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L'Aquila cade; ma agognata è tarda
la cara Libertà, e il ciel sempre è nero,
v'è Furia di titaniche Tempeste
lungo i nuvoli di una processione
irreligiosa, funerea, satanica
di crudeli Littori e di Tribuni:
le legioni di Cesare combattono
per defungere contro il tròn d'Iddio,
Roma tradita! e gli usurpatori brindano
i calici innalzando pien di sangue
se le nuove Orde teutoniche marciano
vittorïose dall'Alpi possenti -
il Titano desidera gridare! -
esse maledicendo un Re vegliardo,
cagiòn ultima e mesta di tal male,
che allorché ei fu destato, tanto osò.
Ahi! serva gente d'Italia, empio ovile
di greggi imberbi e bisognose sempre
de' i più oscuri pastori, e Signorotti
d'avvelenata Corte, oh prole tu
de' i Principi e de' i Papi che in congiure
contro te sola noie e duol preparavano,
quando allòr, come adesso, Michelangelo,
Ariosto, Tasso, Monteverdi a capo
chino, là inutilmente rimugghiando
asservivano i ghigni degli infami!...
Covo di Tirannie e di guerre oscene,
che? Non ancòr tu piangi a' tua Miseria?...
che brami da' il Destino, oh gente nera?...
L'Aquila cade; e il tuo Popolo insorge,
defungono su' i campi i veri Eroi,
che togliere desiderano il ghigno
nero e la croce uncinata dal cielo
dell'amata Patria, ora davvero immane,
e l'Infame si prende i colpi in cuore,
mentre il compare suo or suicida spira.
Eppure dopo decenni, ahimé, è chiaro
che questo maledetto, orrendo Fascio
non è morto: insepolto si ricompone
e il Temporale prepara su' i Popoli.
Oh Dio! Difendi la Patria e l'altrui,
e sia quel d'armi da gettare al fuoco
il fascio vittorïoso e possente,
e sia la tua nel Ciel lieto la Croce!...
Allontanati, Satana! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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