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Il povero pastore Seleno
restò sveglio tutta la notte
per amor della sua Argira
ripercorrendo tutto il cammino
ma si alzò presto al mattino
con un palmo nella mano
e una scabrosa impronta
sull’ossuta fronte
che gli fece vedere il verso
così chiaro finalmente,
del suo perduto amore
A quell’avverso destino
egli restò calmo e disinvolto
ma in cuor suo era così sconvolto
che dalla diritta via
si portò a quell’oscuro bosco
ove morte lo colse di dolore
Inospitale fu la sponda
dove lento il fiume svolta
perché fu proprio lì
che la bionda Afrodite
lo volle trasformare in quelle onde
e ad Argira in una fonte
ma ancor si udivano i lamenti
per quel suo mal d’amore
e fu allora che la dea
gli concesse in quelle sponde
di dimenticare tutti i suoi dolori
Da quel momento in poi
chi si bagna in quelle onde,
le onde del fiume Seleno
o beve alla sua fonte
la fonte di Argira,
si abbandona all’oblìo
e più non sente
i dolori dell’amore |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Argira, secondo la mitologia greca, era una delle ninfe del Parnaso che si innamorò del pastore Seleno, ma dopo un po’ di tempo si stancò di lui e lo lasciò. Seleno, per le forti pene d’amore ne morì e allora la dea Afrodite, mossa a compassione, trasformò l’uno in un fiume e l’altra in una fonte affinché potessero stare insieme e toccarsi, ma ancora si udivano i suoi lamenti, e fu allora che la dea concesse a Seleno di dimenticare tutti i suoi dolori. Per questo motivo il mito dice che chi beve alla fonte di Argira o si bagna nel fiume Seleno, cade in oblìo e dimentica tutte le pene d’amore.» |
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bellissima prosa (vinfra47)
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