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Camminava da solo lungo le strade imbiancate per la neve. Di tanto in tanto rallentava il passo per riprendere fiato con sicurezza e autocontrollo. Attendeva per risentire dentro di sé quella volontà che l'aveva sempre animato, sebbene ogni cosa intorno a lui fosse silenzio. Presagendo l'avversione totale del mondo, le si sottrasse all'ombra di fantasiosi voli poetici: la sua mente si riempì d'emistichi musicali e mentre se ne compiaceva, gli sovvenne la massima del D'Annunzio, "Bisogna che la vita d'un uomo d'intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui", e provò ribrezzo per l'ennesima sconfitta che la vita gli aveva destinato. Sin da giovane Giacomo Aurelli vide il proprio modello in Gabriele D'Annunzio e sognava di condurre una vita da fine letterato, libero dall'impegni gravosi della società come l'artista insegnava. Ma la realtà si era rivelata profondamente diversa, piena di delusioni e sconfitte: qualche ora prima, infatti, la sua casa editrice l'aveva informato della rescissione del contratto per mancanza di proventi dalle sue opere. All'improvviso si era sentito schiavo della società e del successo e in una tanto chiara quanto misera immagine tratteggiata dal suo intelletto, vedeva il proprio estro e la propria penna ridotti in catene dagli obblighi del mondo contemporaneo. Era quindi uscito a prendere una boccata d'aria, come alla ricerca di parole nel vento, sussulti d'una divinità senza nome. Mentre ascoltava il battito del suo cuore, reso accelerato dalla camminata, vide Angelina svoltare da una laterale, le si avvicinò e la accompagnò. Al suo fianco si sentiva finalmente felice, sebbene piombasse ancora su di lui la negatività dell'essere artista in un mondo troppo superficiale e frenetico. Dopo che ebbero camminato alquanto, ella sciaguratamente gli chiese come procedesse la sua carriera letteraria e Giacomo, trasmutato il sorriso in serietà, rispose frigido: "E così sto appassendo, arido e inutile. Anche se lo sconforto spesso mi piegherà sulle ginocchia, ho necessità di condurre una vita simile a nessun'altra, fatta di bellezza, cortesia e verità". Angelina percepì l'afflizione che lo avviliva e amorevolmente sentenziò: "Il modo in cui pulsa il cuore rende ogni aspetto del vivere". E più non proferirono parola, se non per congedarsi. Il poeta nutriva ormai una tale noia per la realtà circostante che persino il semplice gesto di dischiudere la porta di casa gli parve penoso. Lì per lì venne investito da una gelida folata che sembrava portare con sé la voce di Angelina e sibilare insistentemente la sua visione dell'esistenza. Lo stridere del vento contro le finestre e tra le fronde gli procurava un fremito ostile, come reca l'acuta lama che sfrega il dorso d'una lavagna. Subito la sua mente si fece affollata di immagini e parole che si rincorrevano e s'intrecciavano come due tralci d'edera. Sbadatamente scivolò sul gradino e, cadendo, batté violentemente la testa. Al risveglio si ritrovò sdraiato sul proprio letto. Nulla ricordava degli attimi precedenti, eccetto le bellissime parole di Angelina, soffuse nel vento che l'aveva distratto e fatto cadere. S'alzò faticosamente e si mise a scrivere: l'estro e la penna s'erano inaspettatamente svincolati dalle arcigne catene del successo e potevano esprimere con libertà ciò che li rinvigoriva. I profondi sospiri dell'Anima dell'Arte tornarono alla luce, pizzicarono le corde d'una bianca tastiera e quel che ne uscì fu una delicatissima armonia. La vita stava offrendo a Giacomo una possibilità per risollevarsi, liberare le sensazioni del suo cuore e volare sulle ali dei sogni verso nuovi orizzonti: finalmente conosceva bellezza, cortesia e verità. Passò qualche giorno prima che Giacomo tornasse a passeggiare per le vie di Milano e il paesaggio che s'aprì davanti ai suoi occhi gli parve estremamente cambiato: la neve era svanita, il sole filtrava tra le frasche degli alberi di nuovo in fiore e col suo calore riscaldava tiepido la terra. Le persone avevano abbandonato la quotidiana smania e gli rivolgevano cordiali saluti, intrisi di stima e affetto. L'artista comprese che sulla sua ombra non aleggiava oltre l'ostilità del mondo. Tornò a lenti passi sulla via che aveva percorso assieme ad Angelina. Intendeva rivivere i magnifici momenti in cui la massima vocazione poetica lo aveva sospinto: la nuova percezione lo entusiasmava, ma nel contempo il raggiungimento del piacere lo aveva assuefatto e temeva di sentirlo svanire. Improvvisamente si fermò ad ascoltare il suo cuore: ora batteva lento e riposato, come se volesse invitarlo a socchiudere gli occhi e a riflettere. Il poeta soddisfò il suo volere e rimase in attesa: un soffio di vento nuovamente gelido gli accarezzò il volto e sembrò sussurrargli parole incomprensibili alla sua ragione, tuttavia limpide per il suo cuore. "Il verso è la perfetta espressione del vero sentimento, una volta sottratto ai vincoli formali della ragione. La vita è come un folle volo, laddove la discrezione sta nel vestirsi delle ali della poesia e librarsi sopra i cieli dove riecheggiano i sussulti della divinità senza nome. Non ti afferri l'oscurità del successo e della società, ma il coraggio d'essere docile agnello tra indomiti lupi. E' giunto il tempo in cui tu possa osservare il mondo con occhi nuovi, alieni alla mediocrità del mondo circostante, perché la vita sfugge insignificante come il battito delle ciglia". L'artista rimase apatico, mentre la brezza lo accarezzava. Quindi dischiuse lentamente la vista al mondo e si ritrovò giacente tra i ghiacci e la neve. All'immediato stupore seguì la lucida consapevolezza d'aver vissuto un'illusione. In ogni caso poteva ancora sentire il soffio sulla sua pelle e in silenzio intese che tra le parole disperse nel vento stesse la celata accezione dell'esser poeta. S'alzò e permise all'anima d'esprimersi con immensa letizia: "Una splendida agonia m'avvolse. Scivolavo senza fine, perso in un delicato tormento. Mi adagiai mezzo assopito in un piacevole torpore e tutta la desolazione interiore sembrava svanire. Conobbi il potere di trarre il respiro da un soffio e di plasmare la vita dal freddo acciaio: un bagliore ineffabile è capire di poter essere qualcosa in più di ciò che si è sempre sognato. M'avvolgeva una splendida agonia". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Con questo racconto sono stato segnalato al concorso nazionale Voci Verdi indetto dal comune di Bassano del Grappa» |
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Festa delle Donne 2009 Autori Vari
Poesie per la Festa delle Donne.
Il lato femminile della poesia
Pagine: 50 - Anno: 2009
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