del corpo per una mezz'oretta. Quello è naturale!

''Si lo, so!'' Le rispose Edera.

'' Io faccio gli infusi di erbe, malva, camomilla, verbena, betulla, rosa, gelsomino ecc. Con quegli infusi mi faccio dei lavaggi o dei decotti depurativi. Non compro mai acqua da bere dal supermercato ma prendo quella del rubinetto, la faccio bollire, la metto nelle bottiglie e le metto in frigorifero. Ho capito che l'acqua viene trattata e non arrricchita di questo o di quello. Tutto per fare commercio!''

Signora: '' Brava piccola, l'acqua a cento gradi centigradi diventa quasi pura. Quella e buona da bere, anch'io faccio così.''

Quel giorno si scatenò un temporale dopo neanche un'ora da quella conversazione e mentre la maggior parte della gente si metteva al riparo sotto gli alberi o dentro al piccolo bar, il gruppetto delle donne ''manager''si alzarono mettendosi a correre per arrivare alle macchine, per chiudere le cappotte, prendere il beauty case dal cruscotto e rifarsi il trucco che colava da tutte le parti come un vestito vecchio in tintoria.

Edera scese dall'autobus, salì velocemente i gradini del grande edificio dove vi era la sede del Call Center. Mentre entrava urtò contro il torace di un signore.

''Mi scusi,'' gli disse mortificata.

''Non si preoccupi non è successo niente,'' l'uomo raccolse la sua valigetta da terra le abbozzò un sorriso e andò verso la macchina nera, lucidissima che lo aspettava sulla strada.

Edera: ''Né ha di soldi il polletto!'' Disse tra sé osservandolo mentre entrava in macchina, vestito firmato, auto costosa, una scia di buon profumo maschile alle sue spalle.

Di solito lei rascorreva le sue giornate tra lavoro, dalle 9:00 di mattina alle 13:00 e dalle 16:00 alle 21:00. La domenica approfittava per prendere la macchina e andarsene in qualche spiaggia deserta a poltrire al sole distesa in mezzo alla natura. Amava molto il contatto con l'acqua, faceva lunghi bagni lasciandosi galleggiare, sentendo le vibrazioni dell'elemento liquido che l'avvolgerla. Rimaneva fino a sera accendendosi un piccolo fuoco tra pietre grigie levigate quarzo e pirite, guardando i colori del tramonto ed aspettando il sorgere della luna.

Ogni volta si sentiva rinascere in queste manifestazioni naturali di bellezza ed armonia. Se ne stava tranquillamente lontana dalla città quando poteva, tanto la viveva ogni giorno per forza con tutti i suoi rumori assordanti e i gas venefici delle automobili che corrodevano muri, monumenti e palazzi coprendoli di patina grigia.

Quella sera tornò a casa esausta. Passò prima da casa di un suo amico che le teneva la spesa fatta durante le ore buche sul lavoro.

Hermes era molto gentile, un ragazzo d'oro sensibile e molto socievole. Edera si trovava molto bene con lui. Si invitavano spesso a cena o a colazione. Festeggiavano il compleanno di entrambi insieme e parlavano tranquillamente di tante cose. Se non fosse stato per il fatto che a Hermes piacevano gli uomini, sicuramente Edera non se lo sarebbe fatto sfuggire.

''Ciao sorellina! Disse aprendo la porta di casa per entrare mentre Luna si affacciava dietro l'uscio. L'aveva aspettata tutto il giorno vagabondando nelle stanze sostando un po' sul divano, un po' sulle sedie ed un po' sul letto. Luna adorava affacciarsi da dietro il davanzale della finestra che dava sulla strada. Gli piaceva guardare la gente quando passava sul marciapiede. A volte si allungava con le zampe contro il vetro quando vedeva qualcuno che gli ispirava fiducia.

Edera posò i sacchetti della spesa sul tavolo con la gatta che la seguiva da dietro finchè saltò davanti ai sacchetti infilandoci il muso dentro per curiosare.

''Si, c'è qualcosa anche per te!'' Le disse da dentro la camera da letto.

''Ti ho preso il merluzzo che ti piace tanto ed un nuovo giochino. Vedrai come ti divertirai quando ce l'avrai tra le zampe.''

Si fece una doccia, uscì dal bagno con un asciugamano rosa avvolto intorno al corpo e si avvicinò al tavolo della cucina.

