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Toppu ca hannù passatu tomil'anni
ti quannu Crishtu venni 'nta 'shtu munnu
l'ommu cuntinua 'ncora a ffari tanni
e no' s'ni ddona ca shta va cchiù a funnu.
No' ssontu li piccinni, ma li cranni
ca tennu faccitoshta e puru cciunnu;
vannu facennu all'atri tanta 'nganni
comu ci so' figghiazzi ti l'autunnu.
Nisciunu muni penza a iddu shtessu,
cá 'uarda l'atri, poi dà 'nu giutizziu
e pari ca shta faci 'nu pruciessu.
È comu ci èti lu cchiù bruttu vizziu.
Lu giutizziu ti l'atri dà dulori,
cá ni scrafazza l'ànama e lu cori.
Traduzione
Il giudizio degli altri
Anche se son passati duemila anni
da quando Cristo venne in questo mondo
l'uomo continua ancora a fare danni
e non s'accorge che sprofonda sempre più.
Non sono i bambini, ma i grandi
che hanno sfrontatezza ed anche cruccio;
ordiscono contro gli altri tanti inganni
come se fossero foglie d'autunno.
Nessuno adesso pensa a se stesso,
ché guarda gli altri, poi dà un giudizio
e pare che stia facendo un processo.
È come se fosse il più brutto vizio.
Il giudizio degli altri dà dolore,
ché ci schiaccia l'anima e il cuore. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Sonetto non classico, ma variato nel tempo, in vernacolo sanvitese (alto salentino) con relativa traduzione. Schema: ABAB/ABAB, CDC/DEE.» |
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