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Ci invita Blaise Pascal a una scommessa
far nella nostra vita transitoria:
immaginar che all’Aldilà sia messa
da Dio qualche dimora, che alla gloria
ci possa un dì portare (tanto niente
ci costa questa bella previsione;
è un esercizio comodo, cui mente
umana può aderir con convinzione) .
Però, se poi al di là della terrena
vita nulla dovesse più accadere,
se al posto di una limpida, serena
esistenza ci fossero le nere
propaggini del vuoto e della fine,
non converrebbe invece argomentare
il Niente, che più seri quel confine
mortale ci farebbe oltrepassare? |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Blaise Pascal, il grande scienziato e teologo francese del Seicento, invitava, nel dubbio, a fare una scommessa (un "pari") sull’esistenza di Dio (e su ciò che ne consegue), perché "se si vince, si vince tutto, e se si perde, non si perde niente" . Dal canto suo, il noto studioso di religioni Sergio Quinzio, parlando poco prima di morire con Umberto Galimberti, rifletteva: "E’ più drammatico l’incontro con la morte per il cristiano di quanto non lo sia per l’ateo, la cui morte non mette in gioco la credibilità del Dio su cui il credente ha fondato la sua vita. "» |
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