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L’illusione era forte a sostenerci cuore
(lo ricordi?) lo cercavamo
lo cercammo l’amore!
Or nulla abbiamo e parliamo da soli
nere nuvolaglie riempiono il cielo
lampi e tuoni da tempo si abbattono
sul nostro cammino tra frane di giorni.
Accadde ciò che non volemmo:
fucilato fu, dopo spasimi acuti, l’avvenire.
Come arborea squame autunnale cadde la pelle
dell’anima, ancora affiora da fiere voraci
spolpato lo scheletro di palpiti e respiri.
Mi guardo, ti guardo e codesti siamo
muti ci contempliamo sgomenti
al chiaroscuro filtro della vita
senza esser morti morti siamo
estenuati dal un vuoto sensibile
molliamo del tutto la stanca presa
a cui in un estremo infingimento
ci afferrammo rintracciati da una speranza
che inafferrabile ogni fantasia or esclude.
Senza eco scivola e muore l’ultima goccia
d’amore dal cuore come da brocca
svuotata a cui ci si disseti quando alto è il sole;
col tempo e all’ombra del volubile
tutto putrisce, si tarma, ogni verde languisce
niente di vissuto eterno si ripete
e preservato e indenne mai è alla morte
che alla sua foce funesta tutto adduce
per una orrenda volontà divina.
Oh sofferti solstizi di nostalgia
quando scende la notte dell’amore
e imprendibile è il suo sogno sbalzato
oltre l’ultimo grappolo di stelle!
Aperta o chiusa la finestra che sia
che importa se più aria non chiede la vita
e nella sua stanza nessuno ci fa compagnia. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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