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È 'nu pruverbiu ca hama rispittari
ci doppu no' vulimu avì' surpresi
ti l'atri, cú ni ponnu fa' 'mparari
ca a ci si bbenchia havà pajà' li spesi.
'Nu tizziu ca vuleva apprufittari
t'l'amici sua, quann'era a finimesi,
lu rishtoranti no' vulìu pajari;
ticìu ca no' tineva 'nu turnesi.
La prima, la siconda e terza vota,
ma, alla quarta l'amici tutti 'n coru:
"Paja, ué Ci', pi tutti, cá è la mota!".
Capìu ca la rascioni era ti loru.
Pajò pi cincu senza ti' 'na nota.
Ci no' pajò cu argientu pajò cu oru.
Nui n'hama ffa' trisoru:
"A ci la faci cu s'la 'spetta poi,
cá, 'nveci ti una, ni po' aviri doi!".
Traduzione
Chi la fa l'aspetti!
È un proverbio che dobbiam rispettare
se dopo non vogliamo aver sorprese
dagli altri, a ché possano insegnarci
che chi si sazia pagherà le spese.
Un tizio che voleva approfittarsi
dei suoi amici, quand'era a fine mese,
il ristorante non volle pagare;
disse che non teneva un soldo.
La prima, la seconda e terza volta,
ma, alla quarta gli amici tutti in coro:
" Paga, ué Ciccio, per tutti, ché va di moda!".
Capì che la ragione era di loro.
Pagò per cinque senza dir una nota.
Se non pagò con argento pagò con oro.
Noi dobbiam farne tesoro:
"Chi la fa l'aspetti poi,
ché, invece di una, ne può avere due!". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Sonetto caudato in vernacolo sanvitese (alto salentino) con relativa traduzione. Schema: ABAB/ABAB, CDC/DCD, dEE.» |
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