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«Il dialetto napoletano (che qui, per farsi capire da tutti - ed anche per non affaticare troppo il sottoscritto! -, ha scelto di esprimersi in italiano) ha una scrittura particolare, che deve essere scrupolosamente rispettata, se non si vuole cadere nel ridicolo. E invece quante volte lo si oltraggia, magari proprio da parte di coloro che più si vantano di amare la città! Penso che una delle caratteristiche più importanti dell’attaccamento a una città, a una regione, sia l’uso corretto, all’orale ma soprattutto per scritto, del suo dialetto. Prendiamo i Catalani, ad esempio. Magari hanno pure esagerato politicamente, ma sono riusciti, con lo studio accurato e con determinazione, a fare rinascere quella loro lingua che era ormai scaduta al rango di un periferico dialetto, tant’è vero che il catalano è ora ufficialmente insegnato proprio a Napoli, in quell’Università ("L’Orientale") da me frequentata da giovane (ed allora le lingue iberiche insegnate erano soltanto il castigliano - o "spagnuolo", com’era scritto nei programmi di studio - e il portoghese) . Ed i Napoletani (che subirono una tutto sommato blanda e fruttifera dominazione catalano - aragonese nel secondo Quattrocento) dovrebbero linguisticamente seguire l’esempio di quei loro lontani parenti!» |
Inserita il 07/12/2017 |
"Piange il cuore nel vedere
mie parole deformate,
e purtroppo in non potere
dare forti bastonate;
bastonate a tutti quelli
che m’insultano ogni giorno,
che i miei tratti tanto belli
sì deturpano: che scorno!
Ho cugini ed ho fratelli
in penisola un po’ sparsi,
ben curati dai cervelli
che a lor aman dedicarsi:
hanno meno innamorati,
però quelle rare volte
che son scritti, son trattati
con cautele, proprio molte!
Il mio popolo m’abbraccia
con abbraccio ch’è mortale,
e sfigura la mia faccia:
finirò in un ospedale!
Mi sconvolgono gli accenti,
e mi spostano gli apostrofi,
e per me cotali eventi
sono autentiche catastrofi!
Poi mi tolgono vocali
mute in fine di parola;
dei miei nobili natali
si fan beffe: mia parola!
E dovunque mi si vede
malridotto, trasandato,
e quel dio che a me provvede
par che m’abbia abbandonato!
Io rivolgere preghiera
voglio ai rozzi miei amanti,
per far sì che triste sera
mai non veda a me davanti:
non scrivetemi, vi supplico,
se non siete più che certi,
ed almeno in luogo pubblico
affidatemi agli esperti! " |
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«La fantasia risiede esclusivamente nell’aver fatto parlare il dialetto, perché purtroppo a Napoli e nel Napoletano molte persone si ostinano a scriverlo in modo errato e talvolta addirittura ridicolo; il dialetto vorrebbe essere usato, almeno pubblicamente, di meno ma in modo corretto!» |
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