''Questo è per te!'' Disse alla gatta mettendo sul ripiano del tavolo il nuovo passatempo. Consisteva in una base rettangolare di legno pesante dove al centro vi era una molla di quindici centimetri e sulla sommità della molla c'era un uccellino colorato che si muoveva con le socillazioni della molla. Ogni volta che oscillava emetteva un piccolo cinguettio che si sentiva appena.

La gatta appena lo vide si allontanò all'istante mettendosi ad osservarlo a distanza. Dopo un certo lasso di tempo guadagnò terreno avvicinandosi con circospezione fino a trovarselo davanti. Dopo averlo guardato meglio da vicino, allungò cautamente una zampa per toccarlo. Al contatto della zampa l'uccellino si mise ad oscillare emettendo qualche cipcip. La gatta fece un salto su se stessa e con uno scatto felino saltò terrorizzata dal tavolo al divano in un battibaleno guardando l'oggetto, sbalordita.

Edera: '' Bello eh! Appena prenderai confidenza ti divertirai un mondo.''

Le disse abbracciandola e coprendola di coccole.

Si preparò la cena a base di piselli verdi cotti con porro tritato e aneto, un'insalata mista e un trancio di merluzzo alla piastra con capperi, olive verdi, sale e una spruzzata di vino bianco, avvolto il tutto in carta d'alluminio. Consumarono la cena una davanti all'altra guardando le news del telegiornale. Dopo cena, uscì fuori nel giardino del retro con i suoi oggetti sacri ed il libro delle ombre per il rito della luna piena.

Dispose un recipiente di bronzo pieno d'acqua al centro del suo altare, una pietra naturale alta mezzo metro, quadrata e levigata che lei stessa aveva raccolto da una spiaggia con l'aiuto di Hermes. Al centro del recipiente aveva dmesso un portacandele sempre in bronzo e sul quale invece di una candela vi aveva appoggiato una sfera di cristallo grande come un'arancia grossa. Intorno al recipiente vi aveva sparso dei fiori bianche notturni: rose, gardenie, gelsomini ed iris. Ai due lati della pietra aveva acceso due piccoli fuochi in due recipienti anch'essi in pietra.

Prese l'athame, aprì il cerchio in senso orario, bruciò l'incenso composto da: granuli d'incenso, olio d'ambra, essenza di muschio ed essenza di giglio. Chiamò i quattro guardiani dei sacri elementi.

''I poteri dell'uno

la fonte di tutto il creato

Onnipresente, onnipotente, eterno.

La Madre, la Signora della luna

Il Padre, il Signore del sole.

I poteri degli spiriti delle pietre

degli elementi, del vento e del mare.

I Sovrani dei Regni Elementali,

i poteri delle stelle e della terra

Benedite tutto quanto vi è sopra

come tutto quanto vi è sotto.''

Gettò dell'incenso profumato nei piccoli fuochi e restò un attimo a meditare guardando la luna. La sentiva crescere dentro di sé, la sentiva scendere nella sua anima.

''Madre misericordiosa

luce della notte

torcia che rischiara l'oscurità.

Madre dello spirito e della libertà

di tutti gli uomini e di tutte le donne

della natura e degli animali

discendi i gradini d'argento

del tuo raggio luminoso

e vienendo nel mio cerchio

fai danzare la tua anima

attorno a questo altare.''

Rimase a fissare la luna a lungo. Le braccia aperte all'infuori ed i capelli sciolti sulle spalle nude come tutto il suo corpo.

''Vieni Madre delle stelle.............

Signora dell'acqua che nutre

del fuoco che riscalda

della terra che sostiene

dell'aria che ci fa respirare.

Lascia cadere i tuoi veli d'ombra

affinchè le paure svaniscano.

Lascia che i cancelli del tempo si aprano

affinchè l'anima ne trovi giovamento.

Io prego la tua essenza

io prego la tua essenza

io prego la tua essenza.''

Sollevò in alto la coppa con il vino.

''Fa che il mondo sia benedetto''

recitò.

Sollevò il piatto in silver con dentro frutta e fiori di campo.

''Fa che la terra ed i suoi frutti siano benedetti.''

Girò nove volte intorno all'altare in senso orario, spruzzando con le dita il vino contenuto nella coppa, poi si fermò nel punto di partenza e disse:

''Che la pace e la felicità

possano scendere come petali di luna

sui cuori e nelle menti

di tutti gli uomini della terra.

