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Dicono che dimàn fia dì di neve.
Questi sono gli auspìci dell’inverno,
e del dì primo del nuovo Dicembre,
quando nel cuòr
provo seràl desolazione e noia,
né so io bene il perché.
Dimàn anche sarà venerdì, e credo
che a morìr vada con Cristo ogni bella
stagione, in fìn, la Vita. Rivedrò
la nuova Primavera?
Dimàn nevicherà.
Scenderà prìa il nevischio, poi la neve,
tutto è ghiaccio perenne.
Ma questa steppa padana non vuole
crèderci. Il corvo famèlico, infatti,
è d’uopo ancòr cibàrsi con le paglie
maturate in sul Sòl;
sì che se nevica egli sarà morto.
La sua tomba è la mia.
Il silenzio governa.
La steppa tace.
Muta riposa
questa campagna.
Scende la neve!
È il verno... Eppure
l’ultima rosa dell’Estate giace
ancòr tra l’erbe del prato, è ghiacciata
Ricòrdati di me! mi dice allora.
Oh! come vorrei seppellirti viva
nel focolare d’un Sogno o d’un bacio!
Io tanto vecchio, ed ella appena nata...
Allòr mi sento come un gran viandante
che forte bussa alla porta del muro
d’una chiesetta.
Apri! Apri! per pietà! Qui io sto gelando.
Ma ogni fessura della sacra pietra
ripete solo l’eco... solo il vento.
Coglierò allora la ghiacciata rosa.
Ma ora, purtroppo,
sta sepolta da un monte
di fredda neve.
L’attimo, sì fugace bel corsiero,
ormai è passato.
Il fiore non esiste più, non c’è.
Oh folle gioventù!
Hai pensato all’onore, al pazzo orgoglio,
al Bene al Male, al Cielo, ai Sogni al Diavolo,
ti ponesti quesiti
inutili... effimeri;
e l’attimo è svanito!
E non comprendo.
È solo un incubo?...
Ricòrdati, viandante:
chi serbàr cerca la Vita morrà,
ma vivrà chi la darà in preda al vento! |
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