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«Sia la linguistica che l’architettura mi hanno sempre attratto, perché sono entrambe al confine tra la tecnica e l’arte: come la linguistica si può applicare sia ai testi scientifici che alle opere letterarie, così l’architettura si situa tra il progetto tecnico e il disegno artistico. "Tout se tient", diceva Ferdinand de Saussure a proposito delle lingue, ma a me piace estendere questo concetto a tutte le attività umane, e non a caso Marcel Proust si proponeva di edificare, scrivendo la "Recherche", una "cattedrale": le sue straordinarie doti gli permisero di ottenere davvero quel risultato. Conservo ancora, poi, una lettera che un mio caro amico d’infanzia, un toscano trapiantato nel Napoletano praticamente dalla nascita (forse non per caso, fin dal Medioevo, i Toscani sono stati, tra l’altro, i maggiori architetti e i migliori poeti d’Italia), mi scrisse quando prestavo il servizio militare (lui era ancora uno studente di Architettura e conosceva la mia passione per la poesia), una lettera in cui, tra l’altro, si legge: "E’ difficile parlare di architettura, non se ne può parlare, bisogna viverci, percorrerla, camminarci dentro, farla propria, leggerla e rileggerla fino a che ti spieghi ogni minimo segno, e quando sei arrivato a questo continui di nuovo (...) So che a te il discorso si pone forse negli stessi termini per la poesia. "» |
Inserita il 14/08/2018 |
Ogni bella poesia è una fusione
di lingua e architettura, che le danno
la prima più d’un valido mattone,
la seconda il cemento: insieme fanno
armonica e pregiata costruzione,
che a spirito dell’uomo giammai danno
arreca, ma la gran soddisfazione
d’astrarsi della vita dall’affanno.
Finisce presto quella passeggiata
attraverso le stanze sì preziose,
ben poco dopo essere iniziata;
però il lettore poi di quelle cose
conserva una memoria sempre grata,
come fa col profumo delle rose. |
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