Così sia.''

Indossò una collana di conchiglie confezionata da lei stessa con filo in nylon e bellissime conchiglie rosa e bianche raccolte sulla spiagge. Si sedette di fronte all'altare tra i due fuochi e meditò il potere della Signora della notte.

Quando si sentì sazia della sua luce, ringrazio la luna piena, congedò i guardiani e chiuse il cerchio. Si rifece una doccia senza sapone ma con acqua ed essenza di rosa e andò a dormire di fianco a Luna che l'aspettava sul letto dopo aver recitato la preghiera della notte.

Nei giorni seguenti Edera ebbe molto da fare nel Call Center. Durante le pause quasi non riusciva più a fare la spesa, chiamava Hermes e gliela faceva fare poi dandogli i soldi quando se l'andava a prendere a casa di lui. Mangiava un panino a pranzo e scappava subito alla sua postazione. In uno di quei giorni era seduta davanti al bancone del bar a mangiare il suo panino quando si avvicinò l'uomo con cui si era scontrata qualche settimana fa.

L'uomo la riconobbe quasi subito, la guardò e la salutò rivolgendole un sorriso.

''Salve come sta?'' Le chiese l'uomo.

Edera: '' Bene grazie e lei?'' Gli rispose riconoscendolo subito.

Uomo: '' Anch'io bene, si ricorda di me? Mi è venuta addosso mentre era in corsa sui gradini all'entrata del Call Center.''

Edera: '' Si mi ricordo, mi scusi andavo proprio di fretta e non l'ho vista. Mi scusi ancora!''Gli disse mortificata.

Uomo: '' Ma no si figuri, capita! Io mi chiamo Matteo e lei?''

''Mi chiamo Edera,'' gli rispose porgendogli la mano.

Matteo: ''Posso offrirle il pranzo?''Le chiese gentilmente.

Edera: '' Mah....dovrei essere io ad offrirlo a lei per sdebitarmi!''

Matteo: '' E di che cosa? Di uno scontro casuale! No no voglio avere io il piacere di offrirglielo!''

''Io sto già consumando il mio pranzo, un panino!''Disse Edera mostrandoglielo.

Matteo: '' Io parlavo di un pranzo vero, di quelli con la prima portata, la seconda e un dolce seguito da un buon caffè!'' Le propose ammiccando.

Edera: '' Non posso sarà per un'altra volta, vado troppo di fretta,'' gli rispose ringraziandolo.

Matteo: '' Guardi che ci conto. La prossima volta le offro il pranzo ma non in un bar, si va in un ristorante.''

Comprò una rosa rossa da un ragazzo che passava in quel momento davanti a loro e la donò a lei.

''La ringrazio Signor Matteo, lei è molto gentile. Non lo mai vista qui in città, non è del posto?'' Chiese incuriosita.

Matteo: '' No sono del paese del fiore più bello e delicato che ci sia in natura, la camelia. Io vengo da Verbania, stupenda città sul Lago Maggiore dove i cigni nuotano sulla supeficie dell'acqua al chiar di luna e le coppiette si baciano lungo le passeggiate fiorite di azalee e gelsomini.''

Edera rimase estasiata da quella descrizione molto poetica.

''Dev'essere un posto incantevole!'' Gli rispose lei sospirando.

Matteo: '' E' il più bel posto del mondo con la gente più dolce e romantica che ci sia!'' Le rispose compiaciuto.

Edera: '' Beato lei, io non sono mai uscita dalla Toscana, regione che adoro in tutti i sensi.''

Matteo: Se vedesse Verbania si innamorerebbe immediatamente di lei e dei suoi abitanti, delle Montagne, del fascino malinconico e selvaggio del lago, della luna che si specchia come su una lastra d'argento puro.''

''Sicuramente da come lo descrive lei dev'essere un posto divino!'' Gli rispose Edera con gli occhi che luccicavano di gioia.

Matteo: ''Ascolti, ha impegni per domani sera? Vorrei invitarla a cena. Facciamo si che il pranzo si trasformi in una bella cena. Ha preferenze di cibo?''

Edera: '' No no io mangio di tutto. Va bene accetto, lei è davvero molto gentile!'' Gli rispose entusiasta.

Matteo: '' Noi verbanesi siamo gente molto romantica e di buona educazione, oltre che di buona tavola.'' Le rispose guardandola con fare seducente.

Edera: '' Si ne sono sicura,'' gli ripose.

Matteo le diede il suo biglietto da visita col numero del cellulare chiedendole gentilmente se poteva il avere il suo di numero.

Edera: '' Ma certo!'' Gli rispose.

In quel momento un soffio gelido le sfiatò nell'orecchio destro, come il soffio di un gatto arrabbiato. Lei sobbalzò ma fece finta di niente. Era troppo presa dal fascino di quell'uomo così gentile e ben educato.

Lavorò di santa lena per tutto il pomeriggio fino all'ora di chiusura. Non riusciva a togliersi quel bellissimo incontro dalla mente. Gli occhi verdi ed intensi di lui, la rosa rossa che avvicinava spesso al viso per inebriarsi di quel profumo meraviglioso. I suoi modi gentili e curati.

''Ahh, che bell'uomo!''Sospirò.

Quella sera passò da casa e Hermes a prendersi la spesa. Non appena lui le aprì la porta Edera gli saltò addosso con gli occhi pieni di allegria.

Hermes: ''Hey, a cosa devo tutti questi bacetti sulle guance?''Le chiese stupito.

Edera: ''Ti racconterò tutto dopo. Dai vestiti e vieni a cena da me, stasera dobbiamo brindare a qualcosa di fantastico!'' Disse con le piume della felicità che le sembravano uscire da tutti i puri.

Hermes: '' Promozione?''

Edera: '' No, di megliooooooo! Dai vestiti che andiamo.''

Hermes si cambiò i vestiti mettendo qualcosa di più consono della solita tuta da ginnastica che indossava in casa, caricarono la spesa in macchina e si avviarono a casa di Edera che distava qualche isolato da lì.

Quando arrivarno a casa, dietro la porta c'era Luna che l'aspettava contenta di vederli finalmente.

Hermes: '' Amore, la mia sorellina meravigliosaaaaaa! '' Disse prendendola con una mano mentre nell'altra reggeva un sacchetto grande pieno di roba.

Edera: '' Ciao piccolina mia, come è andata oggi? Hai fatto buona guardia?'' Si mise a ridere.

Luna si strusciava contro le gambe di entrambi fino a che non posarono tutti i sacchetti sul tavolo e le fecero le dovute coccole.

''Cosa prepariamo stasera?'' Gli chiese Edera.

Hermes: ''Un risotto di more e del pesce alla griglia?'' Propose.

Edera: ''Il risotto di more è buonissimo ma lo mangiamo un'altra volta. Ci facciamo una buonissima pasta col pesce e per secondo insalata di mango, ananas e frutti della passione. Ci stappiamo un buon Vermentino di Sardegna e dopo quello un bel Vin Santo DOC.''

Hermes: '' Ma hai vinto a qualche lotteria? Al lotto? Alla ruota della fortuna?'' Le chiese sempre più sorpreso.

Edera: '' Mentre mangiamo te lo dico.''

Misero via la spesa che non serviva per la cena e cominciarono a far funzionare i fornelli.

Hermes stava dando da mangiare a Luna quando Edera gli disse.

''Lascia stare facciamo quando ci mettiamo a tavola. Luna è abituata a mangiare con me.''

Hermes: '' Ah è vero me n'ero domenticato!''

Finito di preparare la cena si sedettero al tavolo fuori nel giardino.

Era una serata dolcissima, con un cielo stellato da far innamorare gli angeli.

Avevano acceso delle candele rosse sul tavolo ben apparecchiato. Luna e la sua scodellina, Hermes, ed Edera. Tutti e tre insieme a cenare come una famiglia felice.

''Oddio aspettaaaaaaaa! Disse Edera alzandosi dalla sedia e correndo fuori verso la macchina.

Hermes saltò impaurito mentre Luna si strinse su se stessa.

''La tua mammina è un po' surriscaldata stasera, tu ne sai qualcosa?'' Chiese il ragazzo alla gatta.

Lei lo guardò con i suoi occhi misteriosi e dolci miagolando sommessamente.

Edera rientrò con la rosa rossa in mano.

Hermes: '' Ti sei comprata una rosa?'' Le chiese.

Edera: '' Perchè, pensi che un uomo non mi possa regalare una rosa?

Gianny Mirra 11/10/2011 00:25 1 1276

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.

I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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