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Dinnanzi a questo Giudice Supremo,
non siamo testimoni ma imputati,
l’accusa è d’esser parte
di quest’umanità,
che inganna
ed è ingannata sino ad ora.
"Sia data la parola alla difesa".
"Obietto Vostro Onore,
signori della corte,
qui pervenuti al fine
per dare la sentenza.
Si perda o non si perda,
la causa va’ istruita,
trattasi del qual modo,
vivemmo nostra vita.
Io sono uomo, è vero
ma faccio l’avvocato,
so che sarò fra gli ultimi,
quando ritornerà.
Non posso certo esimermi,
ahimè, dal constatare,
che n’hanno fatte d’ogni,
sip’peggio, n’hanno dette,
parafrasi a monconi,
nel cielo fan tremare,
che di paura l’angeli,
si sono fatti sotto.
Nel proferir menzogne,
son altresí istruiti,
è questo che mi irrita
più Su d’ogni altra cosa,
che l’istruttore diavolo,
serpente in fattispecie,
dovrebbe essere posto
al giogo della sbarra".
"Che parli qui l’accusa,
oppur taccia per sempre".
"Che parli qui l’accusa,
oppur taccia per sempre".
S’udiva un gran silenzio,
intento quel serpente,
pubblico ministero,
che, delle cause perse,
n’è stato l’artefatto,
a porre segni a frasi,
ch’erano state dette,
volendo sempre mettere
i puntini sulle i.
"Ebbene taccia al fine,
che proprio non ha faccia.
Sul fondo dell’abisso,
sapete come fare". | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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