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Prendi all'istante la penna
e scrivi con mano veloce
quando senti che ti punge l'estro:
drizza bene l'antenna
e ascolta a viva voce
quel che detta il maestro.
Devi tener presente
che in quel preciso istante
controlla la tua mente
un'entità vagante:
senti il tuo corpo assente
ma la memoria brillante
come stella fulgente
quando brilla accecante.
Ora che sei disposta
svolgi favella mia la tesi:
parla di pescespada o di aragosta
parla dell'anno e dei suoi mesi
e spiega con chiarezza la risposta
dei giorni, quelli orrendi compressi.
Parla della ricchezza dei sovrani
e della povertà di chi fa pena:
agli uni non concede in più un domani
agli altri non concede aimè, la cena.
Già che favelli indenne
parla dei mari profondi
e dell'acqua perenne:
con perizia rispondi
del mito delle Marianne
e dei fiordi rotondi.
Parla del nascituro
e della madre ansiosa
per l'incerto futuro:
e a Lei chiedi una cosa
se resterà nell'abituro
gaia e perenne sposa.
Apriti ancora un poco
o genio del creato
e parla di scirocco
e del mare increspato:
confidami il tuo gioco
lasciandomi estasiato.
Parlami del bandito
terribilmente infuriato
quand'è stato tradito
dal compagno fidato.
Parlami delle belve
quando sono affamate
e vedon, nelle selvagge selve
compagne, orribilmente sbranate.
Parlami degli amanti, piuttosto
che bramosi di un bacio appassionato
trovano quel cantuccio assai nascosto
che sembra fatto apposta dal creato.
Parlami di chi soffre notte e giorno
da tempo agonizzante su quel letto
e dimmi, quando a Dio farà ritorno
se andrà volentieri al suo cospetto.
Tu che conosci tutto a menadito
parla di chi ignora l'amicizia
e di chi per timore si è pentito:
rivela con giudizio la mestizia
dell'interminabile conflitto.
dov'è guerra non fu mai dovizia.
Parla delle razze rosse e gialle
parlami del mistero della vita
e perché ci volta ognor le spalle:
l'estrosità frattanto, è già finita
e t'ho chiesto tante e tante balle
sapendo, che vieni solo di sfuggita. | |
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