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Ossequio e luce soave a prima vista;
fulgidi, per il bene dei pensieri
costanti, quali quei di chi Iddio assista;
li vidi, sovra un prato alianti, ieri,
fidi e, d'attorno, guarigioni pie:
ne venner, gli altri, nitidi, sinceri.
Pecore amate; rette, a raggio, vie;
scie come strali del pellegrinaggio
d'ogni fotone, alme in tal poesie.
Fa, il Vuol del Sire, in Sé, anche giardinaggio,
e, tutto, va ubertoso, al Dir di Lui;
soave al di Lui Detto, è il Suo messaggio.
Come voi un tempo, io già ivi fui,
sebbene la memoria cessi o venga;
...quel Plenilunio, e, poi, gli evi bui...
il lutto che potrà, fa, a chi ami, svenga. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Il verso sedicesimo ed ultimo è riferito all'anima la quale, ancora in Paradiso, ipotizzi la perdita della visione che ella ha di Iddio, da lei amato sopra ogni cosa. Quindi, ella sviene dal dolore orrifico, decadendo nel sogno, tragico, dell'esilio terreno.» |
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