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Piangi, oh Amèrica! l'òrrida tua sera,
poiché il Crepùscolo è giunto e si infuria,
pingendo graffi sulle tue alte nùvole,
e con pellegrine orme;
e queste son
le ombre degli Antenati: ùrlano bieche
vendetta; e sangue bràmano e dolore,
e freddi ossàmi fumanti tra le òïdi,
perché vèngano, dunque,
a compìr il Destino
della Dea- Nèmesi
che Tecumsèh invocò morendo - il prode! -
nel ricordo dei tìmidi bisonti,
tradito e ucciso tra l'erbe arrossate
nei campi di battaglia in strazio e fuoco,
e che Pontiàc narrò
un dì alla figlia
cullàndola tra le braccia virili, e
remigando a' il torrente co' una canòa
di vana spene e di indarno desìo,
fino ai vòrtici ignoti della Sorte,
dove le Erìnni attèsero
voraci l'Eróë
per inghiottìrlo.
È il tempo degli Dei degli Avi illusi,
gli Spìriti errabondi della guerra,
che vagano di Notte come lupi,
vaga lo schèletro orbo dei perduti,
vaga di Brant
l'Ànima irrequïèta
con l'ascia alzata per colpìr quasi anche
la Luna e tutto quello che v'è sotto,
"Vendetta" urlando, giurando al Vangelo
per placàr e Dei e Cristo...
vaga il teschio dei fiori di cotòne
in mano degli schiavi
bruni di Notte,
che nelle orbe capanne càntan nenie
a Dio che fece le perdute dune
dei padri antichi e le foreste calde
baciate dalle culle d'equatore,
che vèdono nei Sogni
loro soltanto,
tra acri ricordi di filtri d'incanto;
e vagano i fratelli morti e avversi
che per la Patria prèsero i fucili
e gli uni contro gli altri
tosto li vòlsero
laddove le trombe gridàrono "Càrica!",
e un dì Gettysbùrg coglieva il lor sangue;
e queste ombre desìderano Morte,
rapèndo il Fato, e la Gloria e la Sorte,
e seppellendo Verdùn e Berlino,
fasto che fu.
Ecco! Da Oriente ignoto
si erge il Titàno,
l'Orso ribelle figliuolo dei Cèsari,
e te, Amèrica, vuole, pasto ambìto
a vendicàr le doglie dei fanciulli
affogati nel ventre di Carìddi,
e la bipènne degli Àrabi arditi,
e il tuo concitato oro
e il tuo árgènto;
mentre tu cali da sola nell'Èrebo
a combàttere spettri che ben sai...
e l'Ade non è un regno di ricchezza!
La valle Mòhäwk insorge e grida,
i Capi indiani vògliono le vìscere
tue, la tua Vita,
gli schiavi la tua Notte;
e la Nèmesi irride e attende e aspetta
E tu, che il sangue ne versasti a flutti,
Abràmo, oh Santo!
hai ancòr onore nella fede illusa
dei Figli tuoi?
Passerai come un folle trucidato,
il Tramonto arderà la tua Memoria,
e sui divi tuoi vanni
rimarrà un detto: "SIC SÈMPER TYRÀNNIS". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Dedicata con Sincerità al venturo Presidente degli Stati Uniti d'America, perché conosca l'Eredità che gli/le tocca, il Pericolo di una Nemesi storica e perché abbia Cuore» |